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July 2018

Servizi consolari e impiegati di serie B

L’On. Sangregorio in una lettera al sottosegretario agli Esteri e alla Cooperazione Internazionale, alla delega per gli italiani nel mondo, sen. Ricardo Merlo, ha scritto che per un più effettivo espletamento delle pratiche consolari migliorare bisognerebbe mettere i Consolati nelle condizioni di assumere più contrattisti. Al che, quasi ampliando la lettera di Sangregorio, ho commentato che sarebbe necessario non solo assumere più contrattisti ma provvedere anche alla loro riqualificazione e motivazione dandogli delle prospettive di lavoro molto più ampie delle attuali, obiettivo che si potrebbe ottenere con concorsi interni al MAE e con una visione più meritocratica e integrativa del lavoro consolare. Nemmeno fosse stato fatto apposta, il 17 luglio 2018, è stato pubblicato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, sulla Gazzetta Ufficiale, un bando di concorso per 221 persone, 177 da inquadrare nel profilo di funzionario amministrativo, contabile e consolare, 44 da inquadrare nel profilo di funzionario dell’area della promozione culturale. Le domande d’iscrizione devono essere presentate entro il 31 agosto.

Sarebbe l’occasione propizia per riqualificare e motivare i nostri contrattisti ma aimè, non ne potranno approfittarne perché nel bando di concorso si chiarisce che gli impiegati a contratto di cittadinanza italiana possono parteciparvi alla condizione che siano in possesso di un titolo di laurea italiano o europeo dichiarato equivalente con provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica. In sintesi: gli si dice che potranno iscriversi ma immediatamente gli si nega questa possibilità poiché al di fuori dell’Europa i contrattisti con laurea italiana sono contati e in generale non esiste equipollenza di titoli universitari tra l’Italia e i paesi non europei.

Ci saranno 221 nuovi impiegati che saranno sparsi per il mondo, con una buona preparazione accademica ma senza esperienza e che in pratica renderanno molto meno dei contrattisti locali. Si rafforza così in noi italiani all’estero la sensazione, direi quasi la certezza di essere altamente ignorati dal nostro Paese di origine, la madre patria è in effetti una madre matrigna. Tornando alla lettera di Sangregorio a Merlo, aggiungo che questa mi pare l’occasione buona perché tutti i nostri parlamentari eletti all’estero, ma in speciale quelli votati in Argentina, si attivino per ottenere che i nostri contrattisti, di cui alcuni hanno solo la cittadinanza italiana, possano partecipare al concorso e che noi italiani nel mondo siamo messi in condizioni di parità con gli italiani che risiedono in Italia. Questa potrebbe essere una nuova tappa della lotta per l’uguaglianza di diritti tra italiani residenti in patria e italiani residenti all’estero, abbiamo ottenuto il voto ed ora devono considerarci italiani a pieno titolo.

Edda Cinarelli

Il riacquisto della cittadinanza: un dovere dell’Italia, non un regalo

Ho capito che fosse qualcosa di profondamente doloroso quando ho cominciato a leggere le vostre prime lettere, all’inizio della mia esperienza come autrice e conduttrice a Rai International nell’anno 2000. Dall’inchiostro di quelle parole trasudava un senso di avvilimento contagioso, che ti si attacca addosso e non va via. Dinanzi a ciò, frenare la propria emotività e non rimanere intrappolati nel turbinio di emozioni è impensabile, quasi inumano.

Vi avevo promesso che avrei dedicato questo spazio ad un tema caro a molti di voi: il riacquisto della cittadinanza da parte degli italiani che l’hanno persa in seguito ad espatrio. Per anni, nei programmi su Rai International, me ne sono occupata ed interessata, trattando più volte l’argomento con degli esperti. Ho intervistato molti di voi, ascoltandone le storie, i racconti, i tormenti. Ho toccato con mano quel senso di frustrazione che vive ed arde in chi ha un pezzo di sé che gli è stato sottratto.

Provate ad immaginare voi stessi. Quale sensazione avreste se il vostro battito, il vostro respiro ed i vostri affetti parlassero italiano, ma legalmente non foste riconosciuti cittadini italiani? Mi permetto di rispondere io: avreste una ferita aperta, che perde sangue, in silenzio.

Per migliaia di italiani nel mondo l’ingiusta perdita della cittadinanza è un vulnus, un vuoto, uno strappo morale che da troppo tempo ormai esige risposte concrete, efficaci e all’altezza di un Paese civile quale è l’Italia. Risposte che noi parlamentari oggi siamo chiamati a dare per quel fondativo senso di giustizia che nutre le Istituzioni che in Parlamento noi eletti rappresentiamo.

Quegli uomini e quelle donne, nonostante lo scorrere dei decenni, hanno impresso indelebilmente dentro di loro le proprie origini e la propria italianità. Espatriando, la quasi totalità di essi non ha mai interrotto il rapporto con la nostra amata Italia. Si può perdere la cittadinanza, ma il senso di appartenenza alla tua comunità originaria nessuno te lo può strappare via. Con questa condividi uno straordinario patrimonio di valori e profonde radici storico-culturali che è impensabile estirpare. Immagino, comunque, che queste siano sensazioni già provate da molti di voi sulla loro stessa pelle.

Durante le scorse settimane ho lavorato su una proposta, limando e pesando ogni singola parola. Meritano una risposta tutti quei cittadini nati in Italia, figli di almeno un genitore italiano, che hanno perso la cittadinanza in seguito ad espatrio. Non vi nascondo che questo tema sia il motivo fondativo che mi ha spinto a candidarmi al Senato, abbandonando per ora il mio percorso televisivo. Credo infatti che sia un obbligo morale adoperarsi affinché questa ferita profonda venga sanata, semplificando le attuali complesse procedure di riottenimento della cittadinanza. Per questo ho fortemente voluto che il mio disegno di legge – così si chiama formalmente – fosse presentato nella prima seduta d’Aula disponibile dopo la formazione del Governo, ovvero il 12 giugno. Tra qualche giorno sarà disponibile nel sito del Senato, nella sezione “Leggi e Documenti”, e potrete leggerne il testo.

Credo che lo Stato dovrebbe garantire, a quelli che sono a tutti gli effetti figli della nostra terra, procedure rapide, snelle e facilmente accessibili per il riacquisto della cittadinanza. Senza porre requisiti ingiustificati ed iniqui. In tal modo, verrebbe saldato un debito morale nei confronti di coloro i quali hanno perso lo status di cittadino a causa di leggi datate e da considerare, al giorno d’oggi, superate. Questo è un dovere che l’Italia ha, non è un regalo.

Sarebbe ingiusto non riconoscere l’impegno che, in questi anni, alcuni dei parlamentari hanno dedicato a questo tema. Dal 2006 ad oggi, dagli eletti all’estero di tutti gli schieramenti, sono stati presentati all’incirca quaranta progetti di legge in materia di perdita della cittadinanza. La questione rimane, però, ancora irrisolta. Il problema, come sottolineavo la scorsa volta su queste pagine, non è il “cosa” ma il “come”. L’iter che ciascuna proposta deve affrontare è tortuoso e pieno di ostacoli. Tanto che spesso molte rimangono incastrate negli ingranaggi della macchina del Parlamento, persino prima di poter approdare in Aula. Si tratta di un congegno complesso in cui anche le migliori intenzioni possono arenarsi. Proprio per questo motivo, è bene che voi sappiate che non presenterò decine e decine di disegni di legge solo per adornare o riempire qualche sito. Non credo che gli italiani all’estero traggano beneficio da superflue proposte di bandiera.

Sperare che in tempi brevi la questione possa essere risolta sarebbe quindi utopistico ed irreale. Tuttavia, voglio continuare a richiamare con forza l’attenzione su quanto sia importante non rimanere indifferenti di fronte alla reale esigenza della perdita della cittadinanza. Milioni di italiani nel mondo guardano noi eletti in Parlamento, ci osservano e ci giudicano per quell’attenzione di cui finora si sono spesso sentiti orfani.

Italiani all’estero, il 29 luglio la Giornata dei Veneti nel Mondo

Manuela Lanzarin, assessore della Regione Veneto con delega ai Flussi migratori, per la X edizione della Giornata dei Veneti nel Mondo in programma, in concomitanza con il “Cansiglio Day” organizzato dalla Trevisani nel Mondo, nella giornata di domenica 29 luglio presso la tensostruttura in località S. Osvaldo, dichiara: “Ci ritroviamo anche quest’anno a questo importante appuntamento che ci vede celebrare la Giornata dei Veneti nel Mondo arrivata alla decima edizione. Si tratta – ha detto Lanzarin nel suo intervento di saluto – di un evento importante per tutti noi, giovani ed anziani, perché per gli uni ricorda una grande epopea della nostra storia, un periodo del nostro passato caratterizzato da povertà e dolore, e per gli altri fa conoscere un passato portatore di valori che si stanno via via affievolendo”.

“Il periodo della grande emigrazione è stato, come detto, un periodo di grande povertà, ma, al contempo, ha rappresentato e rappresenta tuttora un momento di grande riscatto per noi veneti: nel mondo, ovunque siamo andati, ci siamo fatti onore con il nostro lavoro, con la nostra forza d’animo, con la nostra intraprendenza, arrivando a raggiungere in molti casi risultati notevoli sotto il profilo sociale ed economico”.

Il programma prevede ritrovo alle ore 10.30; alle 10.45 sfilata di benvenuto con i gonfaloni, autorità e partecipanti preceduta dalla “Fanfara di Conegliano”; alle 11.00 Santa Messa all’aperto celebrata dall’arcivescovo Alberto Bottari de Castello e concelebrata dai sacerdoti associativi e missionari; alle 12.00 saluto della autorità presenti; alle 12.30 consegna delle onorificenze “Premio eccellenze Venete”; alle 13.00 pranzo comunitario; alle 15.30 esibizione del gruppo corale “Agogica” con canti tipici dell’EMIGRAZIONE veneta.

Si ricorda che per tutta la manifestazione sarà visitabile, nella chiesetta di S. Osvaldo, la mostra di pittura “La donna nell’emigrazione veneta”.

«L’Associazione Bellunesi nel Mondo sarà presente a questo importante evento – ha voluto sottolineare il presidente ABM Oscar De Bona – e non mancheranno i gagliardetti delle nostre Famiglie». (Italia Chiama Italia, 18.07.2018)

Incontro UE-CELAC: Merlo sottolinea la presenza italiana in America Latina

Il sottosegretario agli Esteri, Ricardo Merlo, ha partecipato in rappresentanza del ministro degli Esteri Moavero Milanesi all’incontro UE – CELAC tenutosi a Bruxelles lunedì 16 e martedì 17 luglio.
La Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) è un’organizzazione che raggruppa i 33 Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. È stata costituita nel 2011 allo scopo di favorire il processo di integrazione della regione latinoamericana e consentire un proficuo dialogo tra questa e l’Unione Europea.

Il sottosegretario Merlo ha iniziato il suo intervento sottolineando quanto sia forte e organizzata la comunità italiana in America Latina, dai Caraibi al Centro America fino ad arrivare al Brasile e all’Argentina: “anche grazie all’importante presenza di italiani e più in generale di cittadini europei nei Paesi latinoamericani sono profondi e strettissimi i legami economici e culturali che uniscono Europa e America Latina. Relazioni che rappresentano senza dubbio una solidissima base di partenza, ma che vanno coltivate e rafforzate continuamente, con incontri come quello di oggi”, ha detto il senatore Merlo durante il suo discorso.

Il fatto che Merlo, uno dei parlamentari eletti all’estero, per la prima volta abbia parlato di italiani nel mondo in rappresentanza del governo italiano durante un forum internazionale dedicato ai rapporti tra Ue e Latinoamerica è davvero qualcosa di nuovo e significativo, che dà enorme prestigio all’Italia oltre confine e grande risalto ai nostri connazionali residenti in quella zona del mondo.

Merlo, eletto in Sud America e residente a Buenos Aires, ha svolto una parte del suo intervento in spagnolo, un fatto questo che è stato molto apprezzato dai rappresentanti istituzionali degli Stati presenti. In spagnolo ha anche citato Papa Francesco, a cui il sottosegretario è molto legato: “La deuda social exige la realizacion de la justicia social. Juntas nos interpelan a todos los actores sociales, en particular al estado, alla dirigenza politica, al capital financiero, los empresarios, agropecurarios e industriales, sindicatos, las iglesias y demas organizaciones sociales”.

Usando le parole del Santo Padre il sottosegretario ha voluto a sua volta evidenziare quanto siano importanti la politica, le istituzioni e i rappresentanti delle diverse parti sociali, dagli imprenditori ai sindacati, dagli industriali agli operatori nel settore agricolo, per la realizzazione della giustizia sociale.
“Rappresentare il governo italiano durante una assise internazionale di tale importanza è stato un onore e una opportunità straordinaria“, ha dichiarato a margine Merlo, che è anche il presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero. “Ho voluto mettere l’accento sulla forte presenza italiana in America Latina perché sono convinto che le relazioni tra l’Europa e gli Stati CELAC possano beneficiare molto della collettività italiana che si è saputa bene integrare e rappresenta le nostre migliori forze produttive. Oggi la nostra comunità ha propri rappresentanti nei settori più diversi dei Paesi di Centro e Sud America, senza dimenticare i Caraibi, con la Repubblica Dominicana – per esempio – che ha un tasso di crescita importante e rappresenta senza dubbio la maggiore economia di quella parte del mondo”, ha concluso. (aise, 18.07.2018) 

Commenti sulla lettera dell’On. Sangregorio al Sen. Ricardo Merlo

Ho letto attentamente la lettera che l’On. Sangregorio ha scritto al Sottosegretario al Ministero degli Affari Esteri Ricardo Merlo, e dopo averci pensato sopra, ho deciso di scrivere le mie riflessioni. Innanzitutto manifesto la mia completa adesione alle richieste di Sangregorio. Il deputato, infatti, inizia la sua lettera sollecitando al senatore che si adoperi per attuare misure destinate a migliorare i servizi consolari. Suggerisce per esempio di far riaprire il Consolato a Montevideo, dove c’è una collettività italiana di 120mila persone e pratiche in giacenza da nove anni.

Dà poi l’idea a Merlo di operarsi per dare più autonomia ai viceconsolati onorari, eventualmente con l’invio di personale  MAE per i casi dove le pratiche superino le trentamila unità. Il suggerimento è l’indicato  perché questi impiegati possono firmare i documenti e smaltire quindi le pratiche.

Sempre dal punto di vista di un più effettivo espletamento delle pratiche consolari, scrive che bisognerebbe mettere i Consolati nelle condizioni di assumere più contrattisti. E’ a questo punto che mi permetto di fare un commento, in quanto penso che il Ministero degli Affari Esteri  debba rivedere completamente l’impostazione sugli impiegati della rete consolare. Da una parte, c’è il personale MAE, che ha la possibilità di far carriera, di spostarsi, formato da impiegati volenterosi, però senza nessuna esperienza sul territorio. Quest’ultima competenza se la fanno lavorando in loco, ma quando l’ acquisiscono, vengono o rimpatriati o trasferiti in un’altra sede.

Negli stessi uffici ci sono i contrattisti, persone con la preparazione adeguata alle necessità del luogo, spesso plurilaureate e vincitrici di concorsi, padrone del campo, conoscono il territorio e le sue necessità, però è un personale con grosse limitazioni, senza possibilità di decisione e di fare carriera. Bisognerebbe quindi provvedere alla loro riqualificazione e motivazione dandogli delle prospettive di lavoro molto più ampie delle attuali. Questo si potrebbe ottenere con concorsi interni al MAE, come succedeva prima, ma soprattutto con una visione più meritocratica e integrativa del lavoro consolare.

Un altro problema, che nessuno vede perché non lo conosce, è quello dei “digitatori”. Anche in questo caso si tratta di persone molto qualificate, la cui prestazione non è dovutamente riconosciuta e che sono quasi dei paria all’interno dei vari uffici consolari.

Termino augurando al sottosegretario del Ministero degli Affari Esteri, sen. Merlo, e a tutta la sua squadra, composta da italo argentini, partiti quindi da una posizione similare a quella di questi impiegati, di riuscire, piano piano, a migliorare la situazione nel suo complesso, cosciente che non è facile per nulla.

L’On. Merlo ha dimostrato con la sua carriera politica di saper dialogare e di essere un eccellente tessitore, gli auguro pertanto di riuscire nel duplice fine: di ottenere un più veloce espletamento delle pratiche consolari e di soddisfare le necessità dell’organico dei Consolati.

Edda Cinarelli

Nasce il Portofino International Festival: arte ed eleganza dalla Liguria

Nasce in Liguria, il Portofino International Festival e a crearlo è un artista genovese dal forte talento organizzativo, il baritono Franco Cerri: “Il Festival” ci spiega “è nato da una riflessione che ho fatto cantando sotto le stelle sulla piazzetta di Portofino l’estate scorsa durante il primo concerto che qui ho organizzato in collaborazione con Sanpaolo Invest. In quell’occasione fui chiamato e cantai da baritono, ma diedi loro anche una consulenza musicale occupandomi di tutto ciò che ne feceva parte. Li misi quindi in contatto con un’orchestra, quella del Festival Puccini di Torre del Lago di cui sono stato più volte ospite, e un direttore, Alberto Veronesi.”

Accompagnati da loro si presentarono a Portofino il grande violoncellista Giovanni Scaglione che per l’occasione eseguí il concerto per violoncello e orchestra di Schumann e il celebre soprano russo Maria Maksakova che assieme a Cerri cantò una serie di popolari e accattivanti romanze d’opera. “In quel magico contesto” prosegue il baritono genovese “il risultato fu talmente bello che decisi di creare un Festival che celebrasse la bellezza di uno spicchio della nostra Italia e di tutte le eccellenze che hanno reso l’Italia il Paese più affascinante del mondo.”. Detto, fatto: non senza rilevare che “questa mia ispirazione si riferisce al concetto wagneriano di arte sincretica, e rivisitandolo in chiave contemporanea può significare affiancare alla musica d’arte, le altre espressioni dell’arte italiana: quindi, oltre alla musica, la moda e l’arte culinaria.

In una località preziosa come Portofino, il Festival si propone di diventare un appuntamento di qualità, glamour ed esclusivo.”. Un progetto ambizioso che, sono parole di Cerri: “mira a far diventare il Portofino International Festival una delle realtà più raffinate, mondane ed esclusive tra le rassegne musicali italiane e, al contempo, un’occasione per valorizzare i grandi talenti italiani e, in particolare, quelli della nostra Liguria.”. Ci sarà sempre uno “spazio” dedicato al grande compositore genovese Nicolò Paganini. L’obiettivo è quello di contribuire a riportare le eccellenze italiane a essere protagoniste nel panorama internaziale, come accadeva nella cosiddetta Italia degli anni d’oro. “Per fare tutto ciò mi sono contornato di eccellenti collaboratori, tra cui il maestro Marco Guidarini che mi darà una mano come consulente musicale”.

Di seguito la programmazione per questo primo anno. 4 luglio Concerto di apertura con l’orchestra del Teatro del Giglio di Lucca diretta da Gianluigi Dettori che eseguirà il concerto numero due “La campanella“ di Nicolò Paganini. Nella seconda parte l’Ouverture dalla Gazza ladra di Gioachino Rossini e la Sinfonia detta “L’Italiana” di Felix Mendelssohn. Solista Masha Diatchenko Per l’occasione la solista indosserà un abito della linea Ultrachic dello stilista milanese Diego Dossola ed i gioielli della storica gioielleria Cicala. Giovedì 19 Luglio Presentazione del Libro “Gulda in viaggio verso Praga”, Il Melangolo, con l’autore Marco Guidarini Ore 18 presso la Galleria Portofino, Piazza Martiri Olivetta (Piazzetta).

Mercoledì 8 Agosto Enrico Bronzi violoncello Giulio Plotino violino Matteo Mela chitarra Programma dedicato principalmente al compositore genovese Nicolò Paganini e presentazione del disco a lui dedicato. Teatro Giorgio Strehler adiacente alla Piazzetta di Portofino. Lunedì 20 Agosto Giovanni Scaglione violoncello Suite di Bach per violoncello solo numero I, III, VI Chiesa di San Giorgio Mercoledì 5 Settembre Dado Moroni pianoforte Max Jonata sassofono Un viaggio da Duke Ellington a Stevie Wonder con una simpatica incursione in Paganini.

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L’eccezionale gruppo di Ricardo Merlo, nuovo sottosegretario agli Esteri

Che Ricardo Merlo, fosse un abile e paziente tessitore, da fare invidia alla stessa Penelope, lo abbiamo capito da un pezzo, ma da quando è stato eletto sottosegretario agli Esteri, ci ha sorpreso per un’altra sua marcata qualità: quella di saper scegliere i suoi collaboratori. Pochi giorni dopo la sua nuova nomina si è saputo, infatti, che il console generale di Porto Allegre, Nicola Occhipinti, sarebbe divenuto il capo della segreteria del suo Gabinetto. Non poteva esserci scelta migliore.

Occhipinti è stato console a Buenos Aires dal 2004 al 2008 ed ha lasciato tra di noi uno splendido ricordo. Testimone e protagonista di un periodo di singolare rilevanza per noi italiani in Argentina, è stato a Buenos Aires durante le nostre prime elezioni – 2006 e durante le seconde – 2008.  Ha prestato servizio con il console generale Placido Vigo e con Giancarlo M. Curcio. E’ un diplomatico serio, lavoratore, molto onesto, disponibile verso la gente e affabile, la sua più grande qualità è però l’onestà intellettuale e delle sue convinzioni tanto profonda da mettersi in gioco, ed ha sempre dimostrato una grande umiltà. Un’altra bella notizia è stata la nomina di Riky Filosa a portavoce del sottosegretario. Anche in questo caso si tratta di una scelta felice. Riky alla testa di Italia chiama Italia ha dimostrato di essere un buon giornalista e di essere anche molto leale, ha dimostrato il suo appoggio al MAIE fin dagli inizi.

Che dire poi di Mario Borghese, deputato Maie? Anche lui è un giovane sorprendente, che seguendo i passi del padre, il dott. Mario Borghese, da anni lavora per la collettività italiana e la conservazione e sviluppo della cultura italiana. Durante gli ultimi festeggiamenti per la celebrazione del 2 Giugno, data della Repubblica Italiana, con la sua famiglia ha organizzato, a Cordoba, una serie di cerimonie veramente interessanti. Tra le tante è d’obbligo citare l’inaugurazione del monumento di Luigi Pirandello, nel “Paseo de los Italianos, ” nel Parco Sarmiento; la prestazione sportiva, nella scuola Dante Alighieri e dulcis in fundo la nuova inaugurazione della facciata dell’Unione e Benevolenza in Via  Tucumán 467, nel pieno centro. Senza un intervento questa facciata che risale alla decade del 1870 si sarebbe perduta e ne dobbiamo a Borghese la conservazione.

C’è poi Alessandro Cario, che dalla nomina a senatore sorprende per le  qualità, che prima non gli conoscevamo.

Non ci resta da sperare quindi che il MAIE, con questa equipe simile a quella Ferrari,  possa aiutarci a risolvere in generale i problemi degli italiani nel mondo e in speciale quelli degli italiani in Argentina.

Edda Cinarelli

Appello di padre Alex Zanotelli* ai giornalisti italiani: “Rompiamo il silenzio sull’Africa”.

Non vi chiedo atti eroici, ma solo di tentare di far passare ogni giorno qualche notizia per aiutare il popolo italiano a capire i drammi che tanti popoli africani stanno vivendo

Scusatemi se mi rivolgo a voi in questa torrida estate, ma è la crescente sofferenza dei più poveri ed emarginati che mi spinge a farlo. Per questo, come missionario e giornalista, uso la penna per far sentire il loro grido, un grido che trova sempre meno spazio nei mass-media italiani, come in quelli di tutto il modo del resto.

Trovo infatti la maggior parte dei nostri media, sia cartacei che televisivi, così provinciali, così superficiali, così ben integrati nel mercato globale.

So che i mass-media , purtroppo, sono nelle mani dei potenti gruppi economico-finanziari, per cui ognuno di voi ha ben poche possibilità di scrivere quello che veramente sta accadendo in Africa.

Mi appello a voi giornalisti/e perché abbiate il coraggio di rompere l’omertà del silenzio mediatico che grava soprattutto sull’Africa.

È inaccettabile per me il silenzio sulla drammatica situazione nel Sud Sudan (il più giovane stato dell’Africa) ingarbugliato in una paurosa guerra civile che ha già causato almeno trecentomila morti e milioni di persone in fuga.

È inaccettabile il silenzio sul Sudan, retto da un regime dittatoriale in guerra contro il popolo sui monti del Kordofan, i Nuba, il popolo martire dell’Africa e contro le etnie del Darfur.

È inaccettabile il silenzio sulla Somalia in guerra civile da oltre trent’anni con milioni di rifugiati interni ed esterni.

È inaccettabile il silenzio sull’Eritrea, retta da uno dei regimi più oppressivi al mondo, con centinaia di migliaia di giovani in fuga verso l’Europa.

È inaccettabile il silenzio sul Centrafrica che continua ad essere dilaniato da una guerra civile che non sembra finire mai.

È inaccettabile il silenzio sulla grave situazione della zona saheliana dal Ciad al Mali dove i potenti gruppi jihadisti potrebbero costituirsi in un nuovo Califfato dell’Africa nera.

È inaccettabile il silenzio sulla situazione caotica in Libia dov’è in atto uno scontro di tutti contro tutti, causato da quella nostra maledetta guerra contro Gheddafi.

È inaccettabile il silenzio su quanto avviene nel cuore dell’Africa , soprattutto in Congo, da dove arrivano i nostri minerali più preziosi.

È inaccettabile il silenzio su trenta milioni di persone a rischio fame in Etiopia, Somalia , Sud Sudan, nord del Kenya e attorno al Lago Ciad, la peggior crisi alimentare degli ultimi 50 anni secondo l’ONU.

È inaccettabile il silenzio sui cambiamenti climatici in Africa che rischia a fine secolo di avere tre quarti del suo territorio non abitabile.

È inaccettabile il silenzio sulla vendita italiana di armi pesanti e leggere a questi paesi che non fanno che incrementare guerre sempre più feroci da cui sono costretti a fuggire milioni di profughi. (Lo scorso anno l’Italia ha esportato armi per un valore di 14 miliardi di euro!).

Non conoscendo tutto questo è chiaro che il popolo italiano non può capire perché così tanta gente stia fuggendo dalle loro terre rischiando la propria vita per arrivare da noi.

Questo crea la paranoia dell’“invasione”, furbescamente alimentata anche da partiti xenofobi.

Questo forza i governi europei a tentare di bloccare i migranti provenienti dal continente nero con l’Africa Compact , contratti fatti con i governi africani per bloccare i migranti.

Ma i disperati della storia nessuno li fermerà.

Questa non è una questione emergenziale, ma strutturale al sistema economico-finanziario. L’ONU si aspetta già entro il 2050 circa cinquanta milioni di profughi climatici solo dall’Africa. Ed ora i nostri politici gridano: «Aiutiamoli a casa loro», dopo che per secoli li abbiamo saccheggiati e continuiamo a farlo con una politica economica che va a beneficio delle nostre banche e delle nostre imprese, dall’ENI a Finmeccanica.

E così ci troviamo con un Mare Nostrum che è diventato Cimiterium Nostrum dove sono naufragati decine di migliaia di profughi e con loro sta naufragando anche l’Europa come patria dei diritti. Davanti a tutto questo non possiamo rimane in silenzio. (I nostri nipoti non diranno forse quello che noi oggi diciamo dei nazisti?).

Per questo vi prego di rompere questo silenzio-stampa sull’Africa, forzando i vostri media a parlarne. Per realizzare questo, non sarebbe possibile una lettera firmata da migliaia di voi da inviare alla Commissione di Sorveglianza della RAI e alla grandi testate nazionali? E se fosse proprio la Federazione Nazionale Stampa Italiana (FNSI) a fare questo gesto? Non potrebbe essere questo un’Africa Compact giornalistico, molto più utile al Continente che non i vari Trattati firmati dai governi per bloccare i migranti?

Non possiamo rimanere in silenzio davanti a un’altra Shoah che si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Diamoci tutti/e da fare perché si rompa questo maledetto silenzio sull’Africa.

*Alex Zanotelli è missionario italiano della comunità dei Comboniani, profondo conoscitore dell’Africa e direttore della rivista Mosaico di Pace

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