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March 2023

Ora legale 2023, stasera pronti a spostare avanti le lancette: ecco quando si cambia

Ci siamo: sta tornando l’ora legale. Entrerà in vigore la notte tra sabato 25 e domenica 26 marzo 2022: alle ore 2 si dovranno spostare avanti le lancette di un’ora, ovvero alle 3. L’ora legale durerà fino a domenica 29 ottobre 2023, quando rientrerà in vigore l’ora solare. Si dormirà quindi un’ora in meno, ma avremo un’ora di luce naturale in più per altri 7 mesi. Se smartphone, pc e tablet si aggiorneranno automaticamente, è il caso invece di fare attenzione nel ricordarsi di spostare manualmente le lancette dei nostri dispositivi analogici.

I risparmi – Secondo le stime di un’analisi della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), promotrice assieme a Consumerismo No Profit di una petizione online per mantenerla tutto l’anno, l’adozione dell’ora legale permanente produrrebbe nel nostro Paese, sulla base delle attuali tariffe elettriche, risparmi diretti in bolletta per 382 milioni di euro, grazie a minori consumi di energia per circa 720 milioni di kwh. Risparmio che salirebbe qualora nel corso dell’anno le tariffe elettriche dovessero subire incrementi. Dal 2004 al 2022 il minor consumo di energia elettrica per l’Italia dovuto all’ora legale è stato complessivamente di circa 10,9 miliardi di kWh e ha comportato, in termini economici, un risparmio per i cittadini di circa 2 miliardi di euro si stima. “A tutto ciò – commenta il presidente della società, Alessandro Miani – si aggiungerebbe un massiccio taglio alle emissioni climalteranti pari a 200.000 tonnellate di CO2 in meno, equivalenti a quella assorbita piantando dai 2 ai 6 milioni di nuovi alberi, con benefici per la salute umana e planetaria. L’abbandono del doppio cambio orario annuale farebbe inoltre cessare anche i piccoli disturbi di alterazione del ritmo circadiano che oggi sperimentiamo nel passaggio da ora solare a ora legale e viceversa, con effetti benefici sulla salute dei cittadini”, dice ancora Miani.

Il dibattito in Europa – Da alcuni anni si parla infatti di una possibile abolizione dell’ora solare e, di conseguenza, di una conferma totale dell’ora legale: il Parlamento Europeo si era detto favorevole a sospendere la convenzione che vuole che si spostino in avanti o indietro le lancette dell’orologio ogni anno a marzo e ottobre per sfruttare al massimo le ore di luce a disposizione e ridurre i consumi energetici. La Commissione europea aveva poi chiesto la soppressione del cambio d’ora già dal 2019, con il mantenimento per tutti dell’ora legale (l’orario estivo, per intenderci) ma la richiesta è stata bocciata e l’abolizione del cambio era slittata al 2020: il dibattito torna in auge a ogni cambio d’ora e non è escluso che già quest’anno in Europa se ne torni a parlare.

Le ragioni del cambio d’ora – La convenzione che vuole che si spostino in avanti o indietro le lancette dell’orologio ogni anno a marzo e ottobre è pensata per sfruttare al massimo le ore di luce a disposizione e ridurre i consumi energetici. In questi sette mesi di ora legale, l’Italia risparmierà complessivamente 400 milioni di kWh (quanto il consumo medio annuo di elettricità di circa 150 mila famiglie), un valore corrispondente a minori emissioni di CO2 in atmosfera per 205 mila tonnellate e a un risparmio economico pari a circa 66 milioni di euro.

Fonte: Ora legale 2023, stasera pronti a spostare avanti le lancette: ecco quando si cambia – Il Fatto Quotidiano

Ricardo Merlo: “Alcuni consolati funzionano male”

Intervista all’On. Ricardo Merlo, fondatore del M.A.I.E., eletto deputato nelle elezioni del 2006; del 2009 e del 2013, nominato anche senatore in quelle del 2018. Nelle ultime – 2022 – non si è presentato ma il suo movimento politico, il MAIE, ha ottenuto un senatore e un deputato, rispettivamente Mario Borghese e Franco Tirelli.  

Lei è un uomo politico di successo, perché non si è presentato nelle ultime elezioni?

Ho deciso così per due ragioni fondamentali, la prima è perché volevo dare spazio agli altri, la seconda è che desideravo tornare un po’ nel territorio. Se un politico sta a Roma per votare, per seguire il Parlamento, perde quel contatto con gli elettori, alla base del movimento che ho fondato che ha le sue fondamenta nell’associazionismo. Libero dai miei incarichi politici ho potuto ristabilire un contatto con i miei votanti e viaggiare per incontrarli. Sono stato a Mendoza, presto andrò a La Plata, poi in Uruguay e a San Paolo, in Brasile. Credo che dovevo farlo, sono contento della mia decisione e sono soddisfatto del risultato delle scorse elezioni, in cui sono stati eletti per il MAIE due grandi esponenti della collettività italiana come Franco Tirelli e Mario Borghese.

Il cattivo funzionamento di alcuni consolati non potrebbe essere causato anche da un allontanamento tra l’Italia e l’Argentina?

Il governo argentino non c’entra niente con il funzionamento dei consolati, che dipendono dallo Stato italiano.

Afferma che alcuni Consolati funzionano male, cosa determina questa situazione?

Noi del MAIE siamo in contatto con la gente, tra i nostri rappresentanti ci sono membri di associazioni italiane di tutto il mondo, per questo sappiamo che in tutta l’America Latina c’è un gran malumore nei riguardi di alcuni consolati italiani. L’opinione generale è che alcuni funzionano male per diversi motivi. Uno è determinato dalla mancanza di impegno, di coinvolgimento o di capacità di alcuni capi missione, non di tutti. Un altro dalla mancanza di personale in dotazione ai consolati. Bisognerebbe quindi accelerare l’incorporazione delle risorse umane che ho ottenuto nel periodo in cui sono stato sottosegretario agli Esteri con delega per gli italiani nel mondo. Sono riuscito a far assumere dal MAECI 600 impiegati che non sono ancora entrati in servizio per la lentezza della burocrazia italiana.

Per queste ragioni il MAIE comincerà a realizzare manifestazioni ed altre azioni di protesta nei Consolati considerati inoperanti.

Come si potrebbero migliorare i servizi consolari?

Come Le ho appena detto. Da una parte la Farnesina dovrebbe intraprendere e seguire politiche per dotare i consolati degli strumenti necessari per il loro migliore funzionamento, come per esempio incorporare i 600 nuovi assunti, iniziativa del MAIE  quando era al governo. Dall’altra parte bisogna ottenere che i consoli, s’impegnino fortemente per cercare di soddisfare le necessità degli utenti delle loro sedi consolari. Torniamo al Consolato de La Plata, con il console Soliman e con Occhipinti funzionava benissimo adesso non cammina Cos’è cambiato? La conduzione del consolato.

Perché nella rete consolare non si valorizzano gli impiegati locali, che conoscono molto bene il lavoro e il territorio?

Sono convinto che si dovrebbe dare più spazio ai contrattisti che dovrebbero diventare impiegati ministeriali, magari attraverso concorsi interni al MAECI. Loro conoscono il territorio e la gente, sono gli impiegati più indicati per sveltire il funzionamento dei consolati.

È stato parlamentare per vari periodi, con vari governi, ce n’è uno che Le è sembrato superiore agli altri?

Quello in cui ho avuto l’incarico di sottosegretario agli Esteri con delega per gli italiani nel mondo. Quella è stata per me un’epoca di grande attività, in cui noi del MAIE siamo riusciti a far aprire dei nuovi consolati: a Montevideo, dove ora c’è un consolato di ottocento metri quadrati per una comunità di 150mila italiani; a Vitoria, nello Spirito Santo; a Recife, in Brasile; a Manchester, in Gran Bretagna. Questi sono tutti successi del MAIE, obiettivi raggiunti di cui sono soddisfatto. Siamo anche riusciti a far assumere le 600 persone di cui Le ho già parlato e di cui finora non se n’è vista nemmeno una.

Cosa pensa delle stragi in mare e come crede che si potrebbero evitare?

Le stragi in mare sono una tragedia che non è voluta da nessun governo, non conosco nessun politico italiano che le desideri. Credo siano una conseguenza della situazione economico-sociale dell’Africa e di altre regioni del Sud Ovest dell’Asia. Se i paesi di quelle aree geografiche riuscissero a migliorare la loro economia e la loro organizzazione sociale, i loro abitanti non sentirebbero il bisogno di affrontare dei viaggi tanto pericolosi in mare per arrivare in Europa. È una realtà molto triste ed ai paesi europei non resta altro che seguire una politica umanitaria e soccorrerli.

Edda Cinarelli

I cibi italiani più taroccati nel mondo: latticini, salame, sughi, vini e pesto

Sei prodotti alimentari su dieci, nel mondo, sono il risultato dell’agropirateria internazionale. Sappiamo che l’impatto globale del fenomeno si attesta su un giro d’affari stimato in 100 miliardi di euro l’anno (in crescita del 70% negli ultimi dieci anni), pari al triplo del valore dell’export alimentare nazionale, un quarto dei quali si concentra solo negli Stati Uniti (23 miliardi di euro). In base alle attività svolte dall’ente certificatore Asacert possiamo risalire ai settori dove si concetrano i falsi italiani.

Dalla “Zotarella” al “Prosek”

Il prodotto più taroccato è la mozzarella, con storpiature nel nome come Zottarella. Seguito da altri formaggi come il Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con nomi come Parmesan, Grana Pompeana, Parmesao e Reggianito. Seguono provolone e pecorino romano, quest’ultimo ottenuto con latte di mucca e non di pecora.

Nell’attività di controllo di Asacert, tra le principali società di certificazione in Italia, i “latticini fake” rappresentano il 40% del totale dei prodotti non italiani ritrovati nei ristoranti ispezionati. Al secondo posto troviamo i salumi, che rappresentano il 30%. Il salame è in testa, con indicazioni geografiche false come Calabrese, Toscano, Milano, Genova, Veneto, Firenze, Napoli. E la mortadella con imitazioni con storpiature come mortadela, indicazioni geografiche false come siciliana o con carne diversa da quella di suino.

Al terzo posto i sughi, realizzati con contenuti e ricette anche stravaganti che richiamano impropriamente all’Italia e indicazioni geografiche false come bolognese. Rappresentano il 15% del totale.

Poi è la volta del vino, il 10%, che si posiziona al quarto posto. Sono stati riscontrati soprattutto falsi Prosecco, chiamati Prosek, il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco. Molte anche le bottiglie di Chianti non originali (con imitazioni in bottiglia ma con in wine kit per preparazione casalinga con polveri e alambicchi).

Infine il pesto al quinto posto, con il 5%: imitazioni del Pesto alla genovese, che si possono trovare in Europa quanto negli Stati Uniti con lo Spicy Thai Pesto, e persino in Sudafrica, dove c’è il Basil Pesto.

I controlli nei ristoranti

L’attività di controllo di Asacert durante le ispezioni nei ristoranti italiani nel mondo nel 2021, che richiedono il bollino “ITA0039 Italian Taste”, ha rilevato che su 107 ristoranti ispezionati, 79 hanno ricevuto il bollino di conformità. Negli altri è stata riscontrata la presenza di almeno un prodotto non italiano ma con marchi che richiamano al made in Italy.

Dei 28 ristoranti che non hanno ricevuto la certificazione, 14 si trovano in UK, (Londra, a Manchester, Leeds, Liverpool, Leicester, Bristol e Birmingham). Gli altri si trovano a Bangkok, Berna, Parigi, Barcellona e Istanbul.

Un’App per controllare l’origine

Con la App ITA0039 i consumatori possono scaricare per controllare la provenienza dei prodotti direttamente sugli scaffali dei supermercati in giro per il mondo.

Le scansioni effettuate dagli utenti su prodotti sono 1.150. La categoria più scansionata è quella dei sughi e condimenti per la pasta, confermando che sugli scaffali della grande distribuzione in giro per il mondo (soprattutto Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Cina, Russia) le segnalazioni sono per sughi per pasta, conserve sott’olio e sotto aceto, formaggi, salumi, ma anche cibi dolci confezionati.

In Europa si registrano maggiori segnalazioni per i prodotti della confectionery. Secondo posto per le segnalazioni che riguardano la pasta confezionata, maccheroni, ravioli, tortellini e fettuccine, circa il 55,5% delle segnalazioni riguardano questa categoria.

Diversa la situazione negli Usa, lasciando il podio ai latticini e prodotti lattiero-caseari. Al secondo posto confectionery e al terzo posto prodotti a base di carne, di cui oltre la metà rappresentati dagli affettati.

Sara Monaci (pubblicato da Il Sole 24 Ore il 08/12/2021)

Fonti: Ecco i cibi italiani più taroccati nel mondo nel 2021: latticini, salame, sughi, vini e pesto – Il Sole 24 ORE

Immigrazione in Italia, mini-storia di come la politica la tratta (da decenni) solo come emergenza

Dopo la strage di Cutro si è riaperto un intenso dibattito sulle politiche migratorie del Paese e sulla loro riformabilità. I nodi principali sono sempre gli stessi: dai decreti flussi alle sanatorie, dalle politiche “securitarie” in entrata e in uscita, particolarmente focalizzate su tratte e traffico illegale di persone da una parte e criminalizzazione della clandestinità dall’altra, fino ai vari centri di primo soccorso, accoglienza, identificazione ed espulsione, rimpatri. L’immigrazione in Italia è trattata soprattutto come problema di ordine pubblico, ma contemporaneamente – come dimostra lo stesso dibattito politico di queste settimane – è un’importantissima risorsa demografica ed economica. Questa contraddizione ha attraversato tutta la storia dell’immigrazione verso l’Italia, ben prima che fosse formulata una legge complessiva sul tema (la prima fu la Legge Foschi, solo nel 1986, e prima di essa non era prevista neanche la possibilità di richiesta di asilo). Da sempre, dunque, si gioca una partita tra spazi grigirimpallo di responsabilità a livello internazionale, pessima gestione – perlopiù emergenziale e per decreti – e mancanza di politiche strutturali che implichino reali politiche attive per l’integrazione.

È una lunga storia che ha visto il radicarsi di tanti dei meccanismi che conosciamo oggi prima ancora che ci fosse una reale elaborazione legislativa a partire dai tardi anni Ottanta. Serve quindi fare un passo indietro per capire meglio come siamo arrivati a oggi.

Secondo Dopoguerra-1963

È comune l’idea che l’Italia sia stata a lungo Paese di emigrazione e poi, dalla seconda metà degli anni Settanta e soprattutto dagli Ottanta, di immigrazione. Non è così. Per quanto questi flussi siano cresciuti gradualmente se ne ha traccia sin dai tardi anni Cinquanta. Una delle ragioni per cui si crede che negli anni Settanta ci sia stata una svolta netta è legata alle dinamiche internazionali: si è spesso detto che lo sviluppo dell’immigrazione straniera sarebbe avvenuto in Italia a seguito delle politiche di chiusura portate avanti dagli altri Paesi europei prima e durante la crisi petrolifera del 1973. Tuttavia, i tipi di flussi erano molto diversi e, inoltre, l’Italia aveva di per sé una forte attrattività per la congiuntura macroeconomica: se guardiamo ai dati sul reddito pro-capite il Paese non presentava un quadro eccessivamente distante da FranciaGermania federale o Gran Bretagna. Nel 1970 ad esempio il reddito pro-capite italiano ammontava a 2.112 dollari Usa, quello francese a 2.862, quello britannico a 2.350, quello tedesco a 2.744.

Inoltre, tra i Sessanta e Settanta in Italia ci fu un intenso momento di lotte sociali e politiche. L’immigrazione facilitò una strategia politica per il ribasso dei salari e per dividere i lavoratori e renderli politicamente più deboli.

1963-1986

Nel 1963 fu emanata la prima circolare, segno che il fenomeno era già visibile. La circolare 51 introdusse l’autorizzazione al lavoro per chiamata nominativa, la cui concessione era subordinata all’accertamento dell’indisponibilità di lavoratori italiani (fu chiamata “preferenza nazionale”). Il più delle volte, però, si entrò con visti da turismo e si simulò poi, una volta trovato lavoro, l’autorizzazione dall’estero. I canali ufficiali di incontro tra domanda e offerta e collocamento furono pressappoco inesistenti e operarono frequentemente invece le agenzie di mediazione abusiva. A fronte della meccanicità delle procedure ufficiali subentrò in filigrana il dispositivo della sanatoria: iniziarono a essere proposte delle deroghe che permettevano di superare il passaggio dell’assunzione dall’estero, nel caso in cui cittadini stranieri già giunti per altre ragioni (turismo, studio) o già da tempo in Italia, fossero interessati a ottenere una autorizzazione al lavoro.

Tutti gli anni Settanta, fino al 1986, furono segnati da una confusa e contraddittoria alternanza di circolari, disegni di legge, decreti governativi, che anziché semplificare le garanzie per la regolarità del soggiorno resero ancora più precarie le condizioni di vita degli stranieri senza però implicare un reale argine ai flussi. Le frontiere – di fatto – non erano davvero chiuse ma la vita degli stranieri era resa talmente difficile e precaria dalla vischiosità delle procedure per l’accesso e per la regolarizzazione, da comportare una condizione di continuo borderline tra regolarità e irregolarità per la gran parte della popolazione immigrata, a vantaggio di chi traeva profitto da quelle specifiche sezioni di mercato nero del lavoro.

Legge Foschi 1986

La legge Foschi fu la prima che si proponeva d garantire “a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti sul suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani”. La legge però faceva salve tutte le disposizioni concernenti “preferenza nazionale”, visto, autorizzazione al lavoro e permesso vincolato di soggiorno. La parte più complessa riguardava il reclutamento dall’estero e implicava un reticolo burocratico spesso inefficace per la regolarizzazione, che sistematizzò nuovamente lo strumento della sanatoria. Ormai non sfuggiva neanche più all’osservatore casuale la crescita dell’immigrazione e del lavoro irregolare mentre cresceva la politicizzazione della propaganda anti immigrazione, complice la nascita delle Leghe. La crescente xenofobia si tradusse in aperti episodi di razzismo fino all’omicidio di Jerry Masslo nel 1989, che sancì il risveglio dell’opinione pubblica, portando in piazza a Roma tra le 100mila e le 200mila persone nell’ottobre 1989, e l’urgenza di riformare la legge Foschi.

Legge Martelli 1990

La legge Martelli superò parte delle disposizioni concernenti autorizzazione al lavoro, permesso vincolato di soggiorno e preferenza nazionale. Inoltre, a questa legge si accompagnarono una grande sanatoria, la costituzione di un osservatorio permanente a Palazzo Chigi, la promessa di una maggiore partecipazione alla definizione di una normativa comunitaria e di una programmazione flessibile del flusso di immigrazione relativamente ai soli immigrati senza lavoro.

Questa impostazione, tuttavia, pur manifestando intenzioni di regolarizzazione, riconoscimento e ampliamento dell’accessibilità dei diritti, non prevedeva in alcun modo una forma di risoluzione per la gestione dei nuovi ingressi in senso strutturale una volta svuotato il totale di clandestini e irregolari. D’altro canto i minori vincoli all’ingresso (a partire da diritto d’asilo e ricongiungimento) e l’aumento di arrivi di immigrati sistematizzarono nuovamente la dinamica sanatoriale. Restava dunque un approccio sostanzialmente emergenziale e non di lunga durata. In sintesi, la legge Martelli migliorava in larga parte alcuni presupposti della possibilità di accesso e di regolarizzazione, tuttavia, i toni aperturisti non affiancati a un’azione realmente strutturale ma, piuttosto, a strumenti specifici e volti alla regolarizzazione dei presenti, furono facilmente contrastabili dall’opposizione politica, che si fece progressivamente più diffusa e che virò molte energie verso una maggiore centralità del sistema di espulsione, di nuovo in chiave emergenziale e fino ad arrivare, dopo la breve parentesi della Legge Turco Napolitano (1995), alla legge Bossi Fini e alla gestione che conosciamo oggi.

Olimpia Capitano (pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 17/03/2023)

Fonte: Immigrazione in Italia, mini-storia di come la politica la tratta (da decenni) solo come emergenza. La prima legge? Solo nel 1986 – Il Fatto Quotidiano

Anche la Germania ha il suo taglio dei parlamentari: approvata la legge che riduce a 630 il numero degli eletti

CDU, CSU e Linke, che si sentono danneggiate dalla riforma, vogliono ricorrere alla Corte costituzionale. In entrambe le passate legislature i partiti non avevano trovato un compromesso e ora il Bundestag è cresciuto fino a 735 deputati per effetto dei complicati meccanismi dei seggi di pareggio e i mandati aggiuntivi.

Il governo tedesco è riuscito ad imporre in Parlamento con votazione nominale la riforma del sistema elettorale che fissa a 630 il numero dei deputati dalle prossime elezioni. Il fattoquotidiano.it ha già anticipato il 14 marzo i meccanismi della legge, passata con 400 voti favorevoli, 261 contrari e 23 astensioni. Ci saranno sempre due schede e 299 sezioni elettorali, ma decadranno sia i mandati aggiuntivi (Überhangsmandate) che garantiscono il seggio a tutti i candidati all’uninominale anche se più degli eleggibili per il voto di lista; così come anche quelli di pareggio (Ausgleichsmandate) previsti per garantire la proporzionalità tre le forze politiche. Un sistema che ha portato alla crescita a dismisura del Bundestag tedesco che oggi annovera 736 deputati contro i 705 di tutto il Parlamento Europeo, 513 del Brasile e 435 della Camera dei rappresentanti negli Usa. Sarà anche cancellata la clausola del mandato di base (Grundmandatsklausel), per cui un partito che non supera la soglia del 5% se ottiene almeno tre mandati uninominali può entrare comunque al Bundestag proporzionalmente ai voti di lista. Resta tuttavia l’eccezione per i partiti che rappresentano delle minoranze etniche come la Südschleswigsche Wählerverband (SSW).

Il clima del dibattito è stato estremamente acceso: tutti i deputati hanno subito interruzioni e sono stati costretti ad alzare la voce. Le opposizioni hanno duramente attaccato il governo. Soprattutto Linke e CSU che rischiano di essere fortemente penalizzate in futuro. Per il capogruppo della CSU Alexander Dobrindt la riforma è diretta contro di loro e cementa le aspirazioni di potere della coalizione semaforo, con il plauso della AfD. È un “atto di mancanza di rispetto” che “pone in dubbio il diritto di esistenza” del suo partito e vuole “espungerlo dal Parlamento”. La legge è “falsa, errata e incostituzionale”. Per il suo intervento Dobrindt ha ricevuto forti applausi anche dai banchi della sinistra. Per il capogruppo uscente della Linke, Jan Korte, “è il più grosso attentato” alla democrazia da decenni. Paragonando i partiti di governo a Donald Trump li ha avvertiti: “Lasciate l’est alla AfD”. La CSU si presenta solo in Baviera ed alle ultime elezioni, trasferendo i dati regionali su base nazionale, ha raccolto il 5,2%; mentre la Linke è adesso presente al Bundestag solo come gruppo parlamentare e non come partito perché ha vinto solo mandati uninominali ma si era fermata al 4,9%.

In un primo dibattito, il 27 gennaio, la CDU aveva proposto che per superare lo sbarramento del 5% ci dovessero volere 5 mandati uninominali anziché solo 3, la SPD si era detta contraria, e con Sebastian Hartmann aveva paradossalmente replicato: “Non si può catapultare la Linke così semplicemente fuori dal Parlamento”. Oggi lo stesso Hartmann ha difeso la riforma come “da lungo necessaria” per un “sistema elettorale semplice e comprensibile”, e ha sottolineato che è nata consultando le opposizioni fin da gennaio. Il capogruppo della CDU Friedrich Merz ha provato a fare rimandare il voto di due settimane per introdurre le modifiche proposte dal suo partito che miravano ad accorpare e ridurre le circoscrizioni elettorali a 270, con l’effetto di diminuire i mandati aggiuntivi e di pareggio, ma senza però eliminarli del tutto, incassando però il rifiuto del suo omologo della SPD Rolf Mützenich.

Tutti i partiti sanno che un Parlamento troppo ampio oltre che costare di più è anche meno efficiente, ma in entrambe le passate legislature non avevano trovato un compromesso. Contro il sistema elettorale finora in vigore pendeva già a Karlsruhe un ricorso di FDP, Verdi e Linke. Il Bundesrat può ancora dibattere la legge, ma non può bloccarne la pubblicazione in Gazzetta. CDU CSU e Linke vogliono quindi ricorrere alla Corte costituzionale. Una causa di controllo normativo può scaturire anche dalla richiesta di un quarto dei parlamentari. Altrimenti potrà re-intervenire solo un nuovo governo.

Andrea M. Jarach (pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 17/03/2023)

Fonte: Anche la Germania ha il suo taglio dei parlamentari: approvata la legge che riduce a 630 il numero degli eletti – Il Fatto Quotidiano

Fabio Porta: “Il governo risponda positivamente alla richiesta bipartisan di sostegno ai contrattisti locali del MAECI”

“Alle ripetute interrogazioni e agli emendamenti presentati dal Partito Democratico si sono aggiunte nelle ultime settimane analoghe iniziative parlamentari dei colleghi dei partiti di maggioranza.

A margine della discussione avvenuta oggi in Commissione Affari Esteri della Camera dei Deputati sulla interrogazione presentata dall’On. Caiata (FdI), sono intervenuto per chiedere al governo di sostenere convintamente la richiesta di finanziamento ulteriore del fondo per l’adeguamento delle retribuzioni dei contrattisti proveniente tanto dalla maggioranza quanto dall’opposizione.

L’approvazione degli emendamenti presentati in questi giorni al Senato al decreto sul PNRR costituirebbe una concreta opportunità per dare seguito all’apertura manifestata questa mattina dal Sottosegretario agli Esteri, Silli.

Ai noti problemi della nostra rete consolare vanno date risposte urgenti, a partire dalla valorizzazione del maggiore contingente di personale costituito proprio dagli impiegati a contratto. Aumentare il fondo per l’adeguamento dei contratti e favorire il concorso interno al MAECI per il passaggio nei ruoli di parte di questo personale sono due passaggi semplici ma efficaci per intervenire in maniera intelligente ed incisiva nel potenziamento di una rete consolare che in alcuni casi si trova sull’orlo del collasso.

In caso contrario rischieremmo di mortificare qualsiasi iniziativa destinata alle nostre collettività, a partire dal “turismo delle radici” al quale abbiamo dedicato oggi alla Camera una importante iniziativa”.

On Fabio Porta

Il gruppo Meta banda la musica italiana da Facebook e Instagram

Come molti hanno già saputo il gruppo Meta (Facebook e Instagram) e la Siae (la società Italiana di Autori ed Editori, che detiene i diritti dei brani musicali in Italia) non sono riuscite a trovare un accordo per continuare a distribuire le canzoni e i contenuti protetti dall’agenzia italiana sulle piattaforme social come Instagram e Facebook.

Entro le prossime 24 ore, tutti i contenuti saranno automaticamente rimossi o silenziati dai video, dalle storie e dai reel. Il processo è già iniziato qualche ora fa. I creatori avranno la possibilità di sostituirli con altro materiale liberamente disponibile. Il Sole 24 Ore, citando fonti vicine a Meta, dice che questo è un caso unico in tutta Europa.

I portavoce della società di Mark Zuckerberg esprimono rammarico per l’accaduto e promettono di continuare a lavorare nella speranza di trovare un nuovo accordo. La SIAE ha replicato precisando che la decisione unilaterale di Meta di escludere il repertorio Siae dalla propria library lascia sconcertati gli autori ed editori italiani. A Siae viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio.

La speranza da parte di tutti è che a breve si possa trovare un accordo che soddisfi entrambi e che riporti la musica italiana nel posto che merita: online.

Fonte: IG ITALIA ® 🇮🇹 su Instagram: “#italia #firenze Come molti di voi hanno saputo il gruppo Meta (Facebook e Instagram) e la Siae (la società che detiene i diritti dei…”

Elly Schlein secondo Porta

Intervista a Fabio Porta, deputato PD eletto nella Circoscrizione America Meridionale.

Nell’ Assemblea nazionale del Partito Democratico del 12 marzo 2023, Elly Schlein è stata ufficialmente eletta segretaria del Partito Democratico. E una donna giovane, molto preparata, ha frequentato le Scuole Elementari, Medie e Superiori a Lugano. È ebrea ashkenazita, ha tre cittadinanze, italiana, svizzera, statunitense, si dichiara bisessuale. È carina e non punta sulla sua femminilità

D.: Parafrasando il capo del Governo, Giorgia Meloni, Elly Schlein dice: “Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre, non per questo sono meno donna”. Sembra un proclama ma non è troppo provocatore?

Elly Schlein è una donna giovane che non ha paura di affrontare l’ostilità e i pregiudizi di quanti fanno fatica ad accettare una società più libera e aperta, dove la sessualità e la maternità possono essere vissute in forme meno tradizionali e soprattutto più adeguate alla realtà dei nostri giorni.   Mi chiedo anche se c’è più coerenza in chi si dichiara cattolica ma poi alimenta politiche di poco inclusive e solidali, per esempio relative all’immigrazione, e chi invece dichiara apertamente le sue idee nel pieno rispetto di quelle altrui.

D.: Cosa pensa della campagna denigratoria i contro la Schelein promossa da esponenti vicini al governo e centrata sulla apparenza fisica della segretaria del PD?

Mi ha molto colpito la violenza verbale e la spregiudicatezza con la quale sui social sono state usate immagini e frasi offensive e gratuite, cioè senza alcuna giustificazione né rilevanza politica, contro la nuova segretaria del Partito Democratico. Aggredire un avversario politico utilizzando l’aspetto fisico o altre caratteristiche della persona per denigrarlo fa parte di una cultura arretrata, irrispettosa della dignità della persona e sostanzialmente autoritaria; sì, perché si cerca così di delegittimare qualcuno senza avere il coraggio di contrastarlo sui contenuti ma ricorrendo a pregiudizi e offese di bassissimo livello.

D.: Riuscirà questo segretario a unire tutte le correnti interne del PD?

Il Partito Democratico, non dimentichiamolo, è il risultato di un processo storico: la confluenza in un’unica organizzazione politica delle principali culture che stanno alla base della Repubblica italiana. È quindi naturale che un grande partito frutto di storie e sensibilità diverse abbia al suo interno gruppi che in alcuni casi hanno dato vita a componenti politiche diverse.  La patologia, il male dunque, è quando questi gruppi si trasformano in “correnti”, ossia in strumenti di spartizione del potere; a questo la nuova segreteria di Schlein e la Presidenza di Bonaccini si sono opposti, valorizzando le competenze e non le appartenenze.

D.: Il PD era diventato un partito di intellettuali, che parlano in un modo sofisticato, diverso da quello del popolo. Crede che il PD potrà rivolgersi a parlare agli operai, alle persone che usano un linguaggio semplice?

Vengo dal mondo dell’associazionismo cattolico, dal movimento sindacale, ossia da organizzazioni radicate nel territorio e vicine ai problemi della gente comune. Ho sempre ritenuto che il PD debba essere anzitutto il partito del popolo, dei lavoratori, dei poveri e degli esclusi. Un partito in grado di rappresentare tutti, ovviamente, ma capace di parlare un linguaggio semplice e di lottare per una società più libera e giusta. Forse nel corso degli anni questo legame con la gente comune si è un poco allentato, a volte è prevalso il desiderio di governare sull’esigenza di stare vicino ai lavoratori e alle loro famiglie. Oggi è il momento di dimostrare a questo popolo, stando all’opposizione del governo di destra, che le nostre priorità sono quelle di un partito del lavoro e dei lavoratori, pronto a tornare al governo per garantire una crescita al Paese compatibile con redistribuzione della ricchezza e sostenibilità ambientale.

D.: Credo che il voto a Meloni sia stato determinato dalla rabbia degli elettori per la situazione economica in Italia e dalla loro mancanza di coinvolgimento. Praticamente delegano. La grande sfida è come incentivarli per coinvolgerli nella politica.

Si, è vero, dietro la vittoria della destra di Meloni c’è molta rabbia e delusione; c’è anche la delusione e quindi l’astensionismo di milioni di italiani che non hanno più trovato la motivazione per votare perché sfiduciati dalla politica.   A questi elettori delusi che hanno votato a destra e soprattutto a quelli che non sono andati a votare dobbiamo rispondere con una opposizione forte e responsabile e con la costruzione di un nuovo Partito Democratico che non faccia scappare nessuno dai circoli ma che al contrario torni ad essere la casa di tutti coloro vogliono impegnarsi in politica dal basso per cambiare in meglio la realtà e quindi l’Italia.

D.: Il Papa ha parlato della “Globalizzazione dell’indifferenza” e ha detto che “Ci siamo abituati al dolore dell’altro” ma perché siamo diventati così?

Il Papa ha ragione: il mondo, a tutti i livelli e a ogni latitudine, sta progressivamente divenendo più chiuso ed egoista. È una constatazione amara che ognuno di noi può fare. Dov’è finita l’Italia solidale, quella pronta a dare una mano a chi ha bisogno senza mai negare un piatto di pasta a chi ce lo chiedeva? Anzi, in passato nemmeno c’era bisogno di chiederlo, perché i nostri paesi erano delle vere comunità dove tutti aiutavano tutti. Oggi succede spesso che qualcuno muoia solo in un condominio senza che nessuno si sia accorto di nulla, nell’indifferenza più totale. Non so perché siamo diventati così, forse qualcuno ha utilizzato l’informazione e le reti sociali per dividerci piuttosto che unirci, basti pensare alla politica che una volta era dibattito e confronto e oggi è diventata offesa, insulto e divisione anche all’interno delle stesse famiglie.

D.: Ultimamente ci sono state due tragedie in mare, una a Cutro, l’altra al largo della Libia. Perché non salvano i migranti??

Chi semina vento raccoglie tempesta. Quando si criminalizza l’immigrazione, dimenticando che la storia dell’umanità è storia di emigrazione e che da che mondo è mondo interi popoli scappano da guerre, fame e carestie, il risultato è di perdere il senso di umanità e lasciare accadere tragedie come quella di Cutro in Calabria. Una cosa è lavorare per una immigrazione controllata, per flussi regolari di arrivo in Italia dall’estero, altra cosa è l’obbligo umanitario di salvare vite umane quando stanno rischiando di morire, anche a causa dello sfruttamento di chi gestisce i traffici di essere umani e l’immigrazione clandestina. Io sono per favorire l’immigrazione regolare e anche per facilitare in tanti modi l’arrivo in Italia dei giovani italo-discendenti, soprattutto dal Sudamerica.   Siamo il Paese europeo più a rischio di spopolamento per la recessione demografica; nel giro di pochi decenni l’Italia rischia di scomparire e si tratta di una perdita economica oltre che sociale e culturale. Nel breve e medio periodo a questo dramma si può rispondere solo con politiche intelligenti e lungimiranti di immigrazione, che siano in grado allo stesso tempo (ripeto: allo stesso tempo!) di favorire l’arrivo regolare degli stranieri in Italia e l’inserimento nel Paese delle nuove generazioni di italiani nati all’estero.

D.: Cosa crede che succederà?

Temo che il governo italiano non riuscirà né a integrare la manodopera straniera che chiede flussi regolari di lavoro nel Paese e nemmeno di valorizzare i milioni di italiani che vivono all’estero. Spero di sbagliarmi e ovviamente lavorerò perché questo non accada, anche collaborando se necessario con il governo in Parlamento. Fino ad oggi purtroppo le scelte del governo Meloni sono andate esattamente nella direzione che temevo e non ho visto, nemmeno per gli italiani nati all’estero, nessun segnale concreto e positivo. L’Italia deve riscoprire il valore delle sue collettività nel mondo e per farlo deve conoscerne meglio la storia; è quello che ho proposto io in Parlamento con una legge che porterà nelle scuole questa storia e questa cultura. Solo così nascerà un Paese più giusto, moderno e solidale.

Edda Cinarelli

COMITES di Buenos Aires, celebrato il Giorno della donna

L’8 marzo dopo l’inaugurazione della mostra di fotografie nel Consolato di Buenos Aires, ci si è spostati di alcuni metri per andare nella sede del Comites, Reconquista 516, dove questa istituzione ha celebrato il Giorno della donna.

La manifestazione, nonostante il protocollo richiesto, è stata un’esplosione di festosità perché ha dato la possibilità a molte persone di rivedersi e festeggiare insieme. Il presidente del Comites, Dario Signorini, ha dato il benvenuto ai numerosi invitati. Presenti l’ambasciatore Fabrizio Lucentini, il console generale Marco Petacco, il console Antonio Puggioni, il fondatore del MAIE, Ricardo Merlo, Graciela Laino, ex presidente del Comites, Irma Rizzuti, un’esponente di enorme rilievo della nostra comunità e moltissimi altre persone tutte ugualmente significative e apprezzate.

La cerimonia è iniziata con l’inaugurazione di 4 targhe in memoria dei Comites, una dedicata a quello dal 2008 al 2015, presidente Graciela Laino; un’altra a quello dal 2015 al 2021, presidente Dario Signorini; la terza dedicata all’attuale Comites dal 2021 al 2026, presidente Dario Signorini; tutte con i nomi dei presidenti e di tutti i membri. Una targa è stata dedicata ai presidenti dell’Istituzione da quando si chiamava COEMIT. C’è scritto: “Tributo del COM.IT.ES di Buenos Aires a tutti coloro che ci hanno preceduto nella missione di rappresentare la comunità italiana, seguono i nomi di: FRANCESCO FRANCO, presidente COEMIT dal 1986 al1990 /  MARIO FRIZZERA, presidente COEMIT dal 1990 al 1997 / LUIGI PALLARO, presidente COMITES dal 1997 al 2004/ RICARDO MERLO, presidente COMITES dal 2004 al 2006/ SANTO IANNI, presidente COMITES dal 2006 al 2008.

Ricardo Merlo ha ricordato l’ex senatore Luigi Pallaro, la persona che gli ha aperto le porte della favolosa carriera politica che poi è riuscito a fare per merito proprio. È stato quindi inaugurato il murale, replica di un’opera di Quinquela Martìn, eseguito dalla pittrice Mariela Mónica Montes.

Nel salone del sottosuolo la segretaria del Comites e poetessa Ines Corda ha recitato una poesia “El corazón de la casa”, di cui è autrice.

Dopo questi momenti di intensa emozione la scrittrice Maria D’Alessandro ha presentato il libro “Relatos en la memoria de los inmigrantes de Abruzzo”. Il sentimento dominante della serata è stata l’allegria del re incontro e l’emozione.

Nella foto: Ricardo Merlo e Graciela Laino scoprono una targa.

Edda Cinarelli

Raffaele Marchetti: “Italia e Argentina sempre più distanti”

Intervista a Raffaele Marchetti, docente di Relazioni Internazionali e Vice Rettore con delega all’internazionalizzazione dell’Università Luiss di Roma.

L’Italia e l’Argentina da anni sembrano ignorarsi reciprocamente, ma in questo mare d’indifferenza un’Università Italiana cerca di tendere un ponte tra i due paesi. Per ora si tratta di un seme, dell’inizio di un cambiamento, che potrebbe avere un buon seguito ed iniziare una tappa di vicinanza e di scambi. Proprio per lanciare questo progetto innovativo è venuto a Buenos Aires il prof. Raffaele Marchetti della Luiss.

Professore, perché è venuto in Argentina?

Sono venuto con il fine di lanciare borse di studio della Luiss per studenti argentini di origine italiana quindi sia per gli alunni delle scuole paritarie italo argentine sia per quelli delle altre scuole, incluse quelle statali, alla condizione essenziale che abbiano un antenato italiano.

Le borse di studio sono per frequentare corsi a Roma, in italiano o in inglese (ognuno sceglie in quale delle due lingue studiare). La LUISS ha l’intenzione di riallacciare un contatto culturale con la comunità italiana dell’Argentina, perché si è accorta che tale legame si è troppo indebolito negli anni.

Si nota, ma cerchi di essere più preciso.

L’Italia ha sottovalutato e alle volte dimenticato la collettività italiana dell’Argentina e questo è un dramma per gli italiani, che vivono qui ma anche per l’Italia. Quando si parla dell’Italia diciamo in genere che ha poco meno di 60 milioni di abitanti, a volte ci ricordiamo che 6 milioni sono i cittadini italiani residenti all’estero con il passaporto italiano, ma non si calcolano mai gli oriundi italiani di cui ci si è completamente dimenticati e invece potrebbero costituire una ricchezza.

Cosa intende per comunità italiana?

Per me la comunità italiana è fatta dalle persone che hanno il passaporto, dalle persone che ne hanno diritto e ancora non lo hanno e dagli oriundi, perché anche loro fanno parte in qualche modo della comunità italiana in senso lato. Penso che complessivamente la comunità italiana sia fatta da 100 e passa milioni di persone che appartengono alla comunità culturale, sociale italiana. Questa è la mia visione. Quando affermiamo che l’Italia è fatta da 59 milioni di persone, secondo me facciamo una dichiarazione fallace, scorretta.

Ha detto che l’Italia non si interessata abbastanza degli emigrati e dei loro discendenti su cosa si basa?

Si è disinteressata e in alcuni casi non è stata fedele ai suoi doveri. Per esempio, riferendoci al passato recente non ha offerto sufficiente protezione agli argentini con passaporto italiano, che sono stati rapiti, torturati e uccisi in questo paese come in Cile. Questa non è una cosa da poco. C’è anche un ex console, Calamai, che ha pubblicato un libro sul tema: Niente asilo politico.

Ho letto i titoli di alcuni dei suoi libri: La politica della globalizzazione; La diplomazia ibrida italiana; Diplomacia Ciudadana. Quale consiglierebbe di leggere ad una persona digiuna di diplomazia?

Quest’ ultimo, su come le città s’internazionalizzano in temi economici, politici, culturali, è accessibile. Poi ce n’è un altro pubblicato in Italia che si chiama La politica della globalizzazione, che è abbastanza facile.

Uno dei suoi libri s’intitola “Per la patria e per profitto. Multinazionali e politica estera dalle Compagnie delle Indie ai giganti del web”. Come sono cambiate le relazioni internazionali con l’impatto dell’informatica?

Si sono accelerate e sono diventate più inclusive, cioè le relazioni internazionali sono molto più veloci. Adesso qualsiasi politico dev’essere attaccato a twitter entro pochi minuti altrimenti perde l’attimo di visibilità quindi tutto è accelerato. Poi è anche tutto più inclusivo perché in un certo senso tutti possono partecipare, tutti possono scrivere su internet, tutti possono pubblicare quello che vogliono, tutti hanno accesso alle informazioni.

È un sistema democratico?

In parte sì e in parte no, perché dopo c’è il tema delle fakenews, delle notizie che possono portare a degenerazioni. Certamente se noi confrontiamo il mondo d’oggi all’ Ottocento, quando l’informazione era di esclusivo dominio degli aristocratici certo che è democratico, ma anche rispetto a quarant’anni fa è più inclusivo.

Parliamo delle relazioni Italia Argentina, i due paesi continuano ad allontanarsi?

In questo momento il tema più caldo delle relazioni tra Italia e Argentina è determinato del mancato sostegno argentino alla candidatura di Roma sede dell’Expo 2030. L’Argentina, paese in cui c’è una grossa comunità italiana sembra aver deciso di sostenere la candidatura di Riad, in Arabia Saudita, che è il competitore di Roma. Questa decisione del governo argentino è stata percepita in Italia molto male

La votazione per la scelta della città sede della nuova Expo 30 avrà luogo a novembre ma sembra che il governo argentino abbia già dichiarato di voler sostenere Riad. Evidentemente c’è stata una delegazione araba che deve aver fatto delle proposte di cooperazione attrattive.

Questo ha rovinato i rapporti con l’Italia, almeno per adesso, poi chissà? Magari in futuro le cose si riprenderanno però in questo momento la decisione dell’Argentina di appoggiare Riad non è stata presa bene, perché il governo italiano e il MAECI stanno investendo molto su questo evento e non ci si sarebbe mai aspettati che l’Argentina, un paese pieno di italiani, votasse il competitor di Roma, ne consegue che i rapporti bilaterali al momento sono danneggiati.

Il problema è questo, la votazione per la scelta della sede dell’Expo sarà in autunno, le elezioni argentine si terranno il 23 ottobre. Ammesso che in Argentina cambi il governo e che quello nuovo desideri votare per Roma, non fa in tempo a esprimere il suo voto perché inizierebbe a governare a dicembre. A novembre quindi l’Argentina voterà secondo il volere della maggioranza attuale.

Che previsioni ci sono sull’aumento della popolazione nel mondo? 

Per il futuro è previsto che la popolazione arriverà sui dieci miliardi di persone, che la maggior parte delle persone vivranno in Africa e in Asia, che paesi come la Nigeria arriveranno ad avere 800 milioni di persone che città come Lagos avranno centoventi milioni di persone. Questo sarà il futuro di alcune megalopoli, già adesso in Cina ci sono alcune città con più di venti milioni di abitanti, si avvicinano ai trenta.  Si immagina metà della popolazione italiana, tutta insieme. Qui a Buenos Aires con i comuni limitrofi ci sono circa undici milioni di persone. Chiaro che questo sarà una sfida, comporterà una trasformazione di come noi ci pensiamo nel vivere sociale, i trasporti, l’educazione, la salute, l’inquinamento cambia tutto.

Mi sembra una realtà molto difficile.

Se poi sorge una pandemia ci mette un secondo a svilupparsi in tutto il mondo com’è successo con il covid. Non si sa come sia sorto inizialmente il virus ma è chiaro che è diventato pandemia perché è facilissimo viaggiare. È frutto della globalizzazione nel senso che la pandemia si è diffusa velocissimamente perché tutti viaggiano.

Parli del problema demografico.

L’Italia ha un trend demografico negativo per cui secondo le proiezioni si andrà sotto i cinquanta milioni di persone, alcuni demografi sostengono addirittura che si andrà sotto i quaranta milioni di persone. L’Italia si sta quindi rimpicciolendo e questo è uno dei motivi in più per guardare alla comunità italiana all’estero.

Edda Cinarelli

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