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March 2020

143 milioni di presenze in meno nel 2020

Nel 2020, l’emergenza Coronavirus potrebbe bruciare 18 miliardi di spesa turistica: 9,2 miliardi per la contrazione dell’incoming e 8,8 miliardi per la rinuncia alla vacanze degli italiani nel Bel Paese. Il 70% della rilevante “sforbiciata”, pari a 12,6 miliardi di euro, sarebbe concentrata in sei sistemi regionali: Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. La contrazione del consumo totale di beni e servizi sarebbe diretta conseguenza della riduzione di 29 milioni di arrivi che genererebbe, a sua volta, ben 143 milioni di presenze in meno con una flessione rispettivamente pari al 22,1% e al 34,2% rispetto al 2019.

Sono alcune delle anticipazioni di uno studio di Demoskopika contenute nel saggio “Turismo in quarantena”, edito da Tangram Edizioni Scientifiche, scritto dal presidente dell’Istituto di ricerca, Raffaele Rio.

Una stima – si precisa nella nota dell’Istituto Demoskopika – assolutamente per difetto se si considera che, a differenza dell’incoming, il calcolo del calo della spesa e dei flussi turistici, relativo alla sola componente italiana, è circoscritto esclusivamente al periodo pasquale e ai mesi più tradizionali del periodo estivo: luglio e agosto, ipotizzando uno scenario di graduale ripresa a partire dal prossimo mese di giugno.

“L’anno 2020 – dichiara il presidente dell’Istituto Demoskopika, Raffaele Rio – potrebbe essere il peggiore dal 1994. Serve rilevare, regione per regione, la massa critica del danno per innestare liquidità al comparto, salvaguardare i livelli occupazionali oltre a pianificare una imponente campagna di promozione delle destinazioni turistiche. Perché quando tutto sarà finito, l’Italia dovrà essere pronta. Altrimenti sarà una Waterloo per il nostro sistema turistico. L’emergenza Coronavirus non è solo sanitaria ma anche economica, costringendo a rivedere spostamenti e viaggi degli italiani. Piovono, a ritmo accelerato in questo periodo, cancellazioni e disdette in tutta Italia”.

“In particolare, – continua il presidente dell’Istituto di ricerca – la maggior parte dei cittadini, come era prevedibile al di là delle attuali restrizioni, ha deciso, comunque, di rinunciare alle vacanze per i prossimi mesi. Un atteggiamento che alimenta le preoccupazioni degli operatori del settore, già rassegnati ad un annullamento delle presenze nelle festività pasquali, ma forse ancora speranzosi di poter calmierare le ricadute negative del Coronavirus sulla programmazione della stagione estiva”.

“In questa direzione, – conclude Raffaele Rio – e senza voler assurgere ad alcuna analisi esaustiva, si è provato a comprendere, nonostante l’attuale instabilità decisionale dell’opinione pubblica, quale potrebbe essere il comportamento dei potenziali consumatori-turisti per i prossimi mesi e le possibili ricadute economiche sui sistemi turistici locali alla luce della presenza condizionante del Covid-19”.

I DATI DI DEMOSKOPIKA
Incoming: 15 milioni di turisti in meno.

In testa Germania, Usa e Francia. Nel 2020, l’emergenza Coronavirus potrebbe generare un segno negativo per l’incoming turistico italiano, con una contrazione della spesa in “viaggi e vacanze” di ben 9,2 miliardi di euro, pari circa al 9,7% per cento del prodotto interno lordo del settore. Le stime dell’Istituto Demoskopika sono state riviste al rialzo rispetto allo scorso 4 febbraio tenuto conto delle misure restrittive imposte dagli Stati e della diffusione del Coronavirus in tutte le realtà regionali italiane. La contrazione del consumo totale di beni e servizi da parte del viaggiatore (alloggio, pasti, intrattenimenti, souvenir, regali, altri articoli per uso personale ecc.), sarebbe diretta conseguenza della riduzione degli arrivi, quantificata in 15 milioni di turisti stranieri, che genererebbero, a loro volta, ben 52 milioni di presenze in meno rispetto al 2018.

Un andamento generato principalmente dai 15 paesi top player dell’incoming italiano. Analizzando, in particolare, il quadro per singolo paese emerge che il rischio di contrazione più rilevante si registrerebbe in Germania: –2,8 milioni di arrivi e –13,3 milioni di presenze. A seguire, Stati Uniti con una contrazione pari a 1,4 milioni di arrivi e 3,6 milioni di presenze; Francia con una riduzione pari a 1,1 milioni di arrivi e 3,4 milioni di presenze. Rilevanti anche le possibili rinunce alla vacanza italiana per britannici e cinesi quantificabili rispettivamente in 908 mila arrivi e 3,3 milioni di presenze per i primi e in 790 mila arrivi e 1,3 milioni di presenze per i secondi.

Sul versante della spesa turistica, lo scenario della contrazione muta di poco. In questo caso, a collocarsi in cima, sono gli Stati Uniti con ben 1.694 milioni di euro in meno di spesa turistica, immediatamente seguita dalla Germania con 1.253 milioni di euro e dalla Cina con 1.240 milioni di euro. Più a ritroso, il Giappone con 596 milioni di euro, il Regno Unito con 535 milioni di euro e, infine, la Francia con 372 milioni di euro.

Stagione estiva: per almeno 1 italiano su 3 questa vacanza “non s’ha da fare”.

Almeno un italiano su tre avrebbe deciso di rinunciare a trascorrere fuori casa le prossime vacanze estive. Secondo la rilevazione, realizzata dall’Istituto Demoskopika lo scorso 11 marzo su un campione rappresentativo di oltre mille italiani, il peso della diffusione del Coronavirus si fa sentire e anche pesantemente: sarebbero almeno 14 milioni i cittadini che, al netto di una ulteriore proroga dei provvedimenti restrittivi, avrebbero, comunque, già deciso di non trascorrere più le vacanze “sotto l’ombrellone” nei due mesi dell’estate tradizionalmente più frequentanti dai turisti del Bel Paese: luglio e agosto.

Un tasso di rinuncia che si ripercuoterebbe sul sistema turistico con una contrazione della voce “viaggi e tempo libero” di circa 5,8 miliardi di euro a cui si aggiungono poco più di 3 miliardi di perdita calcolata per le festività pasquali.

Una successiva domanda dell’indagine demoscopica è stata rivolta, infine, a comprendere quali potrebbero essere le destinazioni regionali maggiormente penalizzate dall’effetto Coronavirus.

Al fine di ottenere una lettura più agevolata e confrontabile dei dati rilevati, le destinazioni regionali sono state suddivise in tre cluster in relazione al loro differente peso del livello di rinuncia manifestato dal campione. E così, nella cosiddetta “zona rossa” sono state collocate le realtà regionali che risulterebbero più penalizzate dalle dichiarazioni di cancellazione delle vacanze da parte degli italiani.

Nella “zona arancione” sono stati inclusi i territori che presentano un livello intermedio; e, infine, a far parte della “zona gialla” risultano quelle aree caratterizzate da un “tasso di rinuncia” meno rilevante rispetto alle precedenti, ma comunque non privo di preoccupanti ripercussioni sui sistemi turistici locali.

In questo contesto metodologico, sarebbero sette le destinazioni regionali a registrare un livello di rinuncia maggiore per il periodo estivo: Lombardia, Veneto, Toscana, Sicilia, Emilia-Romagna, Lazio e Campania.

Nella “zona arancione” troverebbero collocazione Trentino-Alto Adige, Marche, Puglia, Calabria e Sardegna. A collocarsi nella “zona gialla”, infine, le rimanenti realtà territoriali: Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Abruzzo, Molise e Basilicata.

Territorio. La mappa della possibile decrescita regione per regione.

Sarebbero sei le realtà regionali, infine, i cui sistemi turistici locali risulterebbero maggiormente bersagliati dalle conseguenze del Coronavirus, con una contrazione della spesa turistica al di sopra del miliardo di euro: Veneto, Lombardia, Toscana, Lazio, Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.

È il Veneto a subire i maggiori contraccolpi causati dal Covid-19. In particolare, per il suo sistema turistico, la stima delle possibili ripercussioni potrebbe generare un rilevante calo di 4,6 milioni di arrivi, di oltre 21,9 milioni di presenze e, infine, con una contrazione della spesa turistica pari a quasi 2,9 miliardi di euro rispetto all’anno di riferimento individuato.

Preoccupanti anche i possibili “postumi da virus” per il turismo in Lombardia, con un calo di 3,9 milioni di arrivi, di quasi 16,8 milioni di presenze e con una contrazione della spesa in viaggi pari a circa 2,4 miliardi di euro; in Toscana, con un calo di poco meno di 3,3 milioni di arrivi, di 15,5 milioni di presenze e con una rilevante contrazione della spesa turistica pari a circa 2,3 miliardi di euro; nel Lazio, con un calo di circa 3 milioni di arrivi, di 12,2 milioni di presenze e con una contrazione della spesa turistica pari a quasi 2,1 miliardi di euro.

E, ancora, a subire una perdita della spesa turistica di oltre un miliardo, sarebbero altri due sistemi turistici: Emilia-Romagna con una contrazione di 2,5 milioni di arrivi, di quasi 14,4 milioni di presenze e con una calo della spesa in viaggi pari a circa 1,6 miliardi di euro; Trentino Alto-Adige con un calo di poco più di 2,4 milioni di arrivi, di 13,5 milioni di presenze e con una rilevante contrazione della spesa turistica pari a circa 1,3 miliardi di euro.

Sul versante opposto, a collocarsi in coda al ranking delle destinazioni regionali per gli effetti generati dal Coronavirus sui principali indicatori turistici, troverebbero spazio altri tre sistemi locali: Molise con un calo di oltre 28 mila arrivi, di quasi 184 mila presenze e con una contrazione della spesa in viaggi pari a oltre 18 milioni di euro; Valle d’Aosta con un calo di oltre 233 mila arrivi, di quasi 1,3 milioni di presenze e con una contrazione della spesa in viaggi pari a poco meno di 140 milioni di euro; l’Abruzzo, infine, con un calo di 332 mila arrivi, di quasi 2,1 milioni di presenze e con una contrazione della spesa in viaggi pari a circa 212 milioni di euro. (aise)

Reperibile da https://www.aise.it/primo-piano/covid19-e-turismo-143-milioni-di-presenze-in-meno-nel-2020-/143621/160

L’Italia in lutto per le vittime

L’Italia si è fermata il martedì 31 marzo alle 12.00. Un’Italia unita nel lutto per le vittime da Coronavirus. Un minuto di silenzio e bandiere a mezz’asta per rendere omaggio a quelli che non ce l’hanno fatta, ai medici e al personale sanitario impegnati nell’emergenza, in segno di vicinanza ai familiari dei deceduti e alle comunità più colpite dalla pandemia, come quella di Bergamo, da cui l’iniziativa è partita.

L’iniziativa, sospinta dall’Associazione Nazionale Comuni Italiani, e dal suo presidente, Antonio De Caro, Sindaco di Bari, si è allargata a molte istituzioni, dal Quirinale al Vaticano, dalla Farnesina e dalle Ambasciate d’Italia nel mondo, alle Ambasciate estere presenti sul territorio italiano. La bandiera italiana a mezz’asta è stata esposta su tutti gli edifici pubblici. E i primi cittadini della Penisola, con indosso la fascia tricolore, si sono presentati davanti ai propri municipi in silenzio, con le bandiere esposte a mezz’asta “in segno di lutto” e in “segno di solidarietà con tutte le per comunità che stanno pagando il prezzo più alto”.

I corazzieri del Quirinale hanno fatto scendere a mezz’asta le bandiere sul balcone del palazzo del Capo dello Stato.
Anche il Vaticano esporrà le bandiere a mezz’asta, a lutto, per esprimere la propria vicinanza alle vittime della pandemia in Italia e nel mondo, alle loro famiglie e a quanti generosamente lottano per porvi fine. Così come partecipano Palazzo Chigi e la Protezione Civile. (aise)

Reperibile da https://www.aise.it/primo-piano/coronavirus-litalia-in-lutto-per-le-vittime/143631/160

Italiani bloccati all’estero, Merlo: “Da Comites e Cgie prezioso contributo”

“Un grazie grande come il mondo a tutti i Comites e a ciascuno dei consiglieri CGIE che oltre confine, a stretto contatto con il territorio, hanno prestato e continuano a prestare attenzione e assistenza agli italiani bloccati all’estero, spesso in condizioni disagiate, al limite della sopravvivenza”. A dichiararlo è in una nota Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri.

“Come governo continuiamo a lavorare senza pause per riportare a casa turisti, lavoratori e studenti italiani – continua -. Anche grazie all’importante contributo di Comites e CGIE, la Farnesina entro il 3 aprile avrà riportato a casa circa 50mila connazionali. Un numero destinato a crescere – assicura il Sottosegretario -, perché continua senza sosta il lavoro dell’Unità di Crisi del ministero degli Esteri, che grazie alla collaborazione della nostra rete consolare sta chiudendo accordi con i diversi Paesi nel mondo per poter consentire l’accesso degli aerei destinati a riportare a casa i nostri fratelli italiani”.

“In situazione di emergenza straordinaria come quella che stiamo vivendo, Comites e CGIE dimostrano ancora una volta di svolgere un ruolo fondamentale e di essere un importantissimo anello di congiunzione tra territorio e istituzioni. Usciremo da questa emergenza – conclude il Sottosegretario -, sconfiggeremo il virus. Tutti insieme”. (aise)

Reperibile da https://www.aise.it/comitescgie/italiani-bloccati-allesteromerlo-da-comites-e-cgie-prezioso-contributo/143606/157

Stringiamoci a coorte

Carissimi amici e connazionali, anche se tra noi la distanza fisica è spesso enorme, desidero dirvi che invece la vicinanza di spirito e cuore di questi terribili giorni è molto più grande e tangibile.

La nostra Patria soffre, drammaticamente, più di ogni paese nel mondo, l’aggressione di un nemico invisibile e perfido, il Covid 19. Se ne vanno soprattutto i più deboli, gli anziani, quelli che sono in realtà la nostra memoria, quelli che ci hanno portato con dolcezza sulle spalle quando eravamo bambini.

Noi che ci portiamo nel cuore la pietas, che è l’eredità della nostra tradizione romana e cristiana, sappiamo cosa significhi e sappiamo anche cosa siano la solidarietà e l’aiuto reciproco.

L’Europa matrigna, che deve la sua stessa esistenza ad Atene e Roma, dopo avere affamato la Grecia, abbandona l’Italia al suo destino: anzi, i figli del ghiaccio si baloccano sui prestiti a strozzo immaginando magari di poter venire poi a saccheggiare quel che resta di un’Italia moribonda. Ma questa è una guerra, che si replica e si replicherà purtroppo in ogni parte del mondo.

Chi scherzava sull’immunità di gregge ora si trova in quarantena e tanti altri ne verranno, in ogni paese e ogni continente. Noi italiani, oggi, ci “stringiamo a coorte”, siamo tutti in prima linea e troviamo in noi stessi e nella nostra gente la forza di combattere questa guerra.

Siamo chiusi nelle nostre case e non sappiamo quando finirà né come. All’emergenza sanitaria seguirà a breve quella economica e sociale. Ferma la produzione, troppi si troveranno senza impresa e stipendio, è purtroppo realistico prevedere che per molti diverrà un problema avere i soldi per mangiare.

Questa improvvisa catastrofe ha già fatto la sua prima illustre vittima: l’illusione della globalizzazione è finita, abbiamo scoperto di non avere la capacità e l’autosufficienza neppure per produrre le mascherine che dobbiamo far arrivare dalla Cina. Ma vale per tutti, non solo per l’Italia. Torneremo a riconoscere il primato della solidarietà, della produzione e del consumo nazionale. Non vedremo più buttare sotto i cingoli dei trattori le nostre arance o i nostri pomodori per nutrirci di porcherie arrivate da chissà dove.

Chi ironizzava sul senso della Patria lo riscopre nei tricolori appesi alle finestre, anche in quell’inno cantato magari in maniera sguaiata sui balconi, ma sentendosi fratelli di un’unica Patria. Ho ricevuto tantissimi messaggi, consigli, testimonianze, da italiani di ogni parte del belpaese e di ogni parte del mondo: molti mi hanno chiesto che possono fare, di buono e utile.

E la riflessione alla fine è questa: fosse una guerra convenzionale andremmo ad arruolarci, ma oggi paradossalmente ci si chiede di stare chiusi a casa; possono arruolarsi (e dobbiamo loro eterna gratitudine) solo quelli che col camice bianco vivono in primissima linea negli ospedali e spesso muoiono per salvare la vita di tanti fratelli sconosciuti. E con loro le forze dell’ordine e armate che presidiano il paese.

Noi possiamo fare del bene con comportamenti etici e virtuosi, rispettando le regole e dando l’esempio. Donando quel che siamo in grado di donare.

La Fondazione Alleanza Nazionale, che aveva già inviato 500.000 Euro all’Ospedale di Bergamo, epicentro della tragedia del Covid 19 in Italia, ha ora deliberato di donare ulteriori 250.000 euro destinati all’acquisto di dispositivi di protezione e prevenzione del contagio che verranno consegnati alle forze dell’ordine e alle forze armate secondo le intese già con le stesse avviate.

La Fondazione AN ha in questo quadro avviato la raccolta fondi “Orgoglio Tricolore”: si può fare la propria donazione versando qualunque importo (non esistono limiti minimi o massimi) sul Conto corrente intestato alla
Fondazione Alleanza Nazionale:

iban IT06E 01005 03373 0000 0000 0959
causale: emergenza coronavirus, erogazione liberale ex art. 66 DL 17 marzo 2020 n. 18.

Fratelli d’Italia ha già impegnato tutti i suoi parlamentari e consiglieri regionali oltre ai suoi dirigenti a contribuire alla raccolta fondi “Orgoglio Tricolore”.

Ci piacerebbe anche che il nostro giornale “Prima di tutto italiani” diventasse in questi giorni una sorta di piazza virtuale in cui ci si incontriamo e ci ritroviamo dall’Italia al Canada, dalla Svizzera gli Stati Uniti, dall’Inghilterra all’Argentina, dalla Spagna all’Australia: noi da Roma vi raccontiamo le nostre giornate, voi ci aggiornate su come si vive e che accade a Bangkok o New York, a Madrid.

La piazza virtuale è all’indirizzo mail primadituttoitaliani@gmail.com

Scriveteci commenti, note, attività, idee e come state vivendo l’emergenza.

Roberto Menia (aise, 30/03/2020)

Reperibile da https://www.aise.it/politica/stringiamoci-a-coorte–di-roberto-menia/143584/157

La pandemia e l’obbligo delle riforme

Non covid-bond, chiamamoli eurobond. Sono, del resto, gli strumenti più importanti e virtuosi che l’Unione europea deve per un lungo periodo mettere in campo, in dimensioni notevoli e appropriate, per il rilancio del sistema produttivo e industriale europeo che è stato, di fatto, in gran parte fermato dalla pandemia.

Dopo che i rigidi parametri di austerità sono saltati dappertutto, anche nelle case dei più duri rigoristi, siamo travolti da un turbinio di centinaia, di migliaia di miliardi di euro e di dollari che i governi e le banche centrali dicono di voler disporre per affrontare l’emergenza.

L’Unione europea ha sospeso il Patto di stabilità lasciando i governi liberi di decidere i loro interventi di sostegno all’economia e ai cittadini. Dai Paesi del G20, con gli Stati Uniti in testa, dovrebbero arrivare 5.000 miliardi di dollari di sostegni alle economie.

A loro volta le banche centrali, oltre ai tassi di interesse a zero, hanno annunciato enormi iniezioni di liquidità nel sistema. La Bce metterebbe 870 miliardi di euro, equivalente al 7,3% del pil della zona euro, per comprare dal settore bancario titoli di stato e abs (titoli legati a traballanti asset sottostanti). La Federal Reserve, a sua volta, si dice pronta a garantire liquidità illimitata con lo stesso intento. La presidente della Bce, Christine Lagarde, ha affermato che “con le nostre operazioni di finanziamento stiamo mettendo a disposizioni fino a 3.000 miliardi di euro di liquidità”.Governi e banche centrali, inoltre, sottolineano che, se la situazione lo richiedesse, gli interventi potrebbero essere ampliati. Lo stesso si sta facendo in tutti gli altri Paesi del mondo, Cina compresa.

A questo punto riteniamo che sia necessario fare un po’ di chiarezza proprio sul fronte economico e finanziario. Per bloccare la circolazione del contagio del virus è stato deciso di fermare le attività di importanti settori economici. È certamente doveroso che i governi facciano tutto ciò che è necessario, dal punto di vista organizzativo e finanziario, per sostenere economicamente le popolazioni costrette a stare in casa ed evitare che le imprese di tutte le dimensioni falliscano per ragioni che evidentemente non sono solo economiche. La quantificazione del sostegno sarà variabile rispetto alla durata dell’emergenza e alla dimensione dell’impatto economico nelle singole realtà nazionali.

Cosa diversa è la politica monetaria annunciata dalle banche centrali. Esse hanno proposto nuovamente le stesse misure decise per far fronte alla Grande Crisi del 2008: acquistare obbligazioni pubbliche e altri titoli di più dubbio valore in loro possesso con la promessa che le banche beneficiarie facciano rifluire la liquidità verso gli investimenti produttivi e facciano prestiti alle famiglie e in particolare alle Pmi per supportarne le produzioni e i consumi.

L’esperienza del passato decennio, purtroppo, ci dice che queste promesse non sono state mantenute. Al contrario, gli interventi delle banche centrali sono serviti soprattutto a stabilizzare situazioni compromesse delle banche too big to fail. Questa volta esse “non appaiono” come quelle che chiedono di essere salvate. Tutto passa, s’intende, sotto l’emergenza provocata dal coronavirus.

Oggi – e lo abbiamo più volte ripetuto anche sulle pagine di questo giornale – il sistema bancario e in particolare quello ancora più potente e nebuloso dello shadow banking si trovano globalmente in una situazione molto più rischiosa di un decennio fa. Basti un dato per comprenderne la gravità: il debito pubblico e privato globale (senza il settore finanziario) è salito al 250% del pil mondiale. Era del 200% nel 2008. Il gestore di questa enorme e complessa disponibilità finanziaria è ovviamente l’attuale sistema finanziario.

Noi sosteniamo che sia arrivato il momento che gli Stati intervengano e non siano passivi spettatori, ma attivi e responsabili decisori. Se si è deciso che centinaia di milioni di persone restino chiuse in casa, che le fabbriche debbano fermarsi e che persino le chiese sospendano le loro funzioni, non è tollerabile che i mercati continuino ad avere mano libera come se non fosse successo assolutamente niente. Del resto, essi non sono i nuovi dei dell’Olimpo che possono decidere delle sorti del pianeta.

Occorre che lo Stato intervenga nei mercati. Perché non bloccarli quando sono in preda ad un’irrazionalità incontrollata e speculativa? Che senso ha vedere le borse perdere il 10-15% in pochi minuti e poi affermare che deve essere così in quanto lo dice la legge suprema, “divina”, del liberismo economico? La domanda da porsi è quanto mai inquietante: è più importante la vita delle persone, delle imprese e l’economia reale oppure la finanza e il suo mercato?

Non si tratta di mettere alla berlina le banche. Anzi, il sistema creditizio è essenziale per il funzionamento dell’economia, dei commerci e delle nazioni. Ecco perché adesso occorre guidare la finanza verso una sua profonda revisione.

Lasciare mano libera ancora una volta alla finanza speculativa e continuare a operare as usual sarebbe esiziale e significherebbe ripetere lo stesso errore compiuto dieci anni fa. È il momento che gli Stati impongano unitariamente una forma di “amministrazione controllata” sull’intero sistema bancario e finanziario, nel quale salvare la componente sana e liquidare quella malata e speculativa. Perciò è inevitabile la separazione tra le banche commerciali e quelle d’investimento. I risparmi delle famiglie e i depositi delle imprese non dovranno più essere usati o messi a garanzia di operazioni speculative di tutti i tipi, a cominciare dai derivati finanziari otc.

O gli Stati interverranno oppure il sistema, il mercato con le sue pseudo regole attuali, presto o tardi provocherà altre catastrofi economiche e sociali.

Di solito, dopo le grandi catastrofi o le terribili pandemie non si ritorna alle pratiche del passato, ma ci si impegna a riformare le legislazioni e il modus operandi ritenuti errati e dannosi.

Mario Lettieri e Paolo Raimondi (aise, 30/03/2020)

Reperibile da https://www.aise.it/primo-piano/la-pandemia-e-lobbligo-delle-riforme-/143585/160

Il Quirinale costa più della Casa Bianca

Il bilancio di previsione per le spese del Quirinale per il prossimo triennio è stato presentato dal Corriere della Sera come un trionfo della spending review. Mattarella e le oltre 750 persone al suo servizio sono costate 241 milioni nel 2017 e costeranno “appena” 224 milioni di euro il prossimo anno. Per il giornale di via Solferino un capolavoro di parsimonia, visto che la spesa sarà uguale a quella del 2007, quando c’era al Colle Giorgio Napolitano. Tenendo presente che Re Giorgio era dipinto dai media ufficiali come un campione di austerità e di stile parco, Mattarella deve avere imposto a sè e al suo staff uno stile di vita al limite dell’indigenza. Come farà a cavarsela con lo stesso budget di Napolitano del 2007 nonostante l’inflazione? È un mistero da additare come esempio ai francescani.

Il Quirinale, il Palazzo Imperiale di Tokyo e Buckingham Palace

È vero, si potrebbe obiettare che circa 800 persone di servizio presso la presidenza della Repubblica italiana sembrano leggermente troppe. Prendete il sovrano più famoso della terra, la regina Elisabetta. Ha una corte di 1200 persone. Ma parliamo di una monarchia che di simboli e di riti si nutre e si ammanta. Si ferma invece a mille persone al suo servizio (circa duecento in più di Mattarella) l’imperatore del Giappone. Al Palazzo Imperiale di Tokyo, però, si vantano di avere a servizio personale assolutamente pleonastico: non solo ci sono 25 cuochi, ma prestano servizio anche 11 assistenti impiegati per le pratiche shintoiste. Per non parlare dei 24 direttori d’orchestra assunti a tempo pieno per allietare le serate dell’imperatore e della sua corte.

Al Quirinale il primo concorso pubblico è stato contestato

Molto più impietoso il raffronto tra le spese per il Quirinale e quelle della Casa Bianca. Il presidente della più grande democrazia del mondo ha al suo servizio appena 377 dipendenti. Inutile dire che un dipendente di Trump guadagna circa la metà di quanto guadagna (in media) un funzionario quirinalizio. Tuttavia, fanno notare dal Colle, il presidente Mattarella ha imposto il tetto di 240mila euro l’anno ai suoi dirigenti. Inoltre, insistono dallo staff del Quirinale, Mattarella ha accantonato il metodo opaco delle chiamate dirette e dei distacchi. Ha giustamente preteso che si tenessero concorsi pubblici per i nuovi assunti. Il primo concorso pubblico? Riguardava il posto di direttore della Tenuta di Castelporziano: su 577 candidati ha vinto la figlia dell’ex vicesegretario generale del Quirinale.

pubbliato da Il Secolo d’Italia

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Fabio Porta: “andrà tutto bene”

Il Coronavirus ci ha fatto sentire tutti più vulnerabili e indifesi.

Il virus nato in Cina si è rapidamente diffuso in tutto il mondo, a partire dall’Italia, il Paese europeo più colpito da quella che è presto divenuta una “pandemia”, un fantasma che oggi spaventa il mondo intero.

Abbiamo cambiato i nostri comportamenti, le nostre abitudini, per provare a rallentare la diffusione del virus ed evitare il collasso delle strutture sanitarie.

L’Italia ha risposto con coraggio, determinazione e – soprattutto – unità.

Gli italiani nel mondo hanno fatto sentire subito la loro solidarietà all’Italia anche in questo momento; e oggi anche noi che viviamo all’estero condividiamo le stesse preoccupazioni, le stesse ansie e paure.

Stiamo apprendendo sulla nostra pelle una nuova grande lezione, anzi più di una: la salute pubblica è un bene prezioso, forse il primo bene che ogni Stato dovrebbe difendere; gli Stati nazionali e sovranazionali, invece, si mostrano deboli e incerti davanti ad una pandemia che dovrebbe invece farci superare pregiudizi e sospetti, in una lotta che ci dovrebbe avere tutti dalla stessa parte; stiamo soprattutto riscoprendo i valori più profondi, a partire da quelli familiari; ancora una volta i nostri cari rappresentano la nostra forza e la nostra speranza. Per loro dobbiamo rispettare le regole di convivenza e salute, anche quando ci appare difficile rimanere chiusi in casa per giorni.

Sono queste le lezioni del coronavirus ed è questa la nostra sfida, forse la più difficile che ha affrontato l’Italia dalla seconda guerra mondiale a oggi.

Per questo gridiamo con tutto il cuore e un nodo nella gola: #andràtuttobene! (fabio porta\aise)

Reperibile da https://www.aise.it/politica/andrà-tutto-bene–di-fabio-porta/143574/1

“Italy, you can do this!”: il mondo dell’arte sostiene l’Italia

“Italy, you can do this!”. Con queste parole Jeff Koons incoraggia l’Italia in un video esclusivo per Palazzo Strozzi, inviato come personale contribuito al progetto “In Contatto”, nuova piattaforma di testi, immagini, video e approfondimenti nata per creare un nuovo rapporto a distanza con il pubblico.

Protagonista della nuova grande mostra che si terrà dall’autunno a Palazzo Strozzi, Jeff Koons si unisce agli artisti che hanno lavorato a Palazzo Strozzi come Ai Weiwei, Tomás Saraceno e Marina Abramovic per incoraggiare Firenze e l’Italia in questo momento critico. Jeff ha inviato dunque un messaggio di profonda solidarietà e partecipazione sottolineando come gli italiani stiano dimostrando “una forza straordinaria” e che la crisi globale del COVID-19 può rappresentare un’occasione di sguardo verso un futuro positivo. “E in futuro, Palazzo Strozzi e tutte le altre meravigliose istituzioni italiane saranno in grado di dare all’umanità una luce, una direzione in cui saremo in grado di trovare la nostra strada”.

Jeff Koons è in programma a Palazzo Strozzi per l’autunno 2020 con “Shine”, grande mostra dedicata all’artista americano, la sua più importante mai realizzata in Italia. Sviluppata in rapporto diretto con Koons e a cura di Arturo Galansino e Joachim Pissarro, l’esposizione accoglierà a Firenze alcune tra le sue opere più celebri, che dalla fine degli anni Settanta lo hanno imposto come una delle figure più importanti dell’arte globale, interprete per eccellenza delle contraddizioni, delle ambiguità e delle fragilità del mondo contemporaneo. (aise)

Reperibile da https://www.aise.it/cultura/italy-you-can-do-this-il-mondo-dellarte-contemporanea-internazionale-sostiene-litalia/143531/157

Mattarella: “Supereremo questa prova la l’UE faccia presto”

“Una pagina triste della nostra storia”, cosi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito il momento che sta vivendo l’Italia, in cui, ha detto il Capo dello Stato, “Abbiamo visto immagini che sarà impossibile dimenticare”.

Mattarella si è rivolto direttamente agli italiani di fronte ai drammatici sviluppi dell’epidemia di coronavirus, rispetto ai quali si è dovuto registrare l’esito deludente del vertice europeo di ieri. L’Europa faccia presto, il messaggio all’UE.
Questo il testo integrale del messaggio del Presidente.

“Mi permetto nuovamente, care concittadine e cari concittadini, di rivolgermi a voi, nel corso di questa difficile emergenza, per condividere alcune riflessioni. Ne avverto il dovere.

La prima si traduce in un pensiero rivolto alle persone che hanno perso la vita a causa di questa epidemia; e ai loro familiari. Il dolore del distacco è stato ingigantito dalla sofferenza di non poter essere loro vicini e dalla tristezza dell’impossibilità di celebrare, come dovuto, il commiato dalle comunità di cui erano parte. Comunità che sono duramente impoverite dalla loro scomparsa.

Stiamo vivendo una pagina triste della nostra storia. Abbiamo visto immagini che sarà impossibile dimenticare. Alcuni territori – e in particolare la generazione più anziana – stanno pagando un prezzo altissimo.

Ho parlato, in questi giorni, con tanti amministratori e ho rappresentato loro la vicinanza e la solidarietà di tutti gli italiani.

Desidero anche esprimere rinnovata riconoscenza nei confronti di chi, per tutti noi, sta fronteggiando la malattia con instancabile abnegazione: i medici, gli infermieri, l’intero personale sanitario, cui occorre, in ogni modo, assicurare tutto il materiale necessario. Numerosi sono rimasti vittime del loro impegno generoso. Insieme a loro ringrazio i farmacisti, gli agenti delle Forze dell’ordine, nazionali e locali, coloro che mantengono in funzione le linee alimentari, i servizi e le attività essenziali, coloro che trasportano i prodotti necessari, le Forze Armate. A tutti loro va la riconoscenza della Repubblica, così come va agli scienziati, ai ricercatori che lavorano per trovare terapie e vaccini contro il virus, ai tanti volontari impegnati per alleviare le difficoltà delle persone più fragili, alla Protezione Civile che lavora senza soste e al Commissario nominato dal Governo, alle imprese che hanno riconvertito la loro produzione in beni necessari per l’emergenza, agli insegnanti che mantengono il dialogo con i loro studenti, a coloro che stanno assistendo i nostri connazionali all’estero. A quanti, in ogni modo e in ogni ruolo, sono impegnati su questo fronte giorno per giorno. La risposta così pronta e numerosa di medici disponibili a recarsi negli ospedali più sotto pressione, dopo la richiesta della Protezione Civile, è un ennesimo segno della generosa solidarietà che sta attraversando l’Italia.

Vorrei inoltre ringraziare tutti voi. I sacrifici di comportamento che le misure indicate dal Governo richiedono a tutti sono accettati con grande senso civico, dimostrato in amplissima misura dalla cittadinanza.

Da alcuni giorni vi sono segnali di un rallentamento nella crescita di nuovi contagi rispetto alle settimane precedenti: non è un dato che possa rallegrarci, si tratta pur sempre di tanti nuovi malati e soprattutto perché accompagnato da tanti nuovi morti. Anche quest’oggi vi è un numero dolorosamente elevato di nuovi morti. Però quel fenomeno fa pensare che le misure di comportamento adottate stanno producendo effetti positivi e, quindi, rafforza la necessità di continuare a osservarle scrupolosamente finché sarà necessario.

Il senso di responsabilità dei cittadini è la risorsa più importante su cui può contare uno stato democratico in momenti come quello che stiamo vivendo. La risposta collettiva che il popolo italiano sta dando all’emergenza è oggetto di ammirazione anche all’estero, come ho potuto constatare nei tanti colloqui telefonici con Capi di Stato stranieri. Anche di questo avverto il dovere di rendervi conto: molti Capi di Stato, d’Europa e non soltanto, hanno espresso la loro vicinanza all’Italia. Da diversi dei loro Stati sono giunti sostegni concreti. Tutti mi hanno detto che i loro Paesi hanno preso decisioni seguendo le scelte fatte in Italia in questa emergenza.

Nell’Unione Europea la Banca Centrale e la Commissione, nei giorni scorsi, hanno assunto importanti e positive decisioni finanziarie ed economiche, sostenute dal Parlamento Europeo. Non lo ha ancora fatto il Consiglio dei capi dei governi nazionali. Ci si attende che questo avvenga concretamente nei prossimi giorni.

Sono indispensabili ulteriori iniziative comuni, superando vecchi schemi ormai fuori dalla realtà delle drammatiche condizioni in cui si trova il nostro Continente.

Mi auguro che tutti comprendano appieno, prima che sia troppo tardi, la gravità della minaccia per l’Europa. La solidarietà non è soltanto richiesta dai valori dell’Unione ma è anche nel comune interesse. Nel nostro Paese, come ho ricordato, sono state prese misure rigorose ma indispensabili, con norme di legge – sia all’inizio che dopo la fase di necessario continuo aggiornamento – norme, quindi, sottoposte all’approvazione del Parlamento. Sono stati approntati – e sono in corso di esame parlamentare – provvedimenti di sostegno per i tanti settori della vita sociale ed economica colpiti. Altri ne sono preannunciati.

Conosco – e comprendo bene – la profonda preoccupazione che molte persone provano per l’incertezza sul futuro del proprio lavoro. Dobbiamo compiere ogni sforzo per non lasciare indietro nessuno. Ho auspicato – e continuo a farlo – che queste risposte possano essere il frutto di un impegno comune, fra tutti: soggetti politici, di maggioranza e di opposizione, soggetti sociali, governi dei territori. Unità e coesione sociale sono indispensabili in questa condizione.
Un’ultima considerazione: mentre provvediamo ad applicare, con tempestività ed efficacia, gli strumenti contro le difficoltà economiche, dobbiamo iniziare a pensare al dopo emergenza: alle iniziative e alle modalità per rilanciare, gradualmente, la nostra vita sociale e la nostra economia. Nella ricostruzione il nostro popolo ha sempre saputo esprimere il meglio di sé. Le prospettive del futuro sono – ancora una volta – alla nostra portata. Abbiamo altre volte superato periodi difficili e drammatici. Vi riusciremo certamente – insieme – anche questa volta”. (aise)

Reperibile da https://www.aise.it/primo-piano/mattarella-superemo-questa-prova-ma-lue-faccia-presto/143545/160

Via libera da Bruxelles all’Italia agli aiuti di Stato

La Commissione europea ha approvato la garanzia concessa dallo Stato italiano per sostenere le piccole e medie imprese (PMI) colpite dall’emergenza del coronavirus con una moratoria dei debiti contratti presso le banche. Il regime – spiega Bruxelles – è stato approvato a norma del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19, adottato dalla Commissione il 19 marzo 2020.

“L’accesso alla liquidità è fondamentale per le PMI nella situazione estremamente difficile venutasi a creare con l’emergenza del coronavirus”, commenta Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva responsabile della politica di concorrenza. “Le PMI sono la spina dorsale dell’economia italiana e di quella europea più in generale. Per aiutarle in questi tempi difficili l’Italia concede una garanzia dello Stato affinché godano di una moratoria sui debiti contratti. La Commissione ha approvato oggi la garanzia dello Stato nell’ambito del nuovo quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato, in stretta collaborazione con il governo italiano”.

LE MISURE ITALIANE DI SOSTEGNO

Nell’ambito del quadro temporaneo l’Italia ha notificato alla Commissione una misura di garanzia dello Stato a sostegno di una moratoria sui debiti delle PMI, che interessa il rinvio dei rimborsi dei prestiti sotto forma di scoperti di conto, anticipi bancari, prestiti “bullet” con rimborso integrale alla scadenza, mutui ipotecari e leasing. Scopo della misura è alleviare temporaneamente l’onere finanziario che pesa sulle PMI colpite duramente dagli effetti economici dell’emergenza del coronavirus. L’intento è mettere liquidità a disposizione delle PMI per aiutarle a preservare i posti di lavoro e a proseguire l’attività nonostante la difficile situazione dovuta all’emergenza del coronavirus.

La Commissione ha constatato che la misura italiana è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare la copertura della garanzia riguarda una serie ben definita di esposizioni finanziarie ed è limitata nel tempo: il regime resterà in vigore fino al 30 settembre 2020 e la garanzia si protrarrà per 18 mesi dopo la fine della moratoria. Inoltre la garanzia copre gli obblighi di pagamento rientranti nella moratoria e il rischio assunto dallo Stato è limitato al 33 %; in ogni caso, gli intermediari finanziari sono tenuti a tentare il recupero del credito in prima persona prima di ricorrere alla garanzia dello Stato. Per assicurare che la misura vada a beneficio soltanto delle PMI che incontrano difficoltà a causa dell’emergenza del coronavirus, i beneficiari ammissibili devono non aver avuto esposizioni deteriorate prima del 17 marzo 2020.

Devono altresì certificare che la loro attività d’impresa ha risentito degli effetti economici dell’emergenza del coronavirus. In questo modo il sostegno potrà essere disponibile rapidamente e limitarsi ai soggetti che ne hanno reale bisogno in questa situazione senza precedenti.

La Commissione è giunta alla conclusione che la garanzia volta a mettere liquidità a disposizione delle PMI nell’ambito della moratoria aiuterà a gestire gli effetti economici prodotti dall’emergenza del coronavirus in Italia.

Le misure sono necessarie, opportune e proporzionate a quanto occorre per porre rimedio al grave turbamento dell’economia di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e sono in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo.

Su tale base la Commissione ha approvato le misure in conformità delle norme dell’UE sugli aiuti di Stato.

IL QUADRO TEMPORANEO ADOTTATO DALL’UE

La Commissione europea ha adottato un quadro temporaneo per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato al fine di sostenere l’economia nel contesto dell’emergenza del coronavirus. Il quadro temporaneo prevede che gli Stati membri possano concedere cinque tipi di aiuti:
i) sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali selettive e acconti: gli Stati membri potranno istituire regimi per concedere fino a 800 000 € a un’impresa che deve far fronte a urgenti esigenze in materia di liquidità;
ii) garanzie di Stato per prestiti bancari contratti dalle imprese: gli Stati membri potranno fornire garanzie statali per permettere alle banche di continuare a erogare prestiti ai clienti commerciali che ne hanno bisogno. Queste garanzie di Stato possono coprire prestiti per aiutare le imprese a sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti;
iii) prestiti pubblici agevolati alle imprese: gli Stati membri potranno concedere prestiti con tassi di interesse favorevoli alle imprese. Questi prestiti possono aiutare le imprese a coprire il fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti;
iv) garanzie per le banche che veicolano gli aiuti di Stato all’economia reale: alcuni Stati membri prevedono di sfruttare le capacità di prestito esistenti delle banche e di utilizzarle come canale di sostegno alle imprese, in particolare le piccole e medie imprese. Il quadro chiarisce che tali aiuti sono considerati aiuti diretti a favore dei clienti delle banche e non delle banche stesse e fornisce orientamenti per ridurre al minimo la distorsione della concorrenza tra le banche;
v) assicurazione del credito all’esportazione a breve termine: il quadro introduce un’ulteriore flessibilità per quanto riguarda il modo in cui dimostrare che alcuni paesi costituiscono rischi non assicurabili sul mercato, permettendo così agli Stati di offrire, ove necessario, una copertura assicurativa dei crediti all’esportazione a breve termine. Il 23 marzo la Commissione ha avviato una consultazione pubblica urgente per appurare se, nell’attuale crisi risultante dall’emergenza del coronavirus, sia opportuno ampliare la disponibilità di un’assicurazione pubblica del credito all’esportazione a breve termine. La consultazione pubblica mira più specificamente a vagliare la disponibilità di una capacità privata di assicurazione del credito all’esportazione a breve termine per le esportazioni verso tutti i paesi ripresi nell’elenco dei “paesi con rischi assicurabili sul mercato” nella comunicazione del 2012 sul credito all’esportazione a breve termine.

In funzione dei risultati della consultazione e considerati i pertinenti indicatori economici, la Commissione potrà poi decidere di depennare in via temporanea alcuni paesi dall’elenco dei “paesi con rischi assicurabili sul mercato”.
Il quadro temporaneo sarà in vigore fino alla fine di dicembre 2020. Al fine di garantire la certezza del diritto, la Commissione valuterà prima di tale data se il quadro debba essere prorogato.

Il quadro temporaneo integra le numerose altre possibilità di cui gli Stati membri già dispongono per attenuare l’impatto socioeconomico dell’emergenza del coronavirus, in linea con le norme dell’UE sugli aiuti di Stato. Il 13 marzo 2020 la Commissione ha adottato una comunicazione relativa a una risposta economica coordinata all’emergenza COVID-19 che illustra queste possibilità.

Ad esempio, gli Stati membri possono introdurre modifiche di portata generale a favore delle imprese (quali il differimento delle imposte o il sostegno alla cassa integrazione in tutti i settori), che non rientrano nel campo di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato.

Possono inoltre concedere compensazioni alle imprese per i danni subiti a causa dell’emergenza del coronavirus o da essa direttamente causati. (aise)

Reperibile da https://www.aise.it/primo-piano/aiuti-di-stato-via-libera-di-bruxelles-allitalia/143451/160

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