Monthly archive

December 2021

Pensioni INPS – campagna di esistenza in vita 2022

A partire dal 7 febbraio 2022, i pensionati italiani residenti nel Continente americano, Paesi scandinavi, negli Stati dell’est Europa e paesi limitrofi, in Asia, Medio ed Estremo Oriente, riceveranno da Citibank NA i moduli di richiesta di attestazione dell’esistenza in vita.
L’accertamento dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero riveste particolare importanza per l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, in quanto la difficoltà di acquisire informazioni complete, aggiornate e tempestive in merito al decesso dei pensionati espone al concreto rischio di erogare pagamenti non dovuti. L’accertamento viene effettuato da Citibank NA, l’Istituto di credito che esegue i pagamenti al di fuori del territorio nazionale per conto dell’INPS.
Pertanto, a partire dal 7 febbraio 2022, Citibank curerà la spedizione dei moduli ai pensionati residenti nelle suddette Aree geografiche, da restituire alla banca entro il 7 giugno 2022. Qualora l’attestazione non sia prodotta, il pagamento della rata di luglio 2022 avverrà in contanti presso le Agenzie di Western Union e, in caso di mancata riscossione personale o di mancata produzione dell’attestazione entro il 19 luglio 2022, il pagamento della pensione sarà sospeso a partire dalla successiva rata di agosto 2022.
L’Inps ha previsto un periodo di quattro mesi per attestare l’esistenza in vita, per cui non è necessario che i pensionati, come in passato, si rechino da subito, non appena ricevute le lettere, presso gli uffici consolari, Patronati o autorità locali, anche in considerazione della necessità di evitare assembramenti pericolosi, vista l’emergenza sanitaria in corso.
L’INPS e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale hanno anche condiviso un progetto che prevede la possibilità per i pensionati di rapportarsi con gli uffici consolari tramite un servizio di videochiamata.
L’accordo prevede che sia possibile attestare l’esistenza in vita anche con la seguente modalità:
• il pensionato che riceve per posta ordinaria da Citibank NA il modulo standard di richiesta di attestazione dell’esistenza in vita, contenente tra l’altro le generalità anagrafiche del pensionato, il numero INPS e il codice Citibank NA identificativi del pensionato, lo compila, indicando anche il recapito telefonico e l’indirizzo mail, apponendo sullo stesso la propria firma autografa e la data di sottoscrizione;
• il pensionato invia copia digitale di tale modulo, e di un documento d’identità, all’indirizzo di posta elettronica istituzionale del locale ufficio consolare del paese di residenza, che contatta il pensionato utilizzando l’indirizzo mail, se presente sul modello, tramite videochiamata, attraverso gli applicativi ad oggi più diffusi come ad esempio Skype, Zoom, Microsoft Teams, Webex o WhatsApp, se sul modello è presente il recapito telefonico;
• l’ufficio consolare, attraverso tale modalità, verifica per diretta visione l’esistenza in vita del pensionato e la corrispondenza dei dati contenuti nel modulo, già pervenuto all’ufficio consolare tramite mail insieme alla copia digitale del documento d’identità, con i dati contenuti nel documento d’identità originale, che il pensionato sarà invitato ad esibire nella videochiamata;
• se abilitato al Portale Agenti messo a disposizione da Citibank NA, il funzionario dell’ufficio consolare attesta l’esistenza in vita attraverso il medesimo portale. In questo caso il funzionario dell’ufficio consolare abilitato invita comunque il pensionato a spedire per posta ordinaria il modulo originale, datato e sottoscritto, all’indirizzo dell’ufficio consolare, per esigenze di conservazione degli atti;
• se non abilitato al Portale Agenti, il funzionario nel corso della videochiamata invita il pensionato a spedire per posta ordinaria il modulo originale di attestazione, datato e sottoscritto, all’indirizzo dell’ufficio consolare, affinché possa completare la validazione del modulo con le consuete modalità; successivamente l’ufficio consolare invia, tramite posta ordinaria, l’originale del modulo a Citibank NA, all’indirizzo “PO Box 4873, Worthing BN99 3BG, United Kingdom”.
I pensionati, pertanto, per rendere operativo tale servizio di videochiamata, sono invitati ad indicare l’indirizzo di posta elettronica e il recapito telefonico nel modulo di attestazione dell’esistenza in vita da inviare a Citibank NA.
La modalità di attestazione dell’esistenza in vita tramite videochiamata, che si aggiunge e non sostituisce le consuete modalità che prevedono la presenza fisica del pensionato presso un soggetto qualificato cosiddetto “testimone accettabile”, abilitato ad avallare la sottoscrizione del modulo di dichiarazione dell’esistenza in vita, potrà essere utilizzata anche dagli operatori di patronato accreditati come testimoni accettabili, abilitati al Portale Agenti.
L’Inps, poi, ricorda che non solo i pensionati avranno quattro mesi a disposizione per assolvere ai propri obblighi, ma che numerosi sono i soggetti qualificati che, ai sensi delle legislazioni locali, sono autorizzati ad attestare l’esistenza in vita dei pensionati. Nei casi in cui il pensionato non possa produrre l’attestazione standard, Citibank NA accetta i moduli di certificazione di esistenza in vita emessi da autorità locali, quali testimoni accettabili, le cui liste, distinte per Aree geografiche, sono consultabili nel sito di Citibank NA alla pagina web dedicata.
Inoltre, con riferimento agli uffici consolari, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, su proposta dell’Istituto, ha emanato una circolare nella quale si invitano le strutture consolari a considerare gli adempimenti relativi all’accertamento dell’esistenza in vita tra i servizi urgenti, indifferibili e garantiti ai pensionati residenti all’estero anche in caso di chiusura a causa dell’emergenza sanitaria.
Infine, è stata condivisa con la banca anche la tempistica relativa alla seconda fase della campagna di accertamento dell’esistenza in vita, riferita agli anni 2022 e 2023, che interesserà i pensionati residenti in Europa, Africa e Continente australe, ad esclusione dei Paesi Scandinavi e dei Paesi dell’Est Europa.
Pertanto, a partire dal 14 settembre 2022 Citibank curerà la spedizione delle richieste di attestazione dell’esistenza in vita nei confronti dei pensionati residenti in queste Aree geografiche, che dovranno essere restituite alla banca entro il 12 gennaio 2023. Qualora il processo di verifica non sia portato a termine entro tale temine ordinario, il pagamento della rata di febbraio 2023 avverrà in contanti presso le Agenzie di Western Union e, in caso di mancata riscossione personale o di mancata produzione dell’attestazione di esistenza in vita entro il 19 febbraio 2023, il pagamento della pensione sarà sospeso dalla banca a partire dalla successiva rata di marzo 2023.
Sul portale internet dell’Istituto è consultabile un’apposita pagina dedicata, intitolata Accertamento esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero, contenente informazioni aggiornate sulla campagna di verifica dell’esistenza in vita dei pensionati che riscuotono all’estero. (aise)

Presentiamo Gaia Marchiori, l’integrante più giovane del Comites di Bs.As.

Gaia Marchiori, rappresentante di Italia Viva è stata eletta consigliere del Comites, nelle scorse elezioni. È la più giovane integrante del Comites di Buenos Aires

Parlaci di te, come ti presenteresti?

Sono nata a Mirano, in provincia di Venezia, nel 1992. Sono stata un’appassionata di politica fin da adolescente, è una passione che mi è stata tramandata direttamente da mio padre, che nonostante facesse un altro lavoro ha sempre coltivato il suo interesse per il discorso politico.

Quando ho finito il liceo classico, ho subito pensato di continuare i miei studi con una carriera politica, ma data la mia curiosità smisurata e la mia naturale inclinazione alle lingue straniere, ho deciso di andare a studiare lingue all’Università Ca Foscari di Venezia per poi specializzarmi in politica estera a Bologna, e così è stato. Ho scelto di studiare lo spagnolo perché mi ha sempre incuriosito, e fatalità la professoressa di spagnolo che mi è stata assegnata era proprio argentina, di La Plata. La passione di Marcela (la professoressa) per la sua patria, la sua cultura, le tradizioni, mi ha definitivamente convinta a voler visitare l’Argentina e cercare fortuna qui. L’Argentina è un paese sinergico e sempre in movimento, e questo per la mia personalità è stato un punto d’incontro perfetto. Ho così deciso di informarmi e leggere libri sulla politica argentina, che è complicatissima. Il peronismo, un movimento politico che abbraccia destra e sinistra, ha diverse matrici, è amato e criticato, ed è ancora incomprensibile per molte persone che non lo vivono giorno per giorno. Ho così deciso di studiarlo e capirne l’essenza, attraverso lo studio della questione Malvinas-Falkland.

Ho vinto una borsa di studio con l’università di Bologna per fare ricerca per la mia tesi di laurea magistrale nel 2016 e mi sono innamorata di Buenos Aires durante i miei primi 6 mesi di soggiorno nella città. E’ una città che ami o odi e io la amo ed è il mio posto nel mondo. Quindi mi ci sono trasferita dopo la laurea, in Relazioni Internazionali. Qui ho cominciato a lavorare prima in una ONG, CADAL (Centro para la Apertura y el Desarrollo de America Latina), inizialmente come tirocinante e poi come assistente dei suoi programmi e incaricata delle relazioni istituzionali. Dopo qualche mese ho potuto conoscere un deputato con cui ho molta affinità e mi ha inserito nella sua equipe come assistente parlamentare. Attualmente lavoro nella commissione del Mercosur ma nel 2018 ho cominciato a lavorare con il deputato proprio nel Gruppo Parlamentare di Amicizia con l’Italia.

Questo mi ha permesso di esplorare le diverse realtà dell’italianità in Argentina e di inserirmi ancora di più nel tessuto delle relazioni bilaterali tra i due paesi. Fino a che nell’ottobre 2019 ho ricevuto una telefonata dal mio collega Nicolas Fuster, italo argentino residente in Olanda, che sapeva delle mie preferenze politiche e mi ha proposto di formare un comitato sudamericano per l’allora giovanissimo partito Italia Viva, il cui leader è Matteo Renzi. Ho così deciso di mettermi in gioco, prima co- coordinando la sezione sudamericana del partito e poi, vedendo quanto fosse importante lo spazio ai giovani che Italia Viva concede e la fiducia che mi è stata data da Roma, per essere corresponsabile per un territorio di più di un milione di cittadini italiani, ho deciso di candidarmi al Comites per vedere di apportare un cambio prima di tutto generazionale a questa istituzione.

Hai nostalgia della tua città? Della gente, delle abitudini, sapori, odori atmosfera? 

Ho molta nostalgia della città di Venezia. E’ talmente unica e meravigliosa che sarebbe difficile non sentirne la mancanza. Ho potuto frequentare Venezia tutti i giorni per anni durante la mia prima carriera universitaria e la cosa più bella è stata proprio viverla in tutte le sue sfaccettature, dai giorni soleggiati e torridi d’estate alle serate fredde e nebbiose dell’inverno. Di Venezia mi manca proprio tutto, lo devo ammettere.

Cosa si propone Italia Viva? Definisci il partito che rappresenti.

Italia Viva è un asse liberal-democratico nato per rappresentare uno spazio di centro e rompere con il “bipopulismo” del PD-Movimento Cinque Stelle e quello della destra.

La svolta imposta dalla formazione di Italia Viva è evidente: senza l’apporto dei nostri deputati/senatori e ministri, non sarebbero state possibili molte conquiste che invece ora l’Italia sta realizzando. Alcuni esempi, il trionfo di Draghi come presidente e la detronizzazione di Conte, l’elaborato e vincente piano vaccinale, il recupero del PIL più alto di quanto era stato pianificato. Grazie a tutti questi successi, sostenuti da Italia Viva sin dal principio, The Economist nominò l’Italia “Country of the year”.

Che apporto ti proponi di dare al Comites di Buenos Aires?

Il bilancio delle elezioni Comites in Argentina per noi devo dire che è più che positivo. É stata una sfida direi più che superata. Ci siamo presentati con la lista Italia Viva con il nostro simbolo in due distretti argentini, due nella Provincia di Buenos Aires, la Città Autonoma di Bs.As. e La Plata. In entrambi abbiamo ottenuto la vittoria di un candidato e quindi siamo rappresentati da un consigliere.

E’ la prima volta che Italia Viva si presenta nei comites dell’Argentina ed è anche la prima volta, parlo per la città di Buenos Aires, in cui c’era tanta concorrenza e varietà di liste in gioco. Per essere all’inizio quindi siamo contentissimi del nostro risultato, però chiaramente puntiamo con il tempo a qualcosa di più. Con il mio collega Nicolás stiamo cercando di costruire un consenso alle nostre idee in tutta l’Argentina (infatti dove non ci siamo presentati come Italia Viva, abbiamo appoggiato liste affini con alcuni candidati e abbiamo fatto sentire la nostra voce). L’entusiasmo sicuramente non ci manca e questo è solo l’inizio speriamo di un lungo percorso.

Per ora, secondo le proposte che ho potuto vedere in campagna elettorale, la cosa che sta più a cuore a tutti i consiglieri è il miglioramento dei servizi consolari. Necessitiamo più trasparenza e velocità. I tempi per il rinnovo di un passaporto e per la cittadinanza sono biblici e questa è anche la prima richiesta dei cittadini.

Personalmente e seguendo i principi di Italia Viva, però, non ci vogliamo limitare a questa proposta, dato che siamo convinti che essere italiano non è solo avere un pezzo di carta che lo testimonia, ma soprattutto sentirsi italiani nella cultura, l’educazione, il commercio. Le nostre proposte, che abbiamo diffuso nelle reti sociali anche durante la campagna elettorale, si sviluppano in cinque punti, quello istituzionale appunto riguardante il miglioramento dei servizi consolari, quello educativo. attraverso la diffusione di opportunità di studio in Italia e Europa, come Erasmus plus ed Erasmus o l’organizzazione di incontri e dibattiti sul funzionamento delle istituzioni educative italiane ed europee, poi c’è il punto culturale, in cui proponiamo l’organizzazione di eventi di vario tipo di interesse culturale come cicli cinematografici, incontri con personalità rilevanti eccetera, dal punto di vista commerciale ci piacerebbe poi sviluppare iniziative con imprese italiane o argentine che esportano in Italia i loro prodotti o conferenze con neo imprenditori sul futuro del loro lavoro bilaterale Italia-Argentina e infine ci piacerebbe organizzare eventi informali per la comunità italiana che siano rivolti anche ai giovani.

La realtà dei cittadini italiani in argentina è piuttosto “vecchia” tra virgolette, legata all’emigrazione italiana durante il primo o il secondo dopoguerra e le tradizioni antiche. Noi ci proponiamo di rompere questo stereotipo e aggiornarlo al 21esimo secolo. É fondamentale secondo noi rinnovare le istituzioni italiane in argentina adattandole ai tempi che corrono: i comites sono stati creati negli anni 80, in un contesto completamente differente geopoliticamente parlando. Ora disponiamo di tecnologia, nuove generazioni e soprattutto, conosciamo la superiorità dei valori democratici. Vogliamo dunque dare una risposta attuale alle questioni che riguardano l’epoca in cui stiamo vivendo.

Edda Cinarelli

Fabio Porta fa gli auguri al popolo cileno per la storica vittoria di Gabriel Boric

Con una straordinaria vittoria che fa di lui il Presidente eletto con il maggior numero di voti della storia del Cile (4,6 milioni di elettori) e in una consultazione caratterizzata dal più alto indice di partecipazione da quando nel 2012 fu istituito il voto volontario, i cileni hanno scelto il loro nuovo Presidente della Repubblica.

Gabriel Boric, sostenuto da un ampio schieramento progressista, sarà anche il più giovane Presidente della storia del Cile, Paese al quale l’Italia e gli italiani sono legati da profondi legami di amicizia e solidarietà.

Al nuovo Presidente e al popolo cileno vanno le congratulazioni di tutti i circoli del Partito Democratico del Sudamerica, con l’auspicio che il Cile possa riprendere con determinazione il suo cammino di lotta alle disuguaglianze sociali nel solco dell’importante lavoro che sta conducendo l’Assemblea costituente eletta nel maggio di quest’anno.

Fabio Porta 

Coordinatore Sudamerica del Partito Democratico 

Eutanasia: 15 anni dopo la morte di Welby, si attende ancora una legge. La politica cerca alibi, un milione di cittadini chiede il referendum

Era il 20 dicembre del 2006: dopo una lunga lotta per una morte senza sofferenze, Piergiorgio Welby ottenne che gli fosse staccato il respiratore e chiese che il suo fosse un diritto garantito per tutti. Sono passati quindici anni e ancora l’Italia aspetta una legge sull’eutanasia e quella battaglia che porta avanti ogni giorno la moglie Mina Welby, insieme all’Associazione Coscioni, non è ancora conclusa. Rinvii, alibi e polemiche: la politica non ha mai smesso di nascondersi dietro le divisioni tra i partiti e nessuna presa di posizione condivisa è uscita dalle Camere. E di fronte alla paralisi dei parlamentari si sono mossi i cittadini: quest’estate, nel silenzio assordante dei mezzi di informazione (ilfattoquotidiano.it invece ha fatto una sezione speciale), oltre un milione di cittadini ha firmato per chiedere un referendum per l’eutanasia legale. Un miracolo laico di partecipazione che stride con quanto avvenuto a Montecitorio solo una settimana fa: l’Aula deserta ha iniziato la discussione del ddl sul suicidio assistito che rivede al ribasso quanto già autorizzato. E il dibattito non è neanche partito: è tutto rinviato a febbraio prossimo. Ma del resto sono 40 anni che il Parlamento va avanti con leggi incompiute e tentativi a vuoto.

Eppure da Welby in poi non ci sono sono state solo sconfitte. Nel 2019 la Consulta si è espressa sul caso di Dj Fabo, morto in Svizzera dove era stato accompagnato da Marco Cappato: la Corte costituzionale ha stabilito che “non è punibile chi a certe condizioni agevola proposito di suicidio”. Una sentenza storica che ha permesso il primo via libera legale al suicidio medicalmente assistito in Italia per Mario, tetraplegico. Peccato però che il suo caso sia bloccato dalla burocrazia e da dirigenti che si rifiutano di applicare quanto stabilito dalla Consulta. Per questo Mario ha denunciato l’Azienda sanitaria unica delle Marche e il Comitato Etico della Regione Marche per il reato di ‘tortura’ a seguito del ritardo nelle necessarie verifiche sul farmaco letale da utilizzare e le relative modalità di somministrazione. Aspetta da mesi che il suo diritto a una morte senza soffrire, come quello di Welby, venga finalmente rispettato.

La battaglia di Welby e l’addio con una canzone di Bob Dylan in sottofondo – Welby, attivista e co-presidente dell’Associazione Luca Coscioni, era affetto dalla distrofia muscolare e per questo si rivolse alle istituzioni perché rispettassero la sua decisione di porre fine alle proprie sofferenze. Nel 2006 la sua richiesta scatenò un grosso dibattito nel Paese e a settembre decise di scriver all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una lettera: “Questo è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio“, scrisse. Ma anche l’appello al capo dello Stato non fu sufficiente. Nel 2006 la sua richiesta fu dichiarata “inammissibile” dal tribunale di Roma a causa del vuoto legislativo su questa materia. Pochi giorni dopo, Welby si rivolse all’anestesista Mario Riccio (qui l’intervista de ilfattoquotidino.it) chiedendo di porre fine al suo calvario staccando il respiratore sotto sedazione. Riccio, dopo 7 mesi di battaglia legale, venne prosciolto dall’accusa di omicidio del consenziente.

Chi da anni porta avanti la battaglia di Welby, è la moglie Mina: “L’avevo promesso a Piergiorgio e così ho fatto. Mi aveva invitata a portare avanti il ‘Calibano’, il suo blog; riflettendoci la sera stessa, ho compreso la portata di quella richiesta: continuare la sua battaglia“, ha dichiarato all’agenzia Adnkronos. Ha studiato, combattuto, rischiato il carcere per tenere fede alla promessa fatta al marito sul letto di morte. Sono passati 15 anni da quel giorno e Mina Welby, ora co-presidente dell’associazione Luca Coscioni, è ancora sul campo a difendere i diritti di chi soffre, la libertà di scelta sul fine vita. “Mi ricordo di quel lungo pomeriggio trascorso insieme”, ha detto ricordando il 20 dicembre del 2006. “Ero vicina al suo letto, abbiamo parlato poco ma ci siamo guardati tanto e intensamente. Di tanto in tanto gli chiedevo qualcosa, se volesse ascoltare musica o guardare delle foto. ‘No’ la sua risposta. Ho avuto per un attimo la sensazione che avesse paura, che volesse ripensarci. Non voleva incontrare nessuno ma ha accettato che entrasse nella sua stanza un bambino: era il figlio di 5 anni di una mia alunna, aveva in mano una candela a forma di Babbo Natale. Piergiorgio gli ha sorriso, lo ha fatto avvicinare e accendere la candelina messa poi sopra la tv di fronte al letto”. Quella sera c’era anche Marco Cappato, ora tesoriere dell’Associazione Coscioni: “Ricordo che in Piero c’era una grande serenità ma anche tensione perché non sapevamo se il medico anestesista Mario Riccio sarebbe riuscito a ‘trovare la vena’ per praticare la sedazione e poi staccare il respiratore. Per questo, c’erano anche due medici venuti dal Belgio, avevano con loro la sostanza eutanasica che gli avrebbe eventualmente consentito di non svegliarsi più. Momenti di grande apprensione ma Riccio trovò la vena, poi Piero ci chiamò, uno per uno, accanto a sé e ci ringraziò. Gli ultimi attimi con la moglie Mina e una canzone di Bob Dylan come sottofondo”.

Cos’è cambiato e perché la legge sul suicidio assistito non basta ancora – Nonostante le delusioni arrivate dalla politica, Mina Welby continua a portare avanti la battaglia del marito “Il cammino è ancora lungo, ma i passi fatti finora, nel segno della lunga battaglia di Piergiorgio per la libertà di scelta nel fine vita, sono per me una soddisfazione. Abbiamo oggi la legge 219/17 che ha introdotto il testamento biologico, ora i tempi sono maturi per compiere ulteriori passi verso l’eutanasia legale”. Oggi, continua Cappato, “ciò che ha ottenuto Piergiorgio Welby è perfettamente legale. Quella lotta condotta pubblicamente per ottenere di morire senza soffrire ha portato a una serie di altre sentenze fino alla legge sul testamento biologico che fu approvata proprio durante il processo a mio carico per aver aiutato a morire Fabio Antoniani, Dj Fabo“. Quindi, “in Italia è legale interrompere terapie salvavita, come erano quelle di Welby, e poterlo fare sotto sedazione per non soffrire, farlo sotto testamento biologico. Così come è legale l’aiuto al suicidio sulla base della sentenza della Corte costituzionale”, continua Cappato, a giudizio del quale “sono stati fatti grandi passi avanti sulla strada dell’autodeterminazione individuale”.

Quello che non è ancora legale, aggiunge, “è l’eutanasia attiva sul modello olandese, belga, spagnolo lussemburghese”. Il referendum, promosso dall’Associazione Coscioni, “propone di abrogare quell’articolo del codice penale per il quale fu incriminato Riccio, ovvero il cosiddetto omicidio del consenziente (art. 579 c.p.) che può condannare fino a 15 anni di carcere. Il referendum è l’unico strumento per abrogarlo perché la legge in discussione in Parlamento non tocca nemmeno la questione”. E parlando appunto del ddl sul fine vita, il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, critica il testo base: “Punta non ad estendere ciò che è già diritto, ma a restringere gli attuali diritti. La legge oggi in discussione è fatta apposta per sbarrare la strada ai nuovi casi Welby e quindi o viene modificata oppure è meglio che non sia approvata”.

La segretaria dell’Associazione Coscioni Filomena Gallo, intervistata dall’agenzia Ansa, segnala come nel Testo unico ci siano elementi di “forte criticità ed è un passo indietro rispetto alla sentenza della Corte, perché non stabilisce tempi certi di risposta per il malato e vengono aggiunti ulteriori requisiti che creano discriminazione tra gli stessi malati in base alla gravità della patologia”. Vengono lasciati fuori molti malati, quelli che non hanno un trattamento di sostegno vitale per esempio, gli oncologici. Senza contare che inserisce l’obiezione di coscienza del personale sanitario. La legge, chiarisce inoltre Gallo, “si riferisce al suicidio assistito, che prevede l’autosomministrazione del farmaco letale da parte del malato stesso, ed è cosa diversa dall’eutanasia che prevede invece la somministrazione del farmaco da parte di un terzo in modo attivo”. Se la legge è quindi un “tentativo per bloccare il referendum sull’eutanasia, allora la rispediamo al mittente”. Quanto al referendum, “siamo in attesa dell’udienza di ammissibilità dinanzi alla Consulta e poi, finalmente gli italiani potranno essere chiamati alle urne per decidere”. Insomma, ancora una volta, l’unica spinta che può sbloccare la politica dovrà arrivare dalla partecipazione popolare.

Il rimprovero del presidente Mattarella: “Sproporzionato risalto mediatico ai no vax”

Un mezzo rimprovero, un inciso infilato in un discorso più ampio che però ha un senso preciso: nell’ultimo anno si è dato troppo spazio ai no vaxSergio Mattarella approfitta del suo intervento di saluto alle Alte cariche dello Stato per spiegare come la pensa su un argomento che negli ultimi tempi ha diviso l’opinione pubblica. “La prima difesa dal virus è stata la fiducia della stragrande maggioranza degli italiani nella scienza, nella medicina. Vi si è affiancata quella nelle istituzioni, con la sostanziale, ordinata adesione a quanto indicato nelle varie fasi dell’emergenza dai responsabili, ai diversi livelli. Le poche eccezioni – alle quali è stato forse dato uno sproporzionato risalto mediatico – non scalfiscono in alcun modo l’esemplare condotta della quasi totalità degli italiani”, sono le parole del capo dello Stato.

Durante il suo discorso, che dovrebbe essere l’ultimo visto che tra poco più di un mese concluderà il suo mandato, Mattarella ha voluto ringraziare i partiti, che nell’inverno scorso hanno ascoltato il suo appello, sostenendo il governo di Mario Draghi. “Non era scontato, ma il tempo dei costruttori si è realizzato. Voglio per questo esprimere un riconoscimento all’impegno delle forze politiche che hanno colto il senso dell’appello rivolto, all’inizio dell’anno, al Parlamento affinchè, nell’emergenza, si sostenesse un governo per affrontare con efficacia la pandemia in atto e per mettere a punto progetti, programmi e riforme necessari a non dissipare la straordinaria opportunità del Next Generation“. Secondo Mattarella “quello che sta per concludersi è stato un anno di lavoro intenso. Con priorità chiare: la lotta alla pandemia e la ripresa della vita economica e sociale del Paese. Possiamo trarne un bilancio complessivamente positivo, per aver alzato la protezione dei cittadini di fronte alla minaccia del virus e per aver rimesso in moto la società”.

Il capo dello Stato, però, ha voluto passare l’evidenziatore su alcuni di quelli che considera i principali problemi del Paese: “Rintracciare il nesso che lega le cose buone che insieme sono state fatte, ognuno per la sua parte, non significa affatto ignorare i problemi che abbiamo davanti e le diseguaglianze che feriscono la nostra comunità”. Poi ha spiegato quali sono quei problemi: “Basta pensare all’evasione fiscale, allo sfruttamento del lavoro precario, soprattutto quello delle donne e dei giovani, all’incuria verso troppi nostri territori esposti a rischi sempre più frequenti di catastrofi naturali”. Poi si è focalizzato sopratutto sugli “infortuni -anche mortali sul lavoro che continuano, e sono scandalosamente gravi”.

Infine un augurio alle forze politiche che suona come un invito a continuare sulla strada tracciata anche dopo la fine del suo mandato: quella del governo d’unità nazionale. “Una delle caratteristiche della nostra gente si manifesta quando le condizioni sono difficili: è il momento in cui riusciamo a esprimere il meglio di noi. A ritrovare la fiducia smarrita. Non rinunciamo alle differenze e alle diversità. Ma sappiamo essere uniti sulle grandi scelte, quando le circostanze della vita lo richiedono. L’augurio che rivolgo a voi e al nostro amato Paese – per il futuro – è che lo spirito costruttivo e collaborativo, reciprocamente rispettoso, possa divenire un tratto stabile dei rapporti istituzionali”, ha detto il capo dello Stato. Come dire: il presidente si augura che il governo di Mario Draghi continui. Anche in caso di trasferimento dello stesso Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale.

Fonte: Covid, il rimprovero del presidente Mattarella: “Sproporzionato risalto mediatico ai no vax” – Il Fatto Quotidiano

Quirinale, Financial times: “Draghi può servire meglio l’Italia da presidente della Repubblica”

Mario Draghi “può servire meglio il Paese” da capo dello Stato. Questo secondo il Financial Times. Che aggiusta il tiro rispetto all’articolo dell’8 dicembre scorso in cui sosteneva che “la prospettiva che l’ex capo della Bce si faccia da parte come primo ministro fa rischiare il ritorno dell’instabilità politica”. Ora una nuova analisi, l’editoriale a firma Bill Emmott: “Da ottimo economista, Draghi conosce la teoria del ‘second best’, della seconda migliore opzione. In un mondo perfetto, dovrebbe rimanere premier per tutti i cinque anni del piano nazionale di ripresa e resilienza degli investimenti pubblici e delle riforme, il Pnrr finanziato essenzialmente dall’Ue che ha messo in carica da quando è entrato in carica a febbraio. Ma se il risultato perfetto è irraggiungibile, è giusto optare per la migliore soluzione imperfetta: vale a dire che Draghi sia eletto presidente della Repubblica dal Parlamento a fine gennaio, e da lì per i prossimi sette anni sovrintenda alle questioni come capo dello Stato”, scrive Emmott, il più longevo (e implacabile) dei direttori dell’Economist dagli Anni Settanta ad oggi, spesso molto duro con l’Italia, che adesso scrive regolarmente per diversi media internazionali, tra cui il Financial Times. L’Economist, quando ha incoronato l’Italia ‘Paese dell’anno’, si è invece spinto a augurarsi che Draghi rimanga a Palazzo Chigi.

Un’inversione di rotta, dunque, per il quotidiano economico-finanziario britannico. Lo scorso 8 dicembre, con un’analisi attenta in prima pagina, era entrato nel vivo della corsa al Quirinale spiegando che “la prospettiva che Mario Draghi si dimetta da primo ministro italiano per assumere il ruolo di presidente minaccia di far piombare il paese nell’instabilità politica proprio mentre il governo intraprende ambiziose riforme strutturali e un piano di ripresa dal coronavirus sostenuto da quasi 200 miliardi di euro di fondi Ue”. Ora, scrive, in un mondo perfetto dovrebbe restare presidente del Consiglio per tutti i cinque anni del Pnrr, specificando però che “se il risultato perfetto è irraggiungibile, è giusto optare per la migliore soluzione imperfetta”: ossia capo dello Stato.

Ma a scrivere di Draghi è stato anche l’Economist. Che ha elogiato il capo del governo e incoronato l’Italia “Paese migliore del 2021”, con l’augurio che l’ex capo della Bce rimanga a Palazzo Chigi. Ora il Financial Times fa un’analisi diversa e anzi confuta la tesi del settimanale britannico: “Un’altra idea di cui si parla tanto – ovvero che rimanga primo ministro fino al 2023, quando si terranno le prossime elezioni generali – è un’illusione”. Draghi non potrà realizzare altrettanti “notevoli progressi come nei suoi 10 mesi in carica” perché questi “sono dipesi dalla tregua” tra i partiti dell’ampia coalizione che lo sostiene, dove solo Fratelli d’Italia è all’opposizione. “Dopo gennaio, quel cessate il fuoco potrebbe durare per altri sei mesi al massimo prima che prenda il sopravvento la febbre elettorale: sei mesi con le mani su un volante sempre più tremolante rispetto a sette anni da autorevole vigile urbano”. “Questa è la vera scelta di fronte a Draghi – che peraltro, ricorda Ft, deve ancora confermare che voglia andare al Quirinale – e ai deputati italiani”. E anche qualora si riuscisse a convincere Sergio Mattarella a rimanere per un secondo mandato “questo rimanderebbe soltanto la questione e aumenterebbe il rischio” che qualcun altro, e non Draghi vada al Quirinale.

Il Financial Times dunque non ha dubbi: “Non è questo il modo ideale per rivitalizzare un Paese, rimasto in una situazione stagnante per la maggior parte” degli ultimi 30 anni. Del resto, “una riforma da manuale richiederebbe 10 anni di mandato, aiutato da una base politica stabile. Nel mondo reale, costantemente volatile, della politica italiana, il governo Draghi ha già ottenuto molto: il piano di spendere 191,5 miliardi di euro dal Fondo Ue Next Generation, più 30,6 miliardi di euro di fondi propri dell’Italia, si è attirato elogi. I suoi investimenti in infrastrutture, transizione energetica e digitalizzazione puntano a soddisfare i criteri stabiliti dallo stesso Draghi nell’agosto 2020 da privato cittadino, quando sostenne che il debito pubblico aggiuntivo potesse essere giustificato solo se in grado di aumentare il potenziale produttivo dell’economia. La difficoltà è che fare tutto ciò richiede non solo che i soldi siano ben spesi; deve essere accompagnato da riforme profonde e sostenute della pubblica amministrazione, della giustizia e del sistema fiscale.
Gli investitori privati devono arrivare a credere che tali cambiamenti siano permanenti”. E invece il rischio concreto è che “questa raffica di investimenti pubblici garantisca all’Italia diversi anni buoni, dopodiché ristagni”.

E ancora. “Alcune di queste riforme sono cominciate – riconosce il Financial Times – con una serie di leggi approvate quest’anno. Ma in Italia non sono mai mancate nuove leggi. Ciò che è mancato è stata l’attuazione consistente e coerente delle riforme. Qualche mese in più di Draghi come premier sarebbe utile per questo, ma non trasformativo. Occorre che gli equilibri della politica italiana si spostino verso l’accettazione e l’attuazione a lungo termine di tali riforme, affinché possano durare attraverso i successivi governi”. E questo mutamento di prospettiva potrebbe essere aiutato “da un capo di Stato tenuto in grande considerazione in patria e all’estero, in altre parole Mario Draghi”. “Per decenni, la presidenza italiana è stata marginale ed essenzialmente di funzione cerimoniale. Ma poiché i partiti politici si sono andati frantumando negli ultimi tempi, i presidenti hanno utilizzato i limitati poteri del ruolo – scioglimento del Parlamento, designazione dei premier, approvazione degli esecutivi – in modo sempre più efficace”.

Gli ultimi due, Giorgio Napolitano e Mattarella, sono stati qualcosa a metà “tra un presidente non esecutivo e un papa laico”. “Se Draghi salirà al Quirinale a febbraio, probabilmente rimarrà un sostegno sufficiente in Parlamento per la formazione di un nuovo governo ad interim”, probabilmente guidato “da uno dei suoi attuali ministri non politici”: un “governo fotocopia, il più vicino possibile al governo Draghi”.

Il Financial Times non si fa illusioni: “Sarà debole e probabilmente incapace di approvare molte leggi. Ma potrebbe fare un importante lavoro di comunicazione all’esterno portando a termine nel contempo la gran parte del lavoro di dettaglio necessario per spendere bene i soldi dell’Ue. A quel punto sarebbe tutto in gioco nelle elezioni del 2023, supervisionate dal presidente Draghi”.

Fonte: Quirinale, Financial times: “Draghi può servire meglio l’Italia da presidente della Repubblica” – la Repubblica

Prima riunione del Comites: trionfalismo per che cosa? – di Edda Cinarelli

Secondo i dati ufficiali, gli italiani, iscrittisi per votare alle scorse elezioni dei Comites sono il 3,76% del totale dei registrati all’Aire, 4.732.741. Non c’è proprio niente di cui gioire, anzi, la disaffezione verso la politica è tanto accentuata da poter pronosticare che i Comites presto spariranno e gli si potrà dedicare una lapide con la dedica:”requiescant in pace”.

Ad ogni modo venerdì 17 dicembre, si è svolta al secondo piano della sede del Consolato Generale, in via Reconquista 572, la prima riunione del Comites, recentemente eletto, per scegliere i membri del Consiglio Direttivo. C’erano tutti i consiglieri scelti meno Gaia Marchiori, capolista di Italia Viva, presente via internet nel ruolo di segretaria ad interim, come presidente ad interim è stato per quel pomeriggio Signorini.

Dopo il saluto del console generale Marco Petacco e del presidente la riunione è iniziata con l’intervento del consigliere Daniel Amoroso, capolista della Lega, che ha espresso un’osservazione e una domanda. L’osservazione: ha presentato l’incompatibilità della funzione di presidente del Patronato ACAI ENAS e simultaneamente di presidente del Comites di Signorini, poiché si tratterebbe di un caso di sovrapposizioni d’ incarichi e anche di sedi, perché quella del patronato coincide con quella del Comites. Domanda: Signorini è stato dapprima membro cooptato del Comites durante la presidenza di Graciela Laino, presidente del Comites dal 2015 al 2021, può essere rieletto come presidente del Comites? All’osservazione ha risposto Petacco. Il Console Generale ha detto che Signorini quando ha assunto l’incarico di presidente del Comites ha rinunciato a quello di presidente del Patronato, e che l’ACAI INAS non ha nessuna sede nell’ufficio del Comites. Alla seconda ha ribattuto Signorini, affermando che può essere rieletto presidente del Comites, poiché il primo incarico, quello di cooptato, non si somma con quello di presidente del Comites.

Si è poi proceduto alle elezioni del Consiglio Direttivo. Dario Signorini (MAIE) è stato riconfermato presidente, sono stati eletti: vicepresidente 1°Juan Ignacio Napoli (USEI); vice presidente 2° Alejandro G. Morello (MIRE); Maria Ines Corda (MAIE) segretaria, Claudia Maria Angelici (USEI)  vicesegretaria; Mario Lorenzo Milano (MAIE) tesoriere; Aldo Caretti (MAIE) vice tesoriere. Dell’esecutivo fanno parte anche i consiglieri Leonardo Ariel De Simone (MAIE), Vito Emanuele Santarsieri (MAIE), Jose Francisco Palmiotti (USEI). Colpisce il fatto che il MAIE abbia ottenuto nello scorso suffragio 3.365 preferenze, la Lega 1.957, l’USEI 1.698, il Mire 681, Italia Futura 479, Italia Viva 421. La Lega si è piazzata al secondo posto e non è stato proposto un incarico d’importanza a nessuno dei suoi rappresentanti, si è avuta l’impressione che ci siano stati degli accordi previ alla riunione proprio per isolarla.

A prescindere da questo sospetto, il nuovo Comites è composto da tanti membri nuovi, tra cui vari giovani, liberi professionisti imprenditori che si sono fatti conoscere per il loro lavoro e per la vocazione di servizio. Pochi però in relazione ai nomi presenti nelle varie liste. Formidabile Gaia Marchiori che da casa e senza aver la possibilità di ascoltare bene quello che accadeva nel salone ha svolto il suo ruolo con sicurezza e competenza.

Resta l’amarezza di costatare che non è stata rispettata la volontà degli elettori lasciando la Lega all’opposizione e ci si domanda a che cosa serva indire delle elezioni se poi i componenti delle varie liste si alleano per dimostrare una vittoria ottenuta con scaltri patti. Ma la politica è anche questa e bisognerebbe prenderne atto.

Edda Cinarelli

“Ricomincio da tre”, la rappresentanza degli italiani all’estero a un bivio

Tre sono i livelli del sistema di rappresentanza degli italiani all’estero; tre virgola tre è invece la percentuale degli italiani residenti in Brasile che si è iscritta per votare alle ultime elezioni dei Comites (Comitati degli Italiani all’Estero). E’ da questo numero “perfetto”, il 3 appunto, che dobbiamo ripartire, parafrasando il bellissimo film di Massimo Troisi del quale abbiamo festeggiato proprio quest’anno i quaranta anni dalla sua prima uscita nelle sale italiane.

Sì, perché dietro a quella apparente perfezione – anche dei livelli di rappresentanza democratica delle nostre collettività nel mondo – si nasconde una crisi strisciante che rischia di divenire sempre più evidente se non di esplodere nei prossimi anni. Una crisi fatta di tanti elementi, le cui responsabilità non possono certamente venire addebitate ad uno solo dei soggetti coinvolti: Ministero degli Esteri (responsabile, tramite la sua rete diplomatico-consolare, delle elezioni e dell’organizzazione del sistema); rappresentanti eletti (i protagonisti del sistema, ai quali gli elettori conferiscono un mandato); cittadini italiani iscritti all’AIRE (i residenti all’estero, sempre più distanti e disinteressati dalla partecipazione attiva a questi organismi).

Nel corso della mia esperienza parlamentare mi è capitato più di una volta di incontrare delegazioni di colleghi stranieri e di spiegare loro come l’Italia abbia costruito nel corso degli anni un rapporto solido e virtuoso con i suoi emigrati sparsi in tutti gli angoli del pianeta; una relazione importante e strategica, della quale i tre livelli di rappresentanza politica costituiscono probabilmente la parte più importante e dinamica.

Ancora una volta l’Italia si dimostra innovativa ed esemplare in campo legislativo e democratico ma, ancora una volta, ad una bellissima e lungimirante intuizione non sono seguite politiche attive e comportamenti collettivi in grado di dare sostanza e prospettiva a questo progetto. Autoreferenzialità, assistenzialismo, eccesso di burocrazia, scarsezza di risorse, esasperazione dei conflitti, disinteresse e affarismo: sono solo alcuni dei vizi che nel tempo sono nati intorno ad un sistema che rischia di non essere più virtuoso ma vizioso.

Purtroppo questa deriva affatto democratica e molto fisiologica (nel senso peggiore, quello che in Sudamerica si applica al ritorcersi della politica in sé stessa) è stata in questi anni – soprattutto in alcuni Paese – funzionale ad organizzazioni ed apparati para-politici che hanno sfruttato la massa (grande solo numericamente) degli italo-discendenti per consolidare e perpetuare nel tempo un vero e proprio sistema di affari e potere. Tutto ciò ha spesso frustrato il legittimo e auspicabile desiderio di partecipazione delle diverse generazioni di italiani che vivono all’estero, che vorrebbero declinare la loro italianità in maniera virtuosa attraverso un sistema efficiente fatto di relazioni culturali, sociali ed economiche all’altezza di una presenza italiana che in Paesi come il Brasile continua ad essere sinonimo di eccellenza e qualità.

Se non vogliamo azzerare tutto, e ripartire da zero come provocatoriamente chiedeva l’amico Lello al protagonista di “Ricomincio da tre”, dobbiamo salvare i valori e lo spirito che erano alla base delle iniziative legislative e della riforma costituzionale che hanno determinato la costruzione del sistema di rappresentanza degli italiani nel mondo che noi oggi conosciamo: Comitati degli italiani all’estero, Consiglio Generale degli Italiani all’Estero e parlamentari eletti all’estero.

Ma perché ciò accada è necessario armarsi di coraggio e determinazione ed uscire da quella gabbia fatta di prudenza , miopia ed ipocrisia che troppe volte in questi anni ha impedito di intervenire in maniera coraggiosa ed efficace per riformare questo sistema.

Interventi tardivi o palliativi sarebbero inutili, o forse dannosi.

Fabio Porta

Senato: la Giunta delle elezioni assegna il seggio di Cario a Fabio Porta

Undici a favore, nove astenuti: la Giunta per le elezioni del Senato questa mattina ha votato a favore dell’assegnazione del seggio di Adriano Cario a Fabio Porta. Il voto dovrà ora essere ratificato dal passaggio in Aula.

Il voto di questa mattina è seguito alla seduta di ieri, in cui – all’indomani del voto del 2 dicembre con cui l’Aula di Palazzo Madama ha dichiarato decaduto il senatore eletto con l’Usei in Sud America – i relatori Cucca e D’Angelo hanno presentato ai colleghi la proposta di assegnazione del seggio a Fabio Porta (Pd).

Una proposta che ha visto favorevoli quasi tutti i membri della Giunta, tranne i senatori di Forza Italia e Lega secondo cui il seggio doveva essere assegnato comunque ad un candidato della lista Usei, in questo caso Francisco Nardelli, che il 9 dicembre ha presentato un’istanza in merito.

Accertati i brogli sui voti nella ripartizione del Sud America, questa la tesi dei senatori di Forza Italia e Lega, le schede controllate sono comunque troppo poche per affermare che i voti della lista Pd siano stati più di quelli della lista Usei. Tesi confutata dalla Giunta che, al voto, ha approvato la proposta dei relatori.

Nella seduta di ieri, il relatore Cucca (Iv) ha ricordato che “il campione di schede esaminato – sul quale si fonda il giudizio di carattere prognostico prospettato dal candidato Porta – risulta significativo e rappresentativo anche alla luce della relazione statistica depositata agli atti”. Dunque “appare evidente che l’attribuzione del seggio vacante spetta inequivocabilmente all’onorevole Porta, la cui istanza va pertanto pienamente accolta”.

Sulla stessa linea la relatrice D’Angelo (M5S) che ha richiamato l’odg approvato dall’Aula il 2 dicembre.
Sulla questione dei voti di lista, la senatrice Rossomando (Pd) ha ricordato che “l’utilizzo del “criterio di proiezione” ha comportato il riconoscimento di una contraffazione di circa 12.000 schede”, dunque “la prova di resistenza adottata è stata ispirata ad un principio di “magnanimità”, visto che la proiezione effettiva delle grandezze emerse avrebbe comportato l’annullamento di un numero superiore di schede. Il riconoscimento della falsificazione di circa 12.000 schede comporta che la lista del PD ha un numero di voti superiori a quello dell’USEI e conseguentemente il seggio vacante va necessariamente attribuito al primo della lista, ossia all’onorevole Porta. Sarebbe contraddittorio – ha osservato Rossomando – considerare annullate le schede ai fini della mancata convalida del senatore Cario e considerarle invece valide ai fini della individuazione del soggetto a cui attribuire il seggio vacante”.

Di tutt’altro avviso il senatore Paroli (Fi): “i voti annullati sono appena 380 e il criterio prognostico a cui faceva riferimento la senatrice Rossomando presenta un margine di approssimazione rilevante. Rispetto al senatore Cario – ha aggiunto – è stata indebitamente sollevata una sorta di “questione di indegnità”. Un approccio non può essere esteso all’intera lista dell’USEI. Il seggio vacante va assegnato pertanto al secondo eletto nella lista USEI, ossia al signor Nardelli”.

Tesi, questa, sostenuta anche da Augussori (Lega): “l’elezione nella Circoscrizione Estero ha un carattere bivalente, comportando una competizione tra le liste e altresì tra i candidati eletti nella stessa lista. Il giudizio prognostico prospettato a favore del candidato Porta non appare del tutto convincente, poiché le percentuali anomale registrate nei voti di preferenza riportati dal senatore Cario in diverse sezioni del consolato di Buenos Aires deve tener conto che in questo ambito – diversamente dalle sezioni elettorali del territorio nazionale – l’assegnazione dei voti pervenuti dai diversi consolati alle sezioni è effettuata dall’Ufficio elettorale centrale a Roma. Si determina in tal senso una distribuzione casuale dei voti che rende di diverso significato anche lo stesso indice di anomalia registrato nelle percentuali del voto di preferenza. Peraltro, anche questo elemento andrebbe maggiormente meditato, poiché, come dimostrato dall’attività istruttoria del Comitato, è difficile sostenere che tutte le schede di una sezione elettorale sono state contraffatte”. Per il senatore leghista sarebbe stato “utile acquisire i tassi di distribuzione delle preferenze dei candidati delle varie liste nei diversi consolati dell’Argentina e negli altri consolati della ripartizione America meridionale. Questo approfondimento riveste una valenza significativa anche nell’ottica di una revisione del modello di voto adottato per la Circoscrizione Estero, che ha sicuramente mostrato rilevanti debolezze”.

Non essendo presenti tutti i senatori, la Giunta aveva rinviato il voto a questa mattina: gli 11 voti a favore propongono di assegnare il seggio a Porta. Se l’Aula confermerà questa decisione, Porta – già deputato nella scorsa Legislatura – entrerà a Palazzo Madama a meno di due anni dalla fine della Legislatura. (aise) 

Fonte: Senato: la Giunta delle elezioni assegna il seggio di Cario a Fabio Porta (aise.it)

Nuove disposizioni per l’ingresso in Italia dall’Argentina

Il Consolato Generale d’Italia a Buenos Aires segnala che dal 16 dicembre, con Ordinanza del Ministro della Salute del 14 dicembre, l’Argentina è entrata nell’elenco dei Paesi compresi nell’elenco D dell’Allegato 20 al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 dicembre 2021.

L’ingresso nel territorio nazionale è consentito alle persone che hanno soggiornato o viaggiato, nei quattordici giorni precedenti, in uno o più Paesi o territori dell’elenco D indipendentemente dalle ragioni del viaggio (senza la necessità di presentarsi al momento dell’imbarco, per le autorità preposte ai controlli, la nota consolare e la relativa documentazione che giustifica il viaggio) e alle seguenti condizioni:

1. Compilare un modulo di localizzazione online (noto anche come modulo di localizzazione dei passeggeri digitale (dPLF) e presentarlo, su un telefono cellulare o cartaceo, alla compagnia all’imbarco e alle autorità che effettuano i controlli;

2. Presentare all’azienda, al momento della spedizione, e alle autorità che effettuano i controlli, la certificazione “verde” COVID-19, che attesti l’intero ciclo vaccinale o certificazione equivalente, rilasciata dalle autorità sanitarie competenti dopo essere stati vaccinati con vaccini convalidato dall’EMA (l’Agenzia Europea per i Medicinali);

3. Presentare all’azienda, al momento della spedizione, e alle autorità che effettuano i controlli, un certificato che attesti l’esito negativo di una PCR o di un test antigenico, tramite tampone, effettuato entro 72 ore. prima dell’arrivo in Italia se si tratta di PCR o entro 24 ore. precedente all’ingresso nel territorio italiano se si tratta di antigeni.

Se non si possiede la certificazione al punto 2 (certificato di vaccinazione), è comunque possibile entrare in Italia, ma è obbligatorio:

– Effettuare test PCR o antigenici (72 ore nel primo caso; 24 ore nel secondo);

– Eseguire l’isolamento per cinque giorni informando la ASL competente di attivare i suoi controlli, all’indirizzo riportato nel modulo. Deve essere raggiunto con mezzi privati.

– Effettuare una nuova PCR o test antigenico, tramite tampone, al termine dei 5 giorni di isolamento.

Dal 23 settembre il Ministero della Salute italiano ha riconosciuto (con la presente Circolare) l’equivalenza di alcuni vaccini, forniti all’estero, a quelli effettuati in Italia secondo il Piano Nazionale di Vaccinazione per la prevenzione della SARS-CoV-2.

Si tratta nello specifico di:

– Vaccini riconosciuti da EMA – Agenzia Europea del Farmaco (vedi Allegato n. 1 della Circolare);

– Covishield (Serum Institute of India), prodotto su licenza di AstraZeneca;

– R-CoVI (R-Pharm), prodotto su licenza di AstraZeneca;

– Vaccino ricombinante Covid-19 (Fiocruz), prodotto su licenza di AstraZeneca.

In conseguenza di questo riconoscimento:

– i cittadini italiani (anche residenti all’estero) e i loro familiari conviventi, indipendentemente dal fatto che siano o meno iscritti al Servizio Sanitario Nazionale o SASN (Assistenza Sanitaria alla Navigazione), e tutti gli iscritti a qualsiasi categoria al Servizio Sanitario Nazionale che sono vaccinati all’estero con i suddetti vaccini o che hanno avuto la malattia COVID-19, possono richiedere, quando si trovano nel territorio italiano, il rilascio del Green Pass, rivolgendosi alle ASL competenti per indirizzo.

– Tutti gli altri cittadini stranieri vaccinati all’estero con i suddetti vaccini avranno diritto di accedere, nel territorio nazionale, a tutti i luoghi e servizi per i quali è richiesta la presentazione del Green Pass.

– Per essere riconosciute equivalenti al Green Pass, le certificazioni sui vaccini applicati all’estero devono contenere le seguenti informazioni: dati identificativi del titolare, dati del vaccino, date di fornitura, dati dell’emittente del certificato; Devono inoltre essere redatti in italiano, inglese, francese, spagnolo o tedesco o, se in altra lingua, essere accompagnati da traduzione giurata.

Ir Arriba