Intervista a Maurizio Muzzi, ex numero 2 della filiale dell’Argentina e dell’Uruguay di un’ex importante banca italiana, che afferma: “Intanto devo dirti che rispetto Craxi e penso che sia stato il capro espiatorio di un’epoca complicata”.
– Mi ha subito detto che ha una buona opinione di Craxi, perché?
– Lo considero l’ultimo grande statista italiano. Basti pensare a come ha gestito la crisi dell’attentato sull’Achille Lauro e quella di Sigonella, senza prendere in considerazione che con lui l’Italia era diventata la quinta potenza del mondo.
Un mandato difficile il suo perché aveva contro una frangia dello stesso partito socialista, quella guidata da Lombardi, e il partito Comunista italiano. Il suo è stato il primo governo della Repubblica Italiana a guida socialista ed è stato in carica dal 4 agosto 1983 all’1º agosto 1986. Craxi è diventato primo ministro all’epoca in cui Sandro Pertini era Presidente, 1978 – 1985. Era sostenuto dal pentapartito ovvero da DC, PSI, PRI, PSDI e PLI.
Per pagare il grande debito che l’Italia aveva con l’estero, aveva varato una serie di misure atte a contenere gli stipendi e la spesa interna, così a gennaio 1985 c’é stato uno sciopero generale e ci sono state, in tutta l’Italia, manifestazioni di dissenso alla politica economica del governo. Forse per questo alcune persone se lo ricordano male e hanno creduto nella campagna di diffamazione orchestrata a suo scapito.
– Che cosa pensa di Mani Pulite?
– E’ un processo dei primi anni novanta, teso a dimostrare la collusione tra politica e imprenditoria. Con Mani Pulite sono stati spazzati via proprio la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista. Direi che è stato opportuno per eliminare dalla scena politica persone scomode. In Italia nel 1992 ci sono state le elezioni politiche, per il rinnovo dei due rami del Parlamento Italiano e sull’onda dei sospetti di collusione tra politica e imprenditoria, gli elettori molto arrabbiati hanno votato dei partiti nuovi come la Lega.
– Craxi era segnalato come un ladro?
– Erano in atto cambiamenti storici epocali, come la caduta del Muro di Berlino 1988 e dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), evento iniziato il 25 dicembre 1989, quando Gorbaciov si è dimesso da presidente dell’Unione Sovietica e ha conferito tutti i poteri al presidente della Russia Boris Eltsin, e conclusosi nel 1991. Probabilmente c’é stato un riallineamento a livello di geopolitica, di bilanciamento di pesi e conveniva togliere di mezzo i partiti che avevano governato l’Italia dal dopoguerra, in modo speciale Craxi che era coinvolto in operazioni politiche ed economiche internazionali, tese a migliorare il tenore di vita degli italiani, ma forse troppo audaci e dalla parte perdente. Tra tensioni internazionali Craxi ha attraversato un’epoca complicata e ha cercato di seguire una linea e le sue convinzioni, che forse non andavano più bene a livello internazionale.
– Lo considero il primo esempio di accanimento giudiziario e mediatico.
– I media hanno iniziato a segnalarlo come un corrotto e Mani Pulite l’ha eliminato politicamente. Probabilmente è successo perché aveva fatto delle scelte pragmatiche, veloci e scomode. Lui è stato l’unico segretario di partito a essere perseguitato.
– Adesso si può parlare di Craxi liberamente?
– No, perché si toccherebbero pezzi grossi, il vero potere. E’ stata un’epoca di spie, lobby, patti e anche passioni. I gruppi che hanno voluto farlo condannare e segnalarlo come un ladro sono quelli che governano ancora il mondo. Hanno generato un movimento in cui sono cadute molto persone. Anch’io ne ho pagato le conseguenze, mi hanno rovinato la carriera, ero dirigente di una banca importante e devo ringraziare di essere vivo.
– L’hanno stroncata?
– Sì, totalmente, ma non hanno rovinato solo persone di secondo piano come me, ma anche dei protagonisti molto significativi dell’economia e della politica italiana e mondiale, come Nerio Nesi, a lungo dirigente del Partito Socialista Italiano. E’ stato nominato presidente della banca in cui lavoravo, poi piano piano la banca è caduta e lui è stato spolpato foglia dopo foglia come si mangia un carciofo.
– Come hanno fatto a far cadere la banca in cui lavorava?
– Nell’agosto 1989, la banca è stata coinvolta in uno scandalo consistente nel finanziamento di 2 miliardi di dollari partito da un filiale di Atlanta (USA) a favore di Saddam Hussein, in guerra con la repubblica islamica dell’Iran, vicenda che provocò inchieste della magistratura, interrogazioni parlamentari e le successive dimissioni di Nesi, soprannominato il “banchiere rosso”.
– Sta parlando della banca che ha salvato il Banco Ambrosiano?
– Sì, era la banca più importante d’Italia ed è rimasta invischiata in un groviglio di prestiti. Il Banco Ambrosiano era una delle principali banche private cattoliche italiane. La banca Vaticana ne era la principale azionista.
– So che Lei ha acquistato il Banco Ambrosiano in Argentina?
– La pagammo un´inezia nel 1982. Dentro non c’era un soldo anzi c’era un buco di molti milioni di lire.
– C’è stato uno scandalo enorme.
– In quell’epoca prima per il Banco Ambrosiano poi per la banca in cui lavoravo c’è stato uno scandalo enorme, La banca dove lavoravo era la numero diciassette del mondo ed è passata a essere la trecento proprio per la storia del famoso cannone. Sono stato sfiorato da vicende che mi hanno fatto parecchio male. Quando mi hanno detto: “Vieni a Roma”, ho preferito restare in Argentina e dedicarmi a un’altra attività.
– Qual è la verità sulla storia del cannone?
– Difficile sapere la verità. La filiale di Atlanta della BNL aveva prestato all’Iraq molto denaro, senza autorizzazioni della sede centrale e violando le leggi statunitensi, per far costruire un Super Cannone che doveva sparare ogive nucleari, ma non può essere vero. Come avrebbe potuto il direttore di una filiale piccola prestare tutti quei soldi. Ha avuto un ordine, ma da chi? Probabilmente da Roma, la sede di Roma stava davanti all’ambasciata degli Stati Uniti. Però non si può provare niente. E’ evidente che si tratta di un grande intreccio tra politica, soldi, accordi occulti, tra l’altro i pezzi del cannone per l’Iraq erano costruiti in Italia. Il gioco era pesante e ne hanno pagato le conseguenze la Banca in cui lavoravo e a livello politico Craxi. Evidentemente erano pedine mobili, forse hanno condotto un gioco troppo rischioso e temerario, quasi una sfida.
Edda Cinarelli