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August 2018

“Credo di essere stato italiano in una vita passata”

Intervista all’ambasciatore Antonio Hsieh, Direttore Generale dell’Ufficio Commerciale e Culturale di Taipei.

Di questo ambasciatore colpisce tutto, estremamente gentile e affabile, apparentemente umile, è molto colto, innamorato dell’Italia e della sua cultura. Le ragioni alla base di questo sentimento sono molteplici e diverse, per incominciare ha studiato l’italiano a Taipei, capitale della Repubblica Cina (Taiwan), con una professoressa che ammirava l’Italia e gli ha trasmesso questo sentimento, poi è stato due volte in missione nel nostro paese, dove questo amore è diventato sempre più forte. Non poteva essere diversamente.

Il dialogo si sta svolgendo in italiano e mi sorprende la conoscenza che l’ambasciatore ha della nostra lingua.

E.C.: Come mai sa parlare tanto bene in italiano e nutre tanta passione per la nostra cultura?

A. H. Ho iniziato a studiare l’italiano nel 1980 con una professoressa molto brava, che amava l’Italia e mi ha trasmesso questo amore e tanta curiosità per la vostra ricca cultura. Quando sono stato in missione in Bolivia, dal 1991 al 1993, ho ricominciato a studiare l’italiano perché le ambasciate d’Italia e di Taiwan, a La Paz, sono vicine e seguivo il programma culturale dell’Ambasciata d’Italia, più lo frequentavo e più mi entusiasmava la cultura italiana,

E.C.: Quando è stato in Italia?

A.H.: Sono stato a carico della Divisione Politica dell’Ufficio di rappresentanza di Taipei, a Roma, dal 1996 al 2001. Sono stati anni di realizzazione di un sogno: vivere e lavorare nel vostro meraviglioso paese, culla della civiltà umana, della cultura, del diritto, dell’arte. Conquistato dalla vostra cultura ho lavorato per stringere ed attivare vincoli tra i due paesi.

Nel 2007 , per questa ragione, quando ero Direttore Generale dell’Ufficio Commerciale e Culturale di Taipei in Argentina, mi è stata concessa dal presidente Napolitano un’onorificenza di Cavaliere della Stella della Solidarietà . La cerimonia si è svolta nella sede dell’Ambasciata italiana e me l’ha consegnata l’ambasciatore Ronca.

E.C.: So che dopo è tornato in Italia.

A.H.: Sono stato nuovamente in missione a Roma, dal 2015 al 2017, due anni, in cui ho viaggiato moltissimo in lungo e in largo per il vostro paese. Sono stato anche nelle isole Eolie, ho preso i vostri treni ad alta velocità e anche regionali, ho viaggiato in auto. Mi piace tutto dell’Italia, la cucina, l’opera, le canzoni, la musica napoletana, il cinema di ieri e di oggi. Il mio è vero amore: “Mio Belpaese, ti voglio bene assai!”

E.C..: Mi fa piacere che l’Italia lo abbia entusiasmato tanto, ma torniamo a parlare di Taiwan. So che uno degli interessi principali del nuovo governo è la protezione dell’ambiente. Mi incuriosisce però il fatto che tutti usino la mascherina davanti alla bocca. Perché la usano?

A.H.: È un’abitudine in Taiwan portare la mascherina, non è per un problema di contaminazione ambientale ma per rispetto verso gli altri. È obligatorio portarla quando si è ammalati: nei luoghi affollati, come la metropolitana, per evitare di contagiare le persone sane.

E.C.: So che, sempre nel rispetto dell’ambiente, prevedete di usare energia rinnovabile e pura e di eliminare gradualmente i reattori nucleari:

A.H.: Uno dei punti principali del nuovo governo di Taiwan è quello di dismettere le centrali nucleari. Prevediamo infatti di togliere l’ultima prima dell’anno 2025.

E.C.: Quali diritti hanno i lavoratori?

A.H.: Esattamente quelli che hanno i lavoratori in Europa, assistenza sanitaria gratuita, pensioni.

E.C.: Come descrive l’economia di Taiwan e gli scambi commerciali con l’Italia e con l’Argentina?

A.H.: Importiamo da tutto il mondo e esportiamo. Gli scambi commerciali con l’Argentina sono arrivati a 430 milioni di dollari l’anno scorso, sono aumentati un 30 per cento riguardo all anno 2015.

Con l’Italia vanno ancora meglio, il vostro paese è il nostro quinto partner commerciale d’Europa, con un saldo favorevole per l’Italia.

Questo governo ha l’intenzione di rafforzare di più i rapporti commerciali, culturali e altri con la zona Indo – Pacifico, cioè con i paesi della zona del Sud-est asiático: India, Australia e Nuova Zelanda , la politica di “Southbound “ (Verso il Sud).

E.C.: Com’è l’educazione nel vostro Paese?

A.H.: L’educazione è obbligatoria e gratuita per 12 anni. Molti dei nostri giovani si laureano, usufruiscono anche di borse di studio e offriamo Master a studenti di tutto il mondo.

E.C.: Come sono i rapporti con la Repubblica Popolare Cinese?

A.H.: Sono molto intensi, la Repubblica Popolare Cinese è il nostro principale partner commerciale. Tra le due sponde dello Stretto di Taiwan ci sono oltre 800 voli alla settimana. Certo che la Repubblica Popolare della Cina e la Repubblica della Cina (Taiwan) sono diverse, in Taiwan c’è una democrazia, nella Cina popolare, no. La nostra libertà, la nostra democrazia, la libertà di culto, l’educazione pluralistica e il rispetto dei diritti umani, che abbiamo conquistato, rappresentano una minaccia per la Cina continentale. Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese ha eliminato un articolo della sua Costituzione per cui può essere rieletto per sempre, quindi si figuri!

E.C.: Ma voi siete cinesi?

A.H.: La maggior parte della popolazione di Taiwan è meticcia, cioè ha sangue indigeno mescolato con sangue cinese, quello degli immigranti cinesi arrivati nei secoli passati. Ci tengo molto a precisarlo perché mi sento molto taiwanese, anche se i miei antenati arrivarono a Taiwan dal continente cinese quattrocento anni fa. È lo stesso caso di un argentino di origine italiana, che non dice di essere italiano ma italo argentino anche se i suoi antenati sono venuti dall’ Italia e ha sangue italiano. Cinquecento anni fa i cinesi continentali cominciarono a emigrare gradualmente nell’Isola di Taiwán. Nel secolo scorso, in conseguenza della guerra civile del 1949 nel Continente cinese, c’ e’ stata una massiccia emigrazione dal Continente a Formosa e alle isole vicine. La Repubblica della Cina (fondata nel 1912) ha perso la guerra contro i comunisti cinesi e il nuovo governo Nazionalista ha costretto a rifugiarsi in Taiwán circa due milioni di persone. Nel continente cinese si è fondata la Repubblica Popolare della Cina e nelle isole quella della Repubblica della Cina, correva il 1949. È come nelle due Coree e nelle due Germanie.

E.C.: Perché se Lei è ambasciatore ha l’incarico di Direttore Generale dell’Ufficio Commerciale e Culturale di Taipei?

A.H.: Perché il nostro paese dal 1972 non è riconosciuto diplomaticamente dall’ Argentina, è da quando Argentina stabilí i rapporti diplomatici con la Cina popolare. Per questo il nostro ufficio di rappresentanza ufficiale non si chiama Ambasciata. Lo stesso vale per l’ufficio di rappresentanza dell’Argentina in Taiwan.

Si tratta di accordi speciali e bilaterali. Abbiamo delle Ambasciate nei paesi che riconoscono diplomáticamente la Repubblica della Cina (Taiwan ) come uno Stato a sé stante, come il Vaticano dove abbiamo un’ambasciata.

Molte grazie, Signor Ambasciatore, per avermi fatta sentire orgogliosa del mio paese nonostante la crisi politica che sta attraversando, grazie del Suo entusiamo.

A.H. : Grazie infinite per la vostra amicizia verso Taiwan!

Vorrei anche trasmettere I miei carissimi saluti al Popolo Italiano.

E.C.: Sarà fatto.

Edda Cinarelli

“Shakespeare 402” di Claudio Lauria alla Società Friulana di Buenos Aires

L’Italia, nel corso della sua storia culturale, ha prodotto diversi stili teatrali: La Commedia dell’Arte, la Favola, il Grottesco. Ebbene, Claudio Lauria, a 402 anni dalla morte di Shakespeare, riprende alcune delle sue opere più famose per riadattarle e proporle secondo uno stile unico, in uno spettacolo dal titolo “Shakespeare 402”.

Romeo e Giulietta, Otello, Amleto e i loro temi fondamentali: l’odio, l’amore, l’unione, la separazione, il razzismo, la xenofobia e l’inclusione.

Nato romano ma abitante del mondo, Claudio Lauria presenta uno spettacolo “one man show” di 90 minuti, in italiano, con alcuni inserti di spagnolo.

Diviso in cinque blocchi, passando da un testo e da un personaggio all’altro, Lauria, insieme all’attrice e cantante Elisa Nasi, presente come ospite, e al giovane pianista Juan Pablo Lauricella, si esibirà venerdì 24 agosto, alle 20.30, presso la sede della Società Friulana. Impossibile mancare. (aise/21.08.2018) 

Genova svela la vera Italia: quella dei monopoli, dell’incuria, della connivenza

“Quel ponte e quei morti rappresentano in qualche modo i tempi che corrono da quelle parti. Infrastrutture decadenti, manager super pagati, politici che chiudono un occhio anzi due, un Paese che si accartoccia su se stesso, i cittadini, sempre loro, che pagano fiumi di tasse per avere zero servizi e tanta paura perfino nel compiere azioni quotidiane”.

A scrivere della tragedia che ha colpito Genova pochi giorni fa è Stefano De Angelis su “La Voce di New York”, il quotidiano diretto da Stefano Vaccara.

“Quel ponte che si sbriciola. La nube di fumo che si alza. I morti, tanti, troppi. Il silenzio. Il conto da pagare per una tragedia annunciata e che, con tutta probabilità e come da italiana tradizione, resterà insoluto. E questo Ferragosto che sarà ricordato tra i peggiori della pur ultramillenaria storia italiana.
Un fulmine han detto da principio. Poi la colpa è caduta su quella misera e timida pioggia che ieri toccava Genova. Infine, in modo fin troppo prevedibile, la svolta, l’ammissione e quella sequenza di parole che racchiude in se lo stato di un Paese. “Cedimento strutturale.”

Ebbene sì, un cedimento strutturale del Ponte Morandi, eredità di quegli anni Sessanta in cui il cemento armato veniva allungato con la sabbia del mare e le casse di partito venivano inondate di mazzate più o meno esplicitamente richieste agli imprenditori. Eredità di un passato che forse non è proprio passato, ma anzi somiglia ad un presente, in una versione scolorita ma sempre così drammatica, così immorale, così in qualche modo italiana.

Quel ponte e quei morti rappresentano in qualche modo i tempi che corrono da quelle parti. Infrastrutture decadenti, manager super pagati, politici che chiudono un occhio anzi due, un Paese che si accartoccia su se stesso, i cittadini, sempre loro, che pagano fiumi di tasse per avere zero servizi e tanta paura perfino nel compiere azioni quotidiane.

Può sembrare populista e forse un po’ lo è, ma come è possibile che nel Paese in cui si pagano i pedaggi più alti d’Europa, ormai ogni settimana si registrano crolli di cavalcavia, ponti, corsie e piloni? E ancora, come è possibile che nel Paese in cui la rete autostradale che è stata costruita grazie agli aiuti del Piano Marshall americano e ai soldi versati per decenni dai contribuenti italiani, la gestione del servizio venga affidata ad una società privata, per l’appunto Autostrade per l’Italia? Come è possibile che questa stessa società appartenente alla famiglia Benetton (che una volta si occupava di maglioncini a basso costo ed oggi raccoglie miliardi di dollari ogni anno grazie al controllo pressoché totale della rete autostradale), nell’anno 2016 abbia reinvestito soltanto il 3,4% dei propri utili(2,4 miliardi di euro secondo quanto dichiarato dalla Atlantia, holding di cui fa parte il gruppo Autostrade) sulla manutenzione ordinaria e straordinaria dell’intera rete autostradale? Come è possibile che questa società, se è vero quanto dichiarato dal vicepremier Luigi Di Maio, non versi un centesimo nelle casse dell’erario italiano in quanto sita in quel del Lussemburgo? Infine, come è possibile, come diavolo è possibile, che un qualcosa che per l’appunto appartiene a tutti, in quanto pagato e mantenuto con i soldi degli italiani, sia gestito in modo monopolistico da un privato e che ogni dato inerente alla sua concessione sia coperto dal segreto di Stato? Si, avete letto bene, SEGRETO DI STATO. Al pari degli anni di Piombo e della strage di Ustica insomma, un’assonanza che ben rappresenta quanto torbida sia questa vicenda.

Tante domande che rimarranno senza risposta, lo so. Del resto l’Italia è quel Paese che ad ogni terremoto conta centinaia di vittime, ma che mai impara dai suoi errori. È quel Paese dove la connivenza tra business e politica è tale che le figure si confondono, ove non si capisce più chi fa business, peraltro male, e chi fa politica quasi sempre malissimo. Quel Paese dove si piangono I morti ma mai si chiede la testa del mandante, mai per davvero perlomeno. Perfino in America, laddove tutto è affidato al privato per grazia di Dio, la gestione e la manutenzione delle Interstate è affidata ai singoli Stati e ci mancherebbe altro. Paghiamo fior di tasse per avere Autostrade ben mantenute e sostanzialmente gratuite, l’ente pubblico direi che basta avanza per fare un buon lavoro.

Ed ecco che quel ponte è uno sketch dell’Italia attuale e anche un po’ di alcuni italiani. Che cade a pezzi, che si sgretola, che vive di un passato che non c’è più, che si alimenta di paure, strangolato dalla burocrazia, che permette a pochissimi di fare montagne di denaro sulle spalle dei molti senza dar indietro nulla. Un Paese in cui non esiste il libero mercato, non per tutti perlomeno, dato che sussistono oligarchie ben consolidate che si puntualmente su spartiscono comunicazioni, infrastrutture e I pochissimi altri settori lucrosi nell’Italia di oggi.

L’Italia è un Paese strano, o forse è soltanto un Paese sfortunato, questo non lo so. So solo che le vittime di Genova non sono state vittime del caso o di un pilone difettoso. Sono vittime di uno Stato padrone quando conviene e completamente assente quando serve. Sono vittime di un sistema sostanzialmente malavitoso, che lega a doppia mandata politici, affaristi e furbetti del quartierino. Sono vittime dell’avidità, della corruzione, del perbenismo e dell’immoralità. E non è vero che questo è il momento di pregare per I morti e poi si vedrà chi onora il conto. Questo è il momento di bussare alla porta dei responsabili per farli pagare, finalmente, per I reati da loro commessi. Magari vedi che poi qualcosa cambia davvero. Magari.

Domani potrebbe essere tardi. Domani è un altro giorno e, si sa, troppi italiani hanno memoria corta e i piloni della coscienza che spesso crollano sotto il peso della propria ipocrisia, trasformando quotidianamente la giustizia in silenzio. Proprio come i piloni di quel ponte che ora puzza di morte, proprio come il Ponte Morandi”. (aise, 17/08/2018)

Adriano Cario: “Abbiamo problemi da risolvere che non possono più aspettare”

Il termometro politico italiano è nelle ultime settimane dominato da due grandi temi che fanno ridefinire il nascente governo. I due leader del Governo Conte, sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini, hanno saputo mantenere l’iniziativa politica alla guida dei ministeri più importanti del momento.

A colloquio col Senatore eletto per la ripartizione America Meridionale, Adriano Cario, l’italoargentino ha espresso la sua opinione sul primo mese del denominato “Governo del cambiamento” che ha appoggiato col suo voto al Senato.

G. Come analizza il lavoro dei massimi sostenitori del governo nei loro rispettivi ministeri?
A. C. “Da noi è strano immaginare due leader della politica come ministri. Comunque, il protagonismo che hanno saputo attrarre in due ministeri così fondamentali è totale. L’immagine pubblica di Salvini e Di Maio è cresciuta in tutte le statistiche”.

Da una parte, le ricorrenti notizie di nuove e numerose navi con migranti che attraversano il Mediterraneo cercando i porti italiani e trovano la dura negativa del ministro dell’Interno Matteo Salvini. La negoziazione con l’UE sul protocollo usato con gli sbarchi è e sarà la sua maggior carta di credibilità.

Da un’altra parte, uscire dalla recessione e ridurre l’ancora alto indice di disoccupazione sono le difficili sfide che ha assunto il leader del Movimento 5 Stelle, Luigi di Maio a capo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. La polemica generata con il responsabile dell’Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), Tito Boeri, sui numeri dei disoccupati è un antecedente da sorvegliare data l’indipendenza dell’organismo rispetto agli esecutivi.

“Sugli sbarchi è molto difficile per noi emigrati dare un’opinione imparziale che non sia attraversata dalla nostra propria storia famigliare. Sono comunque consapevole che l’Italia non può più farsi carico da sola dei rifugiati che attraversano ogni settimana il Mediterraneo, L’UE deve assumere la responsabilità. Ma dall’altra parte c’è gente disperata decisa a mettere in rischio la sua vita per cercare un futuro più dignitoso”, ha detto Cario.

G. Finalmente, questa complessa attualità resta occasione per proporre la discussione dei problemi degli italiani all’estero?
A. C. “Se fossi per me è sempre il momento di prendere in considerazione i nostri temi, le nostre problematiche e anche le nostre soluzioni. Invece, oggi l’attenzione passa per altre urgenze. Urgenze che non sono le nostre che anche abbiamo cose da risolvere che non possono più aspettare”.

G. E allora?
A. C. “Allora, adesso è quando dobbiamo potenziare i nostri organi di rappresentanza come il CGIE e i COMITES affinché le discussioni di oggi siano la risposta e la soluzione del domani, quando finalmente possiamo attrarre la attenzione politica, mediatica e sociale su di noi. È difficile aspettare quando è da lunghissimi anni che aspettiamo risposte, ma questa volta abbiamo la decisione, il compromesso e la forza per esigere un vero cambiamento”.

La cucina bolognese candidata a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco

“La cultura gastronomica bolognese merita di essere candidata quale Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco”. A raccontarlo l’esperto di cucina bolognese Napoleone Neri, che nel suo ultimo libro “A tavola con il dottor Balanzone”, con la prefazione di Andrea Segrè, esalta le meraviglie della gastronomia di Bologna.

Neri propone nel volume un’analisi storica, profonda e contestualizzata della cultura gastronomica di Bologna e la illustra in modo originale, spiegando con dovizia di particolari l’interazione dei fattori storico sociali, il progresso agroalimentare del territorio, l’evoluzione degli ingredienti e le innovazioni in cucina.

Un’opera che non è quindi un semplice compendio di ricette tradizionali, ma uno studio approfondito dei piatti e dei prodotti che hanno reso famosa Bologna nel mondo.

Le ricette della tradizione bolognese ci sono tutte, ma Neri non si accontenta di raccontarle e interpretarle, e le sviluppa secondo dettami tecnici, cercando di far comprendere l’importanza della qualità degli ingredienti e la rilevanza dei procedimenti della lavorazione.

Vengono così raccontati nel volume ben 17 antipasti della tradizione gastronomia bolognese, 37 primi piatti, 31 secondi piatti, 14 contorni, 12 preparazioni di salumeria, 31 dolci. E ancora, conserve, arte bianca, formaggi, vino, liquori, birra, miele.

Un modo per far conoscere, provare e dimostrare che la cultura gastronomica bolognese merita davvero di essere considerata Patrimonio dell’Umanità. (Italia Chiama Italia, 10/08/2018)

Pensioni all’estero: “ritardatari” alla Western Union

Si è conclusa il 3 luglio scorso la campagna di certificazione di esistenza in vita 2018 avviata da Citibank, gruppo che dal febbraio 2012 paga le pensioni all’estero per conto dell’Inps.

Per i pensionati che non hanno inviato per tempo il modulo a Citi, è stato disposto il ritiro in contanti presso gli sportelli Western Union della sola rata pensionistica di agosto 2018.

Per evitare la sospensione dei successivi pagamenti pensionistici, gli anziani pensionati dovranno riscuotere il pagamento presso Western Union entro, e non oltre, lunedì 20 agosto, oppure di far pervenire a Citi il modulo di Dichiarazione di Esistenza in Vita (debitamente completato e sottoscritto) entro e non oltre la stessa data. Solo in tal modo, infatti, i successivi pagamenti non subiranno alcuna sospensione e potranno essere eseguiti regolarmente secondo la modalità prescelta dal pensionato, senza necessità di ulteriori adempimenti.

Diversamente – in caso, cioè, di sospensione dei pagamenti successivi dovuta alla mancata riscossione in contanti presso gli sportelli di Western Union o alla mancata certificazione dell’esistenza in vita entro il 20 agosto 2018 – i futuri pagamenti pensionistici potranno essere ripristinati solo a seguito della riscossione in contanti presso gli sportelli di Western Union della rata di agosto 2018 entro il 30 ottobre 2018 oppure producendo adeguata certificazione di esistenza in vita: in questo caso, i pagamenti successivi saranno riattivati a partire dalla prima rata disponibile.

Per quanto riguarda le rate eventualmente sospese fino all’effettiva riattivazione del profilo, il pensionato dovrà richiedere il pagamento contattando direttamente l’ufficio INPS che gestisce la sua pensione. (aise, 09.08.2018) 

La copertina di Famiglia Cristiana: Vade retro Salvini

La copertina dell’ultimo numero di Famiglia Cristina, 26 luglio, ha sorpreso un po’ tutti, ci ha addirittura sbigottiti. C’è una mano alzata verso la testa di Salvini con scritto: Vade retro Salvini dalla celebre frase del Vangelo: vade retro Satana. Dal punto di vista della comunicazione Famiglia Cristiana ha fatto gol, nel fondo trattandosi di una rivista il messaggio deve essere concreto e diretto. Dal punto di vista sociale il successo è però meno scontato, senza contare che l’opinione pubblica non ne può più dell’intromissione della Chiesa e del Papa nella politica e soprattutto, non ne può più di tanti stranieri dalla cultura diversa dalla sua.

Il tema dei migranti è quello che preoccupa maggiormente gli italiani. Sempre ai primi posti delle cronache: omicidi, furti, rapine, raramente è superato da altri.  Come se la mancanza di lavoro, la corruzione dei governi anteriori non esistessero.

Il fenomeno è di lunga data, ma prima ce n’erano di meno, molti di loro consideravano l’Italia come un paese di passaggio per dirigersi poi nei paesi del Nord Europa e il fenomeno era più gestibile. Negli ultimi anni per un patto fatto dal governo Renzi con Frontex i migranti non erano più di passaggio e restavano in Italia, rifiutati dagli altri paesi europei che non li lasciavano entrare nel loro territorio. Il 26 maggio scorso si è arrivati a  809, il  28 a 1215, secondo dati forniti da UNHCR. Sono numeri da capogiro, una situazione molto difficile da risolvere per un paese impreparato a affrontare il fenomeno. Così i migranti più fortunati trovano lavoro, molti lavorano nei campi sfruttati dai caporali, altri fanno i venditori ambulanti, la maggior parte deve accontentarsi di vivere di espedienti o assoldati dalle mafie locali. Sono persone che arrivano in fuga dai loro paesi e che trovano in Italia una situazione molto difficile. Il problema è politico ma evidentemente i nostri politici, tra i più pagati d’Europa, dimostrano la loro impreparazione. L’attuale ministro degli Interni, Matteo Salvini, ex segretario della Lega Nord, cavalca lo scontento popolare e con proclami acquista popolarità e consenso unendo gli italiani contro il nemico comune: i migranti. Simbolo della situazione di intolleranza e di mancanza di rispetto per la vita umana creatasi è l’episodio della nave Aquarius, con circa 400 migranti, cui era stato proibito di ormeggiare in un porto italiano, costretta a stare al largo fino a quando non le hanno permesso di attraccare in un porto spagnolo. Questo nel mese di giugno scorso.

La rivista ha ragione ma forse è un p0’ esagerato paragonare Salvini a Satana, soprattutto è sbagliato aizzare allo scontro invece di ricorrere al dialogo e alla politica, arti in cui la Chiesa dovrebbe essere maestra, visto che è riuscita a sopravvivere a 2000 anni di storia.

Edda Cinarelli

Polemica dei crocifissi: crocefisso sì, crocefisso no?

In Italia, per l’arrivo massiccio di tanti islamici, in generale persone praticanti e osservanti, si è scatenata la guerra dei simboli religiosi. Deve essere quasi incomprensibile per gli impiegati occidentali capire che i loro compagni musulmani interrompono il loro lavoro per pregare alcune volte al giorno (un islamico prega 5 volte al giorno in totale) e convivere con una popolazione di stranieri le cui donne usano dei veli neri che le coprono dalla testa ai piedi. Diffidano di loro ed hanno anche paura di esserne fagocitati. Temono che la loro cultura sparisca e per reazione contrappongono ai simboli identitari islamici quelli della religione cattolica. Reagiscono opponendo ad un fondamentalismo religioso un altro  fondamentalismo religioso.

Crocefisso sì, crocefisso no? Questo è un problema presentato spesso sui media, sulle reti, alla tele.  Alcuni li vogliono nelle scuole, negli ospedali, negli uffici pubblici. Sembrano dimenticarsi che lo Stato italiano è laico e che la laicità e la secolarizzazione sono state grandi conquiste dell’Occidente e non è con una svolta al Medio Evo che si lotta contro una cultura diversa, ma mostrando le conquiste ottenute dai paesi occidentali in campo sociale: uguaglianza di genere, educazione per uomini e donne, divorzio ed anche depenalizzazione dell’aborto.

Non è con espressioni isteriche e un retrocesso all’Età Media che potremo salvare la nostra cultura, ma solo con la fierezza delle nostre conquiste, la calma e la sicurezza.

Edda Cinarelli

Visita del ministro italiano Gian Marco Centinaio

Venuto a Buenos Aires per partecipare alla riunione del G20, il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, e del Turismo, Sen. Gian Marco Centinaio, giovedì 26 luglio,  ha incontrato la comunità italiana ed ha ricevuto l’affetto di una grande quantità di rappresentanti tra cui, l’On. Mario Borghese, il Sen. Claudio Zin,il presidente della FACIA Julio Croci,  imprenditori italiani di diversi settori e autorità del Comites, giornalisti della collettività italiana e non.

L’incontro è stato organizzato dal Console Generale, Riccardo Smimmo, presso la sede del Consolato con l’obiettivo di presentare la collettività italiana di Buenos Aires al Ministro Centinaio.

Gaetano Cario

Bologna/Mattarella: il tempo non offusca la memoria

“Sono trascorsi trentotto anni dalla tremenda Strage di Bologna, che straziò 85 vite innocenti, con indicibili sofferenze in tante famiglie, ferendo in profondità la coscienza del nostro popolo. Il tempo non offusca la memoria di quell’attentato, disumano ed eversivo, che rappresentò il culmine di una strategia terroristica volta a destabilizzare la convivenza civile e, con essa, l’ordinamento democratico fondato sulla Costituzione”. Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel giorno del 38° anniversario della strage di Bologna. Alle 10.25 del 2 agosto 1980, una bomba esplose nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria. Morirono 85 persone, altre 200 furono ferite.

“L’orologio della stazione, fissato sulle 10 e 25, è divenuto simbolo di questa memoria viva, di un dovere morale di vigilanza che è parte del nostro essere cittadini, di una incessante ricerca della verità che non si fermerà davanti alle opacità rimaste”, aggiunge Mattarella. “Fu un’esplosione devastante, per la città di Bologna e per l’intera Repubblica. Morirono donne e uomini, bambini e adulti. Bologna e l’Italia seppero reagire, mostrando anzitutto quei principi di solidarietà radicati nella nostra storia. Il popolo italiano seppe unire le forze contro la barbarie. Di fronte alle minacce più gravi, le risorse sane e vitali del Paese sono sempre state capaci di riconoscere il bene comune: questa lezione non va dimenticata”.

“I processi giudiziari sono giunti fino alle condanne degli esecutori, delineando la matrice neofascista dell’attentato”, ricorda ancora il Capo dello Stato, che non manca di annotare come le sentenze abbiano “anche individuato complicità e gravissimi depistaggi. Ancora restano zone d’ombra da illuminare. L’impegno e la dedizione di magistrati e servitori dello Stato hanno consentito di ottenere risultati che non esauriscono ma incoraggiano l’incalzante domanda di verità e giustizia”.

“L’azione generosa che l’Associazione tra i Familiari delle Vittime della Strage ha svolto negli anni, e continua a svolgere, – sottolinea il Presidente – costituisce una preziosa energia che riesce a propagarsi nella società e nelle istituzioni. Desidero rinnovare il mio sentimento di vicinanza ai familiari delle vittime e rivolgo un ringraziamento ai bolognesi e a tutti coloro che continuano a onorare il ricordo delle vittime con civismo e passione democratica. Proprio il senso di comunità, che i terroristi volevano spezzare, – conclude Mattarella – è la garanzia che non prevarrà la cultura di morte”. (aise, 02.08.2018) 

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