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April 2022

Comunicato stampa di Fabio Porta: “Soledarietà” a “Gente d’Italia”, oggetto di una volgare e grossolana campagna di denigrazione e censura con il chiaro obiettivo di chiudere il giornale!”

“La misura è colma: dopo uno stillicidio di accuse, insinuazioni, minacce e attacchi hacker, la maggioranza del Comites dell’Uruguay (a quanto pare con la condiscendenza del nostro Ambasciatore) ha deciso che l’unico quotidiano italiano ancora in vita in Sudamerica deve cessare di esistere.  

Sì, avete letto bene; “Gente d’Italia”, quotidiano stampato in Uruguay da venti anni, diretto da un giornalista professionista e supportato da una redazione competente e qualificata, sarà probabilmente costretta a interrompere le pubblicazioni.   Non lo hanno deciso i lettori e nemmeno i tanti sostenitori e ammiratori di questo coraggioso strumento di informazione, tra i quali spicca il nome del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che pochi anni fa volle rendere un plateale omaggio al suo Direttore consegnandogli presso la “Casa d’Italia” di Montevideo una targa come segno di gratitudine e riconoscenza per il lavoro svolto a favore dell’informazione italiana nel mondo.  

A deciderlo sarebbe stato il Presidente del Comites dell’Uruguay e Consigliere del CGIE Aldo La Morte (mi scuso se probabilmente oggi l’interessato ricopre soltanto una di queste cariche, ma a furia di accumulare incarichi e incompatibilità, compreso quello di senatore supplente in Uruguay, è possibile che anche anche io abbia fatto un po’ di confusione…).   

Secondo le legge istitutiva, i Comites dovrebbero esprimere infatti un parere obbligatorio e non vincolante sulle testate italiane pubblicate all’estero; il parere dovrebbe limitarsi ad attestare l’esistenza della pubblicazione e la sua diffusione all’interno della collettività italiane, escludendo – ovviamente, se non altro per rispetto all’art. 21 della Costituzione italiana – qualsiasi forma di censura sulla “linea editoriale” degli organi di informazione oggetto del parere.  

E quando ciò dovesse avvenire (quando, cioè, il parere del Comites o meglio di una maggioranza di esso, andasse al di là delle prerogative di questo organo e di quanto previsto dalla legge) il minimo che ci si aspetterebbe dalle autorità diplomatico-consolari preposte a trasmetterlo in Italia sarebbe quello di ripristinare la correttezza e la legalità o al limite (anche se ciò potrebbe apparire omissivo) di inoltrare tale parere “illegale” (o meglio “ultroneo” rispetto a quanto previsto dalla legge) senza aggiungere alcun commento.   

Sarebbe gravissimo se, come denunciato dalla redazione di “Gente d’Italia”, l’Ambasciatore d’Italia in Uruguay avesse addirittura fatto proprio quel parere, aggiungendo alla censura di La Morte e dei suoi proseliti la sua voce censoria nei confronti di una libera voce di informazione.   

Non credo sia necessario aggiungere altro, se non lo sconcerto per quanto sta accadendo, la solidarietà per Direttore e redattori del giornale e la speranza che il Ministro degli Affari Esteri risponda con urgenza alle due interrogazioni parlamentari che ho presentato le scorse settimane relativamente alle gravi e ripetute irregolarità operate dal Comites dell’Uruguay. 

200 anni fa nasceva la “madre dei brasiliani”, Teresa Cristina di Borbone: da Napoli ai tropici

Dieci anni fa, nel 2012, fu un professore italiano (docente presso l’Università Federale di Rio de Janeiro) a fare giustizia di una lunga e grave amnesia di carattere storico-culturale; dobbiamo infatti a Nello Avella, prematuramente scomparso a causa di una grave malattia, la prima biografia articolata su questa donna che nel 1843 partì da Napoli alla volta di Rio de Janeiro per il matrimonio con l’imperatore Don Pedro II.

Teresa Cristina di Borbone, che da imperatrice del Brasile si meritò il titolo affettuoso e riconoscente di “madre dei brasiliani”, è in realtà anche la “madre dell’Italia in Brasile”; sì, perché è grazie a lei che le varie manifestazioni dell’influenza italiana in Brasile iniziarono a prendere corpo in maniera “sistemica”, così come ci racconta il bel libro di Avella. Nel periodo 1843-1889, dall’arrivo a Rio fino alla sua morte in esilio, si formò infatti il primo nucleo della grande colonia italo-brasiliana sviluppatasi poi con le migrazioni di fine Ottocento e dell’inizio del secolo scorso.

Di particolare rilievo, nel processo di integrazione tra il nostro Paese e il Brasile, fu l’attività archeologica fatta svolgere dall’imperatrice in terreni di sua proprietà in Italia; dagli scavi eseguiti nella zona di Veio provengono i numerosi reperti etruschi oggi esposti nel Museu Nacional di Rio de Janeiro, insieme alla splendida collezione d’arte pompeiana che faceva parte della sua dote nuziale.Il nome dell’imperatrice inoltre è rimasto legato alla “Collezione Teresa Cristina”, una ricchissima raccolta di incunaboli, libri rari e opere d’arte di importanti autori italiani, donata al Brasile da D. Pedro II dopo la morte della moglie. Questa collezione, insieme ai reperti del Museu Nacional e agli oggetti esposti al Museu Imperial di Petrópolis, costituisce oggi uno dei maggiori giacimenti culturali italiani fuori dai confini nazionali.

A ricordare e a rendere in qualche modo popolare la memoria di Teresa Cristina hanno contribuito alcune iniziative in Italia e Brasile in occasione delle commemorazioni per i duecento anni dalla sua nascita.    La maggiore rete televisiva brasiliana, la Globo, non poteva mancare a questo appello dedicando proprio all’imperatrice napoletana una telenovela nell’orario di massimo ascolto di questo tipo di fiction televisive; “Nos tempos do imperador”, questo il titolo della ‘novela’, è stata costruita intorno alla figura di Teresa Cristina, interpretata dalla bravissima attrice italo-brasiliana Leticia Sabbatella.   Un’altra amica, nonché una eccellente storiografa italiana da anni innamorata del Brasile e delle sue tradizioni storiche e culturali, Antonella Roscilli, ha contribuito alla realizzazione della produzione televisivo-cinematografica supportando la Globo (e in particolare l’interpretazione della Sabbatella) con i suoi preziosi consigli e orientamenti di carattere storico e letterario.

Anche l’Italia ha fatto la sua parte, con diverse iniziative e manifestazioni.   Voglio qui ricordarne soltanto una, la bella mostra fotografica allestita preso la “Sala Portinari” dell’Ambasciata del Brasile a Roma, nella splendida cornice di Piazza Navona.   Nella presentazione dei curatori della mostra, ricca di immagini inedite dell’imperatrice relative al periodo della sua partenza e agli anni di vita in Brasile, fino alla sua morte nel 1889, si evidenzia come Teresa Cristina  “da un lato si impegnò a trasformare Rio de Janeiro in una “Repubblica italiana delle arti”, incoraggiando diversi artisti italiani a venire in Brasile; dall’altra, parallelamente, promosse l’Italia come meta di studio per gli artisti brasiliani”.   Una vera antesignana della grande e bellissima storia di amicizia tra i nostri due popoli; una strada, quella intrapresa dalla “madre dei brasiliani” che dovremmo provare a riprendere e percorrere con altrettanto entusiasmo e determinazione, proprio oggi che il mondo necessita come non mai di bellezza e cultura, integrazione e multiculturalità.

Fabio Porta

Addio mascherine al chiuso e Green Pass, cosa cambia per l’obbligo vaccinale: le nuove regole Covid dall’1 maggio

Dopo il primo step, quello dell’1 aprile con un primo allentamento delle misure anti Covid, l’Italia si appresta a passare ad una sorta di “liberi tutti” a partire dall’1 maggio. Le novità sono diverse e riguarderanno tre aspetti in particolare: l’uso delle mascherine al chiuso, l’eliminazione del Green Pass e le decisioni sull’obbligo vaccinale per over 50 e determinate categorie professionali. Vediamo, voce per voce, quali sono le novità più importanti.

Le mascherine al chiuso

Le nuove regole relative alle misure di protezione dal Covid-19 fissano nella giornata del 30 aprile l’ultimo passaggio. Dall’1 maggio, infatti, scade l’obbligo di utilizzo delle mascherine nei luoghi al chiuso e, come prevede l’ultimo decreto del 24 marzo, anche nel corso di alcuni eventi all’aperto: concerti, spettacoli teatrali, stadi, cinema. Il ministro della Salute Roberto Speranza predica attenzione e senso di responsabilità: «Il virus circola ancora, bisogna stare attenti. Ci sono più di un milione di persone ancora infette». Ma la direzione del governo sembra ormai tracciata. Dal primo maggio, infatti, ci sarà lo stop all’obbligo di mascherine al chiuso, con alcune possibili eccezioni come i mezzi di trasporto pubblici. Lo ha annunciato il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, a RaiNews 24. «Credo che gli italiani in questi 2 anni hanno maturato una consapevolezza diversa rispetto al Covid – ha spiegato -. Quindi, relativo alla mascherina nei luoghi chiusi sono convinto che passare da un obbligo a una raccomandazione possa essere assolutamente la scelta giusta. Con la riflessione magari di mantenerla in alcuni luoghi». Quali? I mezzi di trasporto pubblici dove, ad esempio, è più facile trovare affollamenti. Sempre Costa sul decreto ha precisato che «così come è scritto e così come lo stiamo convertendo alla Camera di fatto toglie l’obbligo delle mascherine al chiuso per tutti». L’uso della mascherina comunque è entrato nelle abitudini quiotidiane degli italiani: non è escluso che, così come avviene all’aperto (dove l’obbligo non c’è più), anche al chiuso saranno in tanti ad utilizzarle nonostante non saranno più un obbligo.

Green Pass

Stop all certificato verde, sia rafforzato che semplice. Addio Green Pass, dunque, per accedere ai luoghi di lacvoro e in qualcunque altro edificio. L’unica restizione, dove quindi sarà necessario esibirlo, sono gli ospedali e le Rsa (case di riposo, ospizi, strutture per anziani ecc.). Il Green Pass resta comunque: non sarà più richiesto ma, in caso di aumento di contagi o situazioni in cui l’epidemia dovesse riprendere a correre, questa soluzione verrà ripristinata. Almeno, queste sarebbero le intenzioni del governo.

Obbligo vaccini

L’obnbligo vaccinale per determinate categorie professionali e per gli over 50 resterà fino al 15 giugno. Riguarderà il personale scolastico e universitario (docenti, presidi e personale Ata) e chi fa parte delle forze dell’ordine (Polizia, Carabinieri, Vigili del fuoco, Esercito, Marina, Aeronautica e Vigili del Fuoco). Obbligo di vaccinazione, dunque e “booster”: il rischio è una sanzione di 100 euro. Per chi non si vaccina, a partire dall’1 aprile sappiamo che non c’è più la sospensione: basta, per lavorare il green pass base (con un tampone che vale 48 ore).

Obbligo di vaccino fino al 31 dicembre 2022

L’obbligo di vaccino è invece esteso fino al 31 dicembre 2022 per il personale sanitario (medici e infermieri) e i lavoratori di strutture ospedaliere e Rsa. Per loro, in assenza di vaccino, scatta la sospensione dal lavoro.

Giampiero Maggio (pubblicato da Il Secolo XIX il 20/04/2022)

Fonte: Addio mascherine al chiuso e Green Pass, cosa cambia per l’obbligo vaccinale: le nuove regole Covid dall’1 maggio – Il Secolo XIX

Porta (PD) interviene in Senato sul decreto Ucraina: “Solidarietà e fermezza per porre fine al conflitto”

Intervenendo in aula al Senato, il Senatore del Partito Democratico, Fabio Porta ha motivato il voto favorevole del suo gruppo parlamentare al decreto Ucraina. “Per una generazione come la mia la parola ‘guerra’ non è un termine astratto, avendola conosciuta attraverso i racconti dei nostri genitori”, ha esordito il parlamentare, che ha poi citato il Segretario del PD Letta quando afferma che “la guerra porta a dei rivolgimenti nelle coscienze, nel campo dell’economia, della società e anche della politica” e che “mai avremmo pensato di vivere una situazione di morte e distruzione”.

Secondo Porta, “la brutale aggressione della Russia all’Ucraina richiede risposte all’altezza della sfida”, una sfida alla quale “fortunatamente l’Unione Europea ha risposto con una compattezza che probabilmente ha sorpreso lo stesso Putin.”   Dopo aver ricordato che “in poco più di un mese di bombardamenti da parte dell’esercito russo le vittime civili in Ucraina sono oltre duemila, tra le quali centinaia di bambini”, il senatore democratico ha fatto riferimento ai quasi due milioni di profughi e ai circa sette milioni di sfollati interni al Paese aggredito.

Rispetto a questa grave crisi internazionale, il decreto del governo italiano interviene per garantire sostegno e assistenza all’Ucraina e alla sua resistenza e per dare accoglienza e assistenza ai profughi che stanno arrivando nel nostro Paese. “La cessione di apparati di difesa all’Ucraina avviene nel pieno rispetto della legalità internazionale e secondo quanto previsto dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite che sancisce il diritto all’autodifesa del popolo che viene aggradito”.   Il decreto “prevede poi importantissime misure relative all’accoglienza dei profughi” e sono oltre 75 mila quelli già arrivati in Italia.  “Ai Comuni e alle famiglie impegnate in questa azione solidale – ha enfatizzato il Sen. Porta – il governo deve assicurare le opportune risorse e il Parlamento lo deve sostenere”.

Importante, secondo l’esponente del PD, anche l’istituzione di un fondo per finanziare misure di sostegno a studenti e ricercatori ucraini, un’iniziativa – sostiene Porta – “che dovrebbe essere sostenuta con organicità e serietà e non soltanto in questa fase di emergenza legata al conflitto in Ucraina”.   Nelle sue conclusioni, il  Senatore Porta ha ripreso l’esortazione del Presidente Mattarella a proseguire sulla strada della solidarietà e della fermezza per contribuire in maniera fattiva alla soluzione del conflitto in corso, e si è rivolto all’aula chiedendo di sostenere il governo per sostenere la resistenza ucraina, l’accoglienza dei profughi e le famiglie e imprese italiane che iniziano a sentire i contraccolpi delle difficoltà economiche derivanti dalla guerra.

Subito al lavoro!

Recuperare quattro anni in uno non sarà facile, ma un minuto dopo l’ufficializzazione della mia proclamazione al Senato ho ripreso a lavorare con entusiasmo e impegno raddoppiati, per rendere omaggio alla vittoria della giustizia sull’impunità e per restituire agli elettori non soltanto un seggio senatoriale ma anche il relativo lavoro parlamentare e sul territorio.

In questa newsletter abbiamo provato ad offrire una prima sintesi di questo impegno, che ha avuto negli incontri organizzati in Argentina e Brasile i momenti più belli e significativi di re-incontro con le grandi collettività italiane e i loro rappresentanti. A San Paolo come a Buenos Aires, l’intensità degli appuntamenti associativi e istituzionali e soprattutto il calore dell’abbraccio con i connazionali hanno segnato in maniera indelebile il mio ritorno in Parlamento e con la gente.

Tutto questo in un periodo storicamente difficile, segnato ancora dalla pandemia (sia pure decrescente e pressocchè sotto controllo) e dall’impatto improvviso e devastante, soprattutto in Europa, di una vera e propria guerra scatenata da Putin con l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia.

La risposta dell’Italia, dell’Europa e della comunità internazionale è stata immediata e sostanzialmente unanime nel condannare l’aggressione e nel mostrarsi solidale, anche con l’accoglienza dei profughi, verso il Paese aggredito.

Certo, questo contesto interno e internazionale estremamente complesso non aiuta ad affrontare con la dovuta attenzione e profondità i tanti problemi delle comunità italiane che vivono all’estero, ma non per questo il mio impegno è stato meno importante e incisivo.

Ho prodotto atti parlamentari a difesa della libertà di informazione dei giornali italiani all’estero, per chiedere chiarimenti ed evitare confusioni sulla cosiddetta “grande naturalizzazione”, a sostegno delle richieste della comunità italiana di Juiz de Fora e Minas Gerais in Brasile, per chiedere l’estensione dell’assistenza sanitaria agli italiani all’estero quando rientrano in Italia.

Tutto questo mentre ci accingiamo ad eleggere i nuovi consiglieri del CGIE, il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, organismo intermedio fondamentale nel rapporto con i Comites da una parte e i parlamentari eletti all’estero dall’altra. Ai nuovi consiglieri dobbiamo inviare insieme agli auguri di buon lavoro l’auspicio di un mandato all’insegna della concretezza e delle riforme, necessarie a rispondere alle aspettative delle nostre collettività ma anche di un’Italia sempre più bisognosa di un rapporto positivo e virtuoso con l’Altra Italia che esiste nel mondo.

Fabio Porta

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