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December 2022

La vittoria del Mondiale mostra un altro fallimento di Fernandez & Co.

Il titolo mondiale vinto dall’Argentina rimarrà un ricordo indelebile non solo per una finale da thrilling, ma anche per l’accoglienza incredibile manifestata dalla presenza di 4 milioni di persone che hanno letteralmente abbracciato i loro 26 campioni a Buenos Aires. E dobbiamo aggiungere anche per il fatto, che non ha precedenti nella storia dei Mondiali di calcio, di una Nazionale che si è totalmente rifiutata di incontrare i politici, ivi in primis l’attuale Presidente Argentino Alberto Fernandez, esplicitando la sua lontananza con il potere politico in generale, ma soprattutto con chi, in questi ultimi tre anni, ha portato il Paese nella sua peggiore crisi della storia, esplicitata dai dati che vedono una inflazione al 100% e superato il 60% di povertà.

I giocatori hanno voluto dedicare il loro titolo alla gente, che finalmente ha avuto la possibilità di godere una allegria a lungo trepidata, specie nello svolgimento finale di un incontro al cardiopalma fino all’ultimo.

Non si era mai assistito a manifestazioni del genere nella storia del Paese e il Governo si è mostrato indispettito per il trattamento subito: molti politici erano andati in aeroporto ad accogliere la squadra che, scesa dall’aereo, ha platealmente evitato di incontrarli. La cosa è proseguita anche il giorno successivo dove, dopo incessanti trattative, il pullman che trasportava la squadra non è nemmeno passato nelle vicinanze della Casa Rosada, dove era stato organizzato un ricevimento poi cancellato.

Visto quello che è successo a un certo punto del percorso del corteo, non si può che dare ragione ai giocatori e tutto il gruppo che li ha assistiti: difatti, nonostante le previsioni parlassero di un’adunata oceanica, il Governo non ha adottato che misure minime di sicurezza, dimostrando per l’ennesima volta la propria incapacità organizzativa, al punto che in due occasioni si è rischiata la tragedia. In primis quando, impossibilitato a proseguire per la folla trasbordante, il pullman ha dovuto deviare ed è passato sotto un viadotto, superato il quale i giocatori non seduti regolarmente (specie quelli dell’ultima fila del piano superiore, tra i quali Messi) hanno evitato per un pelo di essere investiti dai cavi dell’alta tensione di un traliccio e solo l’urlo di uno di loro, che accortosi del pericolo ha avvisato i compagni, ha fatto abbassare a tutti la testa evitando l’impatto all’ultimo secondo.

Successivamente prima di attraversare un altro viadotto, due persone della folla si sono lanciate dall’alto: una ha sfiorato i giocatori, ma è caduta sull’autobus, mentre l’altra ha mancato il mezzo compiendo un volo di una quindicina di metri nel vuoto e riportando gravissime ferite.

A questo punto il corteo è stato sospeso per ordine del ministro della Sicurezza (sic) ed è stato dirottato verso una piazza dove poi i giocatori sono saliti a bordo di elicotteri che hanno sorvolato l’intera manifestazione.

Insomma, un vero caos che, senza alcun controllo, era iniziato già alla fine della storica partita con assalti a negozi, distruzione di semafori e altre infrastrutture stradali e ovviamente centinaia di furti: se vediamo le immagini e le confrontiamo con quelle di un altro storico corteo (quello che ha accolto la Nazionale marocchina al suo rientro in Patria) quest’ultimo sembra abbia avuto luogo in Svizzera anche perché lo spiegamento delle forze dell’ordine era stato perfettamente organizzato.

È chiaro che l’Argentina stia vivendo una situazione gravissima, lo ripetiamo, ma ciò non giustifica nemmeno minimamente l’assurdità vissuta in una giornata dove il Presidente aveva proclamato festa nazionale, bloccando o tentando di farlo, ogni attività lavorativa per cui quando gli incidenti avvenuti hanno provocato emergenze varie (mancanza di energia elettrica in vaste zone della città e addirittura caduta della rete telefonica) è successo l’inferno.

Ormai lo scollamento di gran parte del Paese con le Istituzioni è totale, anche perché proprio l’esperienza vissuta ai Mondiali ha finalmente fatto capire a molti argentini che i risultati si ottengono, come hanno ripetuto quasi tutti i giocatori della “Seleccion” “se si lavora e soprattutto siete delle brave persone, ogni giorno che passa sarete più vicini nel compiere i sogni della vostra vita”. Che è un po’ tutto il contrario della filosofia che per anni hanno predicato i poteri politici di turno.

Messaggio recepito, sembra: ma solo il tempo potrà dire se finalmente la ricchissima Argentina tornerà a essere quel Paese che il “sogno” peronista (in particolare) ha rovinato portandola a vivere crisi incredibili. L’importante è che ognuno faccia la sua parte nella realizzazione attraverso l’impegno e la partecipazione di tutti, mettendosi in testa che la bacchetta magica esiste solo nelle favole e che per superare le crisi occorre tempo: cosa che alcuni Paesi Latinoamericani hanno compiuto anche nel loro recente passato.

Arturo Illia (pubblicato da Il Sussidiario il 26/12/2022)

Fonte: DIARIO ARGENTINA/ La vittoria del Mondiale mostra un altro fallimento di Fernandez & Co. (ilsussidiario.net)

La cucina italiana è la migliore al mondo

Italia prima fra le “Best Cuisines in The World”, le migliori cucine nel mondo. Tutti d’accordo, nessuna sorpresa quando lo scettro dei fornelli va al nostro Paese eletto ai vertici della classifica dei TasteAtlas Award 2022, portale internazionale che raccoglie ricette e ristoranti presenti in tutto il pianeta recensiti con un voto da zero a 5.

I nostri hanno conquistato il podio con una media di 4,72 grazie al gradimento della pizza seguita dal risotto, dalle tagliatelle al ragù alla bolognese e alla pasta alla carbonara. Non mancano i ravioli, gli gnocchi, e il tiramisù. La pizza è medaglia d’oro anche tra i prodotti più conosciuti del made in Italy, prima dell’espresso, degli spaghetti, della mozzarella e della lasagna. E ottiene il massimo del punteggio (5) nella classifica complessiva seguita dal risotto ai funghi porcini e dal Parmigiano Reggiano a pari merito con il pesto alla genovese, la nduja, la focaccia di Recco e il Prosciutto toscano.

Fin qui nulla da obiettare. Semmai tutto da celebrare. O quanto meno da comunicare. Così come ha fatto ieri, giorno di Santo Stefano il ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste Francesco Lollobrigida che ha applaudito al riconoscimento con un post su Facebook in cui ribadisce a gran voce: “Per noi questo primato è una certezza da sempre, ma non può che far piacere l’ennesima conferma di come i nostri piatti tradizionali siano considerati in tutto il Pianeta simbolo di altissima qualità. A livello internazionale il sistema Italia è una garanzia assoluta di eccellenza: questa è la consapevolezza con cui portiamo avanti la nostra azione di promozione del Made in Italy”. “Continuiamo a difendere e valorizzare questo nostro patrimonio nazionale!” conclude il ministro che qualche giorno fa aveva diffuso sui social anche il messaggio di Fratelli d’Italia in cui si invitava a comprare italiano in queste festività. Il primo a diffondere la classifica di TasteAtlas era stato il segretario generale della Farnesina, Ettore Sequi, che ha pubblicato la classifica sul suo profilo Twitter. Senza nessuna presentazione né commenti. Questi ultimi li hanno fatti diversi follower mettendo in discussione non tanto il primo posto quanto i seguenti. Per esempio quello della Grecia medaglia d’argento con a un punteggio di 4,69 a un passo dall’Italia. E il bronzo conquistato da Spagna in ex equo con il Giappone seguite da India e Messico. La Francia? Si deve accontentare del nono posto. I dubbi sollevati sono tanti. C’è chi domanda: “La cucina inglese davanti alla libanese? L’americana prima della francese? La rumena prima della georgiana e della thailandese? E l’Italia solo tre punticini sulla seconda, per di più greca?”. E chi incalza: “E quella del Qatar che nemmeno c’è? Scandaloso”. Si continua con le polemiche: “Grecia al secondo posto è inspiegabile”. Solo un commento è a favore del secondo posto: “La cucina greca è senza dubbio la migliore dopo quella italiana senza se e senza ma”. Ma avanza la critica alla cucina ellenica che avrebbe “poca varietà”. C’è chi incalza: “Direi che è molto ma molto più inspiegabile la Francia ex aequo con… (Stati Uniti e Perù, ndr) lasciamo perdere con chi perché mettere nella stessa frase “cucina” e quel posto fa prendere fuoco alla tomba di Marchesi”.

Non mancano le critiche ai piatti a stelle e strisce (insieme ai luoghi comuni): “Cosa definisce esattamente la cucina Usa? Ah…le fettuccine Alfredo!”.  E ci sono anche le spiegazioni del pari merito con la Francia: “… la cucina Usa è un misto di tante cucine, se vai in un ristorante americano medio spesso non sai cosa aspettarti e a volte rimani piacevolmente sorpreso, a differenza dei medi italiani dove si mangia magari molto bene ma  sempre le stesse cose”. A bilanciare il tutto ci pensa il patriottismo tricolore: “Se dividessimo la cucina italiana in regionale probabilmente faremmo la valanga gourmet!”.

E a proposito di cucina locale sempre secondo TasteAtlas i migliori ristoranti “dove provare la cucina italiana” sono a: Marostica “Osteria Madonnetta”, a Savigno (Bologna) “Amerigo dal 1934”, a San Michele del Carso (Gorizia) “Locanda Devetak 1870”, a Milano “Trattoria Trippa”, e a Cessole (Asti) “Ristorante Madonna della Neve”.

 

La classifica completa delle migliori cucine del mondo dal 1 al 50 posto

Italia 4.72
Grecia 4.69
Spagna 4.59
Giappone 4.59
India 4.54
Messico 4.53
Turchia 4.52
Stati Uniti 4.51
Francia 4.51
Perù 4.51
Cina 4.49
Brasile 4.49
Portogallo 4.47
Polonia 4.44
Germania 4.37
Indonesia 4.37
Croazia 4.33
Argentina 4.33
Corea del Sud 4.31
Vietnam 4.31
Ungheria 4.26
Romania 4.25
Filippine 4.25
Iran 4.23
Serbia 4.23
Georgia 4.23
Repubblica Ceca 4.21
Bulgaria 4.20
Inghilterra 4.18
Thailandia 4.16
Belgio 4.14
Olanda 4.10
Austria 4.09
Algeria 4.07
Danimarca 4.05
Sud Africa 4.03
Siria 4.03
Bosnia Erzegovina 3.99
Malesia 3.99
Libano 3.99
Ucraina 3.98
Palestina 3.98
Bangladesh 3.97
Lituania 3.96
Taiwan 3.96
Paraguay 3.96
Pakistan 3.96
Tunisia 3.95
Uruguay 3.95
Repubblica Slovacca 3.94

Luisa Mosello (pubblicato da Il Secolo XIX il 27/12/2022)

Fonte: La cucina italiana è la migliore al mondo – Il Secolo XIX

Pace tra i popoli e il nostro popolo: questo l’auspicio per il Natale e il nuovo anno

Da quando la guerra è tornata prepotentemente nel cuore dell’Europa, con la forza di un dramma che ci ha ricordato gli orrori della seconda guerra mondiale, il mondo vive con il fiato sospeso per l’incubo di un possibile conflitto nucleare. Per la mia generazione, nata pochi decenni dopo la “grande guerra”, si tratta probabilmente del primo Natale segnato da questa “grande paura”.Ed è proprio questo il primo grande augurio che voglio rivolgere tramite la mia newsletter a tutti gli amici che da anni mi seguono con affetto e stima: che il Natale del 2022 possa fare riflettere ciascuno di noi, ma soprattutto i governanti del pianeta, sul valore incommensurabile della pace.Una pace da ricercare con tutti gli sforzi possibili e necessari; una pace fondata sulla giustizia e quindi sulla condanna di qualsiasi aggressione alla sovranità delle nazioni. Ma la pace non riguarda soltanto la convivenza tra i popoli; la pacificazione va ricercata innanzitutto all’interno delle relazioni tra coloro che appartengono ad un unico popolo.Abbiamo denunciato più volte la pericolosa deriva di una politica che soffia sul fuoco delle divisioni e dell’intolleranza, non rispettando l’avversario e in alcuni casi nemmeno l’esito delle consultazioni libere e democratiche. La democrazia, invece, si fonda proprio sul reciproco rispetto e soprattutto sul comune rispetto delle regole e della Costituzione.Ed è quindi questo il secondo augurio che rivolgo ai miei concittadini che in Italia e fuori dai confini nazionali hanno a cuore la sorte del nostro Paese come anche quella delle nazioni dove sono nati o hanno scelto di vivere. Se il 2022 è stato l’anno della guerra in Ucraina e della competizione elettorale in Italia, il 2023 dovrà essere l’anno della pace in Europa e nel mondo e quello dove la politica torni ad essere l’arte del buon governo, dove il necessario (per quanto a volte aspro) confronto tra maggioranza e opposizione deve essere orientato da una condivisa aspirazione al bene comune. Non comprendere questi semplici fondamenti equivale a contrariare le stesse basi di qualsiasi Stato democratico.
C’è infine un terzo auspicio che non posso non rivolgere ai miei lettori; un augurio che rivolgo loro in ragione del mio importante mandato e della grande responsabilità che proprio quest’anno sono tornato ad assumere, prima al Senato della Repubblica e poi alla Camera dei Deputati. Mi riferisco all’attenzione che l’Italia e le sue istituzioni dovranno rivolgere alle nostre grandi collettività all’estero, orgoglio di un Paese che anche grazie al sacrificio e al successo dei suoi emigrati è diventato una nazione forte e rispettata ovunque nel mondo.Non si tratta soltanto di un dovere da rispettare e nemmeno di un debito da onorare: investire in programmi e iniziative a favore della comunità degli italiani all’estero, infatti, vuole dire anzitutto aiutare la proiezione internazionale dell’Italia nel mondo sostenendo la sua crescita e il suo sviluppo. Una crescita ed uno sviluppo alla quale gli italiani e i loro milioni di discendenti in Sudamerica e nel mondo possono dare un contributo vero, diversificato e innovativo.Lo possono fare con il turismo, le relazioni commerciali, la promozione della lingua e della nostra cultura, il rafforzamento di vincoli istituzionali con Paesi e aree del mondo dove i nostri immigrati sono diventati a pieno titolo parte integrante e spesso “eccellenze” in tutte le aree e i settori della società.
Tre semplici auspici, tre motivi di augurio che mi sembrava bello condividere con voi e le vostre famiglie.

Un po’ di Imperia ai Mondiali 2022, il papà dell’inventore della bandiera argentina è di Costa D’Oneglia

I Mondiali 2022 sono stati appena vinti dall’Argentina e possiamo dire che questo Stato è in stretto contatto con una frazione del territorio imperiese, Costa D’Oneglia. Qui, da questa collina tra gli uliveti, posizionata alle spalle di Oneglia, nel 1750 Domenico Belgrano, grande commerciante d’olio, partì per fare fortuna in Argentina. Domenico è il padre del creatore della bandiera argentina.

È nel 1770 che nacque uno degli undici figli di Domenico Belgrano, Manuel, che diventò con il tempo il padre della bandiera argentina promuovendo la sua indipendenza e la sua costituzione. Inventò la bandiera bianca e azzurra a Rosario, città che dal 1987 è gemellata con Costa d’Oneglia.

«Siamo tutti in festa grazie alla vittoria della nazionale Argentina – afferma Giuseppe Cassini, presidente del Circolo Manuel Belgrano – siamo molto contenti che Lionel Messi sia riuscito finalmente ad avere l’onore che gli spetta e pensavamo appunto il prossimo anno, durante la festa della bandiera argentina, di ricordare questo evento; appunto la bellissima vittoria ai Mondiali. Possiamo quindi dire che nel 2023 qui a Costa ci sarà ancora più festa rispetto agli anni passati».

Ogni anno Costa D’Oneglia festeggia la bandiera argentina e il suo creatore, ogni estate una corona d’alloro è deposta davanti al monumento dedicato a Manuel Belgrano, a sancire l’unione tra Italia e Argentina, tra Imperia, Costa D’Oneglia e Rosario.

Ogni estate una grande festa lega in modo indissolubile gli argentini e gli abitanti di Imperia e il suo entroterra. Il 2023 ovviamente la festa sarà ancora più grande, più sentita perché gli argentini sono i nuovi campioni del mondo.

Francesco Basso (publicato su Il Secolo XIX il 19/12/2022)

Fonte: Un po’ di Imperia ai Mondiali 2022, il papà dell’inventore della bandiera argentina è di Costa D’Oneglia – Il Secolo XIX

Il servizio civile è uno strumento di pace da rilanciare a 50 anni della sua istituzione

L’On. Fabio Porta è intervenuto nell’Aula di Montecitorio per ricordare i 50 anni della legge 772, la prima a riconoscere l’obiezione di coscienza e ad istituire il servizio civile che promuove la difesa non violenta e la solidarietà.
 
Il parlamentare del Pd ha rievocato le lotte non-violente di giovani obiettori di coscienza, ma anche il contributo determinante per l’affermazione del metodo della nonviolenza di personaggi come don Primo Mazzolari, Aldo Capitini, Ernesto Balduddi, Giorgio La Pira e – soprattutto – don Lorenzo Milani che fu condannato pochi giorni prima della sua prematura morte per il suo coraggioso testo “L’obbedienza non è più una virtù”. 
 
“Il servizio civile – ha ricordato l’on. Porta – ha permesso a migliaia di giovani, tra i quali il sottoscritto, di vivere in Italia o all’estero una straordinaria esperienza di solidarietà. Oggi, invece di parlare di una anacronistica ‘mini-naja’, dovremmo rilanciare questo importante strumento di democrazia. Un segnale di pace di cui l’Italia e il mondo avrebbero bisogno più che mai” – ha rimarcato Fabio Porta a conclusione del suo intervento.

On. Fabio Porta

Lavoro all’estero senza iscrizione AIRE: in arrivo gli avvisi del fisco italiano

Sono migliaia le lettere inviate in questi giorni dall’Agenzia delle Entrate ai cittadini italiani (all’estero e in Italia) i quali hanno lavorato all’estero ma risultano fiscalmente residenti in Italia (anche perché non si sono iscritti all’Aire) e non hanno dichiarato (come prevede la legge italiana), in tutto o in parte, i redditi conseguiti all’estero. La notizia è stata data dall’Agenzia delle Entrate con il recente Provvedimento n. 439255.

Le comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate intendono promuovere un adempimento spontaneo da parte dei contribuenti fiscalmente residenti in Italia che così potranno regolarizzare l’errore o l’omissione della e nella dichiarazione dei redditi italiana e beneficiare quindi della riduzione delle sanzioni previste per le violazioni compiute. Infatti i contribuenti che hanno ricevuto o riceveranno l’avviso di accertamento potranno regolarizzare la propria posizione presentando una dichiarazione dei redditi integrativa e versando le maggiori imposte dovute, unitamente agli interessi, nonché alle sanzioni in misura ridotta, secondo le modalità previste dalla legge (art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472).

Giova ricordare che in virtù del principio adottato nel diritto tributario interno dallo Stato e dall’amministrazione finanziaria italiani definito “Word Wide Taxation” o tassazione mondiale, i redditi del cittadino residente fiscalmente in Italia sono soggetti a tassazione diretta dal fisco italiano indipendentemente dal luogo ove tali redditi sono stati prodotti, anche se su tali redditi sono già state pagate le imposte nel Paese estero di produzione del reddito (per evitare tuttavia la doppia tassazione è previsto dalla normativa tributaria italiana la possibilità del credito di imposta).

Ma come fa l’Agenzia delle Entrate a sapere che un contribuente italiano ha lavorato e conseguito un reddito all’estero? Bisogna risalire all’art. 8, paragrafo 1, della Direttiva del Consiglio 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale che dispone che gli Stati membri devono trasmettere, per i periodi d’imposta dal 1° gennaio 2014, le informazioni riguardanti i residenti negli altri Stati membri in relazione, tra l’altro, ai redditi di lavoro dipendente e pensione dagli stessi percepiti.

Le comunicazioni (avvisi di accertamento) ai contribuenti vengono inviate quando l’Agenzia delle Entrate rileva nella documentazione in suo possesso delle anomalie fiscali. A fronte della comunicazione ricevuta il contribuente potrà presentare una dichiarazione dei redditi integrativa e beneficiare delle sanzioni in misura ridotta, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso.

E’ bene precisare inoltre che nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate succitato sono altresì indicate le modalità con le quali i contribuenti possono richiedere informazioni o comunicare all’Agenzia delle entrate eventuali elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti.

Per ragioni di spazio rimandiamo ad una analisi più approfondita il problema della doppia tassazione non compensata dal credito di imposta che rappresenta ancora un’aberrazione giuridica e fiscale prevista dal TUIR ai danni del contribuente residente fiscalmente in Italia che lavora e paga le tasse all’estero ma omette di dichiarare al fisco italiano i redditi conseguiti all’estero.

On. Fabio Porta

Pablo Abbatangelo nominato nuovo Presidente della “República de La Boca”

Ruben Granara Insua è stato presidente della III “República de La Boca” e del Museo Historico de La Boca dal 1986 fino alla sua scomparsa. Uomo dotato di un carisma straordinario non passava inosservato ed ha lasciato un segno profondo in tutti coloro che l’hanno conosciuto.

Purtroppo è mancato lo scorso maggio, il 19 novembre, alle 10,30, nel Museo Historico de La Boca, in Av. Almirante Brown all’angolo con via Lamadrid, si è realizzata la cerimonia di assunzione delle nuove autorità della “República de La Boca”. Si sono consegnati gli attributi di comando: bastone, fascia e collana dell’Ordine Supremo al nuovo Presidente Pablo Abbátangelo. Nel corso della manifestazione sono stati consegnate nomine di gentildonne e gentiluomini a varie persone che avevano collaborato attivamente con Granara Insua. Tra loro Adriana Rosemberg, direttrice della Fondazione PROA e cittadina illustre de La Boca. E’stato anche comunicato che il Museo è stato dedicato al suo anteriore presidente. Ora si chiama Museo Historico de La Boca Granara Insua.

La prima “República de La Boca, è stata fondata nel 1907, la seconda nel 1923, tra i suoi membri c’erano il pittore Benito Quinquela Martín, nominato Grande Ammiraglio della Terra e del Mare, e Juan de Dios Filiberto. La terza è nata nel 1986. Martin Scotto è presidente del Museo.

Edda Cinarelli

Fabio Porta sui diritti negati: bilancio, pensioni e italiani all’estero

Anche in questa Legge di Bilancio 2023, come solitamente accade in tutte le Leggi di Bilancio (con alcune rare eccezioni), in materia pensionistica non ci sono provvedimenti espliciti e diretti per gli italiani all’estero.  Tuttavia alcune delle disposizioni previste nel testo che sarà ora discusso in Parlamento incideranno sui diritti dei nostri connazionali residenti all’estero.

In questo comunicato mi è sembrato utile esaminare alcune nuove misure che sollevano interrogativi e perplessità in materia di diritti previdenziali ed esigibilità degli stessi per gli italiani all’estero.

QUOTA 103: la legge di bilancio per il 2023 non rinnova Quota 102 (che però rimane in vigore per chi ha maturato i requisiti nei tempi previsti)i ed introduce invece Quota 103 e cioè la pensione anticipata, che si può ottenere quindi prima del compimento dei 67 anni di età previsti dalla pensione di vecchiaia, a patto che si faccia valere un requisito anagrafico di almeno 62 anni e un requisito contributivo di almeno 41 anni di contributi. Il requisito contributivo di 41 anni – in virtù di quanto stabilito dalle convenzioni internazionali di sicurezza sociale stipulate dall’Italia – è perfezionabile anche tramite il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati in Italia e all’estero. Quindi se un nostro connazionale ha versato, per esempio, 10 anni di contributi in Italia e 31 anni all’estero ed ha compiuto i 62 anni di età, potrà richiedere e ottenere un pro-rata di pensione italiano calcolato sugli anni versati in Italia (a prescindere dal fatto che sia già pensionabile o meno nel Paese di residenza). Non sono previste penalizzazioni sul sistema di calcolo della pensione e sono confermate le regole applicate finora a Quota 100-102, ossia le finestre mobili di uscita pari a 3 mesi nel settore privato e 6 mesi nel settore pubblico.

Problemi e confusione potrebbero però affiorare per gli italiani residenti all’estero interessati a questa nuova pensione anticipata: innanzitutto perché è previsto dalla legge una limitazione sull’importo massimo dell’assegno che si può percepire che non deve essere superiore a cinque volte la pensione minima: non è ancora chiaro se nel calcolo di questo vincolo sulla misura del trattamento fruibile sarà computabile anche l’eventuale pro-rata estero (chiederemo quindi chiarimenti al Governo); in secondo luogo perché per aver diritto al trattamento anticipato è necessaria la formale cessazione del lavoro  ma visto che all’estero l’età pensionabile del Paese di residenza potrebbe essere posticipata rispetto a quella italiana e gli interessati sarebbero quindi costretti a continuare a lavorare all’estero, la nuova pensione anticipata italiana non verrebbe concessa anche se fossero perfezionati i requisiti contributivi ed anagrafici. Un bel pasticcio.

Sarebbe quindi necessario che per i residenti all’estero il diritto a pensione anticipata non fosse vincolato alla cessazione del rapporto di lavoro.

Altro peggioramento per gli italiani all’estero (in questo caso le italiane) rispetto alla situazione attuale è previsto dalle modifiche al Sistema “Opzione donna” che risulta stravolto dalle Legge di Bilancio per il 2023.

Infatti “Opzione donna”, e cioè la possibilità per le donne di uscire anticipatamente con il ricalcolo contributivo dell’assegno – perfezionabile con il cumulo dei contributi versati in Italia e all’estero –  viene prorogata di un anno per il 2023, per chi fa valere 60 anni di età e 35 di contributi, ma non più per tutte come avveniva finora: viene infatti limitata alle donne che assistono parenti stretti con handicap, o che abbiano una invalidità civile superiore al 74%,  o alle lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese in crisi. Tutti requisiti praticamente quasi impossibili da documentare per chi risiede all’estero per ovvii motivi logistici e amministrativi. Una bella fregatura per le nostre connazionali aventi teorico diritto.

E’ stata inoltre prorogata di un anno l’Ape sociale, l’anticipo pensionistico (a 63 anni con 30-36 anni di contributi) per i lavoratori in particolari situazioni di difficoltà (disoccupati, disabili, caregivers, addetti a lavori gravosi, etc.), prestazione che tuttavia non è erogabile od esportabile all’estero e che continua ad essere negata anche agli emigrati che sono rientrati in Italia e che hanno i requisiti richiesti ma sono titolari di una pensione estera.

Infine vale la pena sottolineare l’assoluta irrilevanza dell’aumento dell’integrazione al trattamento minimo sulle pensioni (che ad alcune condizioni viene pagata anche all’estero nei Paesi extracomunitari) a fronte delle altisonanti promesse pre-elettorali da parte dei partiti dell’attuale Governo (si ricorderà che il leader di Forza Italia ne aveva promesso l’innalzamento a 1.000 euro), aumento che sarà invece contenuto in poche decine di euro sicuramente insufficienti per migliorare le difficili situazioni economiche  di milioni di pensionati italiani in Italia e all’estero.

ENEL annuncia un piano di dismissione dei propri asset strategici in Argentina

Nel quadro della presentazione del piano strategico triennale di ENEL, avvenuta martedì 22 novembre, l’Amministratore delegato Francesco Starace ha annunciato un riposizionamento della strategia del gruppo che si focalizzerà sull’area delle rinnovabili, abbandonando le fonti di energia fossili, con un collaterale effetto/target di riduzione dell’esposizione debitoria. Da questa strategia deriverà la progressiva uscita da Paesi in cui il percorso di transizione energetica è ancora in forte ritardo o dove la redditività dell’investimento è contenuta se non negativa, quindi dall’Argentina (oltre che Peru e Romania in base a quanto annunciato).

La decisione era stata anticipata da ENEL Argentina non senza una certa sorpresa tenendo conto che, in un orizzonte temporale di medio periodo, il prevedibile cambio di Governo dopo le elezioni potrebbe modificare lo scenario delle politiche economiche del Paese.

La dismissione degli asset strategici di ENEL in Argentina, che oltre a EDESUR (seconda azienda distributrice di energia elettrica del Paese) comprendono le concessioni delle centrali termiche Costanera e Dock Sud, della centrale idroelettrica El Chocon e una estesa rete di trasmissione, dovrebbe realizzarsi secondo quanto anticipato entro la fine del prossimo anno e non ha mancato di generare un forte dibattito sulle principali testate giornalistiche del Paese (tra le altre, La Nacion, Infobae, El Economista, Forbes Argentina).

La decisione di lasciare il Paese, anche se chiaramente determinata dalla nuova strategia mondiale del gruppo e dalla necessità di consolidare le finanze di ENEL, è stata, come prevedibile, imputata da questi media alle difficoltà che le imprese straniere si trovano a dover affrontare nel delicato contesto politico, economico e finanziario che da sempre caratterizza l’Argentina ed è stata presentata come l’ennesimo abbandono del mercato argentino da parte di una multinazionale (recentemente hanno già trasferito fuori da Paese le proprie attività Falabella, Latam Argentina, Walmart e Alicorp).

Nel caso di specie, i giornalisti del settore hanno evidenziato la (pur vera) bassa redditività di ENEL-Edesur dovuta alle politiche energetiche adottate negli ultimi anni in Argentina che, attraverso il congelamento delle tariffe e le politiche di sussidio pubblico (con l’obiettivo di sostenere i consumatori e contenere l’inflazione), hanno progressivamente eroso il margine che il mercato riconosce alle imprese di distribuzione limitandone, al contempo, la capacità di effettuare nuovi investimenti sulle infrastrutture di sistema e sulla rete di distribuzione. Basti pensare che nell’ultimo anno per le attività di distruzione dell’energia elettrica nell’area metropolitana di Buenos Aires è stato riconosciuto ad EDESUR un incremento tariffario del solo 8%, a fronte di un livello di inflazione che in Argentina sfiora il 100% su base annua.

Quanto ai tempi, ENEL intende disfarsi quanto prima delle due centrali termoelettriche (la preparazione della vendita era di fatto già in atto da alcuni mesi): una verrebbe venduta entro la fine di quest’anno, la seconda entro febbraio dell’anno prossimo. Per quanto riguarda EDESUR, il processo di vendita potrebbe iniziare a marzo del prossimo anno, per concludersi, se tutto va bene e se ENEL dovesse ricevere offerte interessanti (la qual cosa non è affatto scontata considerato il difficile contesto attuale), entro il dicembre del 2023. Per quanto riguarda la centrale idroelettrica di Chocon, va sottolineato come ENEL, peraltro sostenuta da questa Ambasciata, avesse dato la sua disponibilità al Governo argentino a prorogare la relativa concessione (in scadenza naturale ad agosto del 2023). Questo nell’ottica di garantire la continuità dell’operatività della centrale, considerato che ad agosto del prossimo anno si terranno le PASO (le primarie generali ed obbligatorie delle prossime elezioni politiche, che verosimilmente segneranno un cambio di governo). L’offerta continua a restare valida, anche se anche in tal caso ENEL provvederebbe successivamente ad una cessione della concessione.

Come accennato, la tempistica dell’annuncio di uscita da questo mercato, ovviamente legata all’adozione del più generale piano strategico di ENEL, non è aderente alla metrica della vita politica e economica di questo Paese. Tuttavia, da tempo filtravano sulla stampa notizie sull’interesse di ENEL a vendere EDESUR, notizie verosimilmente “pilotate” da settori imprenditoriali interessati all’acquisto dell’azienda (asseritamente vicini all’ala di Cristina Kirchner, area cui appartengono sindaci e politici della regione di Buenos Aires da sempre critici per la gestione di EDESUR e schierati anche a favore di una nazionalizzazione) forse con l’intento di comprimere il valore della stessa, in maniera analoga a quanto era avvenuto recentemente per la vendita dell’impresa distributrice EDENOR.

Al di là del clamore suscitato dalla notizia nella stampa argentina, con l’inevitabile rincorsa tra spinte “sensazionalistiche” e interpretazioni in chiave politica, non va evidentemente sottaciuto l’effetto sia sull’immagine dell’Italia in Argentina sia sull’efficacia delle scelte politiche dell’attuale Governo di Buenos Aires. Da quest’ultimo punto di vista, non sfugge come le richieste “ragionevoli” degli investitori internazionali spesso rimangano senza risposte concrete, al di là di generiche o poco utili manifestazioni di comprensione e simpatia. Nel caso di Enel, sia la richiesta di adeguamento tariffario per Edesur sia il tentativo di definire con un logico anticipo il destino della concessione di idroelettrica di Chocon, pur nella loro ragionevolezza, non hanno ottenuto riscontri concreti.

Tuttavia, per quanto logicamente inevitabile, la decisione di ENEL plasticamente fa emergere delle prime crepe nella (percepita) resilienza del sistema imprenditoriale italiano in questo Paese. Un sistema imprenditoriale che, tra alti e (recentemente molti) bassi dell’economia argentina, era riuscito a superare crisi severe di questo mercato, inclusa quella pandemica. Come è stato commentato, “se anche gli italiani se ne vanno ad un anno dalle elezioni la situazione per le imprese europee deve essere molto complessa”. Per quanto sia vero, non va nascosto come ci siano altri paesi che proprio in questa fase scommettono su un possibile cambio dell’Argentina e questa differenza di percezione potrebbe alla fine avere un peso anche per altri dossier (Candidatura di Expo 2030 in primis).

Argentina: verso il primo museo dell’italianità nel mondo

I membri del Comitato Italiani all’Estero (ComItEs) di Buenos Aires hanno partecipato ad una riunione con l’Ambasciatore d’Italia in Argentina Fabrizio Lucentini, e il direttore del Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana di Genova, Pierangelo Campodonico, per discutere la fondazione del primo museo dell’immigrazione italiana nel mondo. “Il progetto sorge dalla collettività italiana organizzata intorno alla Federazione di Entità Italiane di Buenos Aires e il ComItEs locale, quando si decise il polemico trasferimento del monumento di Cristoforo Colombo dal centro di Buenos Aires”, ci spiega Dario Signorini, presidente del ComItEs di Buenos Aires. Nel 2013, spinto da un forte impulso revisionista del passato coloniale in America Latina, il governo argentino decise di rimuovere il monumento dedicato al navigatore genovese dalle adiacenze della casa di governo per sostituirlo con quello dell’eroina indigena dell’indipendenza, Juana Azurduy. La comunità italiana, che a inizio del XX secolo promosse la sua realizzazione, si oppose con forza alla decisione, ma la statua fu ricollocata nei pressi dell’aeroporto Jorge Newbery, nel parco sorto sulle sponde del Rio de La Plata. “Noi ci siamo impegnati a trarre una spinta positiva da quell’episodio, e abbiamo cominciato a lavorare al progetto di un Museo dell’italianità. L’idea era unificare la collettività, ma anche che le nuove generazioni conoscano il patrimonio che gli italiani hanno costruito nel mondo, e specialmente in Argentina, la loro presenza a forza di lavoro. Quell’impronta legata all’ingegno, il coraggio e i valori che in fin dei conti hanno sviluppato questo paese. Sarà il primo museo di questo tipo fuori dall’Italia”.

Il progetto è praticamente già pronto. Lo porta avanti l’architetto Augusto Vettore, che pretende di ampliare lo spazio dedicato al monumento a Colombo per costruire un polo culturale interamente dedicato alla storia e attualità della comunità italiana in Argentina. Una proposta in consonanza con quella del governo della capitale, che prevede trasformare il lido in un grande spazio della cultura e della gioventù. “È un’idea integrale. La riunione all’Ambasciata ha alimentato il nostro entusiasmo. Il progetto prevede un museo interattivo, su esempio del museo dell’emigrazione di Genova inaugurato tre mesi fa con una tecnologia di altissimo livello”. A fare da contatto tra la comunità italiana locale e le autorità del museo di Genova è stato lo chef Pietro Sorba, genovese radicato nella capitale argentina e vero e proprio ambasciatore della cultura ligure in Sudamerica. “Abbiamo bisogno dell’appoggio di molti attori per realizzare questo nostro sogno”, ha sottolineato Signorini in merito al piano di finanziamento che stanno preparando per lanciare la messa in moto del progetto. “L’idea poi che sorgano diversi musei dell’italianità nel mondo mi sembra sia un’occasione da non perdere. E che l’Argentina sia il primo paese in cui si porti avanti ci riempie di orgoglio”.

Fonte: 9Colonne | Argentina: verso il primo museo dell’italianità nel mondo

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