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October 2019

La Chiesa valdese contro il crocifisso in Piemonte: “La laicità dello Stato è un valore”

Torino: «Le istituzioni di uno stato laico devono mantenere una corretta distanza dalle scelte dottrinali dei cittadini». E’ uno dei passaggi salienti della presa di posizione della Chiesa valdese di Torino in vista della seduta convocata domani in Consiglio regionale. Più precisamente, con riferimento al dibattito, che si annunci acceso, sulla volontà da parte della maggioranza di centrodestra-Lega di posizionare nell’Aula del parlamentino piemontese un crocifisso.

Piani diversi

«Come Chiesa Cristiana Riformata predichiamo Cristo crocifisso e risorto. La resurrezione del Cristo è la base della nostra fede e trasforma la passione e la morte del Cristo in un atto di redenzione e salvezza per l’umanità intera».

Premesso questo, ed eccoci al punto: «Queste nostre convinzioni non ci impediscono di ritenere che le istituzioni di uno stato laico debbano mantenere una corretta distanza dalle scelte dottrinali dei cittadini – si premette nel comunicato firmato da Patrizia Mathieu, presidente protempore del concistoro di Torino -. Ci sembra importante ricordare quanto ha recentemente espresso la Tavola Valdese, l’organo esecutivo delle chiese valdesi e metodiste in Italia, per voce della moderatora Alessandra Trotta». A seguire, la citazione: «La nostra storica critica al crocifisso di Stato è duplice come cittadini/e italiani/e riteniamo che violi il principio di laicità dello Stato e neghi la dimensione pluralista della società italiana. Il crocifisso non è, infatti, un simbolo “neutro” e il suo utilizzo come strumento di identificazione nazionale, sociale o politica è stato spesso, purtroppo, foriero di divisione e conflitti».

«No alle strumentalizzazioni»

«Ci uniamo anche alle recenti affermazioni dei tanti fratelli cattolici come Papa Francesco e Padre Bartolomeo Sorge, nella preoccupazione che la difesa dei simboli religiosi sia strumentale alle ragioni dei partiti politici e pertanto chiediamo che l’attenzione della politica sia rivolta verso l’attuazione del mandato costituzionale attraverso la promulgazione di una legge sulla libertà di culto e di pensiero tutt’ora mancante nel nostro ordinamento – prosegue il comunicato della Chiesa valdese di Torino -. Ricordiamo ai nostri rappresentanti nelle Istituzioni che la libertà di religione di migliaia di nostri/e concittadini/e aderenti a fedi non tutelate dalle Intese è ancora soggetta alle leggi di Polizia del Ventennio Fascista. Questo ci sembra l’argomento da mettere al più presto all’ordine del giorno del Consiglio Regionale di una Regione in cui le espressioni religiose e non religiose sono varie e multiformi e costituiscono la ricchezza del nostro tessuto sociale e culturale». Un segnale chiaro in vista della seduta di domani.

Pasta, l’Italia è il Paese che ne consuma di più: 23 kg a testa all’anno

La pasta è sicuramente uno dei piatti tipici della tradizione italiana, amato da star del calibro di Sofia Loren, che diceva: «Tutto quello che vedete lo devo agli spaghetti». E dalla ricerca di Eumetra, realizzata su un campione di 3 mila persone e commissionata da Unione Italiana Food (Aidepi), emerge che è anche il piatto preferito dagli italiani: 9 su 10 ne consumano con frequenza, e 1 su 3 tutti i giorni. Ogni anno sulle tavole italiane vengono serviti 23 chilogrammi di pasta a testa, dando all’Italia il primato mondiale. Dietro c’è la Tunisia, con 16 chilogrammi pro-capite, il Venezuela (12) e Grecia (11,2).I gusti e le scelte

I gusti e le scelte

Quali sono i formati preferiti? Vincono su tutti le paste corte, come penne, rigatoni e fusilli, che sono scelti dal 78% del campione intervistato da Eumetra, mentre tra i condimenti medaglia d’oro va alla «pappa con il pomodoro», che viene eletta piatto preferito dall’80% del campione, seguita dal ragù e dal pesto. Ma sulle tavole degli italiani vince anche la curiosità per i nuovi gusti: ecco così che il 10% di loro afferma di aver cambiato pasta, scegliendola di kamut, di lenticchie, o integrale, ma il 70-80% di loro consuma anche pasta tradizionale di grano duro. Rispetto agli anni passati, però, diminuiscono le porzioni: 87 grammi come i 106 di qualche anno fa. Merito (o colpa) di pregiudizi duri a morire, secondi cui la pasta fa ingrassare: emblematico il fatto che sia il primo alimento consumato a pranzo, ma l’ultimo scelto per la cena, con la motivazione del «preferisco stare leggero». In realtà è provato che la pasta in una dieta bilanciata sia un alimento molto sano e di cui non fare a meno.

L’export

Nel 2018 i pastifici italiani ne hanno prodotti 3 milioni e 370 mila tonnellate, in crescita dello 0,3% rispetto al 2017, di cui il 58% è stato destinato all’export. In Europa 1 piatto su 3 viene fatto con pasta italiana, mentre nel mondo è 1 su 5. I Paesi in cui esportiamo maggiormente sono la Germania, il Regno Unito, la Francia e gli Stati Uniti, ma i mercati in cui si sono registrate le performance migliori sono stati Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Cina e Australia.

Il Corriere della Sera, 16/10/2019

Genova ce l’ha fatta: sarà Capitale europea dello Sport 2024

Genova sarà capitale europea dello Sport 2024: si tratta di un riconoscimento capace di portare decine di milioni di euro di finanziamenti in città e ridisegnare l’impiantistica sportiva genovese, oltre che costituire un volano per il turismo di settore. Il capoluogo ligure – in corsa per aggiudicarsi il titolo nel 2023 – è arrivato a pari merito con la scozzese Glasgow.
La commissione incaricata di scegliere la capitale europea dello Sport – guidata da Aces Europe, la Federazione delle Capitali Europee dello Sport, e composta anche da esponenti delle università di Lisbona, Zagabria e Kosice – ha quindi deciso di assegnare il riconoscimento alla città scozzese per il 2023 e contemporaneamente a Genova per il 2024.
La programmazione per la scelta della capitale europea dello Sport viene fatta con quattro anni di anticipo: se quest’anno è toccato alla capitale ungherese Budapest, sono già note le città che ospiteranno decine e decine di eventi internazionali nei prossimi tre anni: nel 2020 toccherà a Malaga, tra due anni a Lisbona e nel 2021 alla città olandese de L’Aia.
«Dopo esserci aggiudicati l’edizione 2022 della The Ocean Race di vela – sottolinea il sindaco di Genova Marco Bucci – arriva un’altra grande sfida per Genova. Una sfida organizzativa ma soprattutto un’altra occasione per promuovere la nostra città in tutta Europa. Ma anche un’altra testimonianza di come l’amministrazione comunale sia attenta ai grandi eventi sportivi».

«Essere città europea dello Sport per il 2024 – rimarca il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti – è una grande vittoria per Genova, frutto di un importante lavoro di squadra che caratterizza la nostra azione di governo. Un traguardo prestigioso che sarà volano per l’economia della città. Siamo pronti a sfruttare al meglio questa grande opportunità: avanti Genova».

«Un traguardo veramente importante, quello raggiunto da Genova – dice il consigliere delegato allo sport Stefano Anzalone – Si tratta di un grandissimo risultato al quale. Voglio condividere questa gioia con tutta la città e con tutte le società sportive perché abbiamo saputo fare squadra ed essere convincenti. Ciò, voglio ricordarlo, porterà una programmazione dei fondi europei necessari a ristrutturare gli impianti sportivi rendendoli più moderni, ma soprattutto nuove risorse economiche sul territorio per dare impulso all’economia turistico sportiva. Genova vanta una profonda tradizione di sport legati al territorio e sono convinto che saremo all’altezza della sfida che ci aspetta».

«Abbiamo sostenuto e affiancato il Comune in questa candidatura in maniera congiunta, valorizzando Genova come capitale europea di tutto lo sport – dichiarano Ilaria Cavo, assessore regionale allo sport, e Sonia Viale, vicepresidente e assessore alla Sanita – Lo sport in questo anno speciale dovrà essere vissuto come lo sport dei campioni, delle tante società che lo animano, ma anche come lo sport di ogni età: dei bambini, delle famiglie,degli anziani. Ovvero lo Sport inclusivo, come stile di vita per tutti. Questo è lo spirito che ha fatto della candidatura un progetto vincente».

Matteo Dell’Antico (pubblicato da Il Secolo XIX il 24/10/2019)

Argentina: si vota

Oggi si vota in Argentina per eleggere il presidente e il Congresso. Gli ultimi anni sono stati dominati da una serie di crisi economiche e l’anno scorso il paese è stato oggetto del più grande piano di salvataggio della storia del Fondo Monetario Internazionale.

Il presidente viene eletto in un sistema a due turni, ma modificato. Per vincere al primo turno è sufficiente il 45% è sufficiente o il 40% e un vantaggio di 10 punti rispetto a chi arriva al secondo posto.

La politica dell’Argentina non si muove lungo le classiche linee destra-sinistra, ma si divide tra peronisti e antiperonisti. Il peronismo è un’ideologia difficile da definire, in quanto è un mix tra nazionalismo, socialismo e populismo. I peronisti sono di sinistra economicamente, ma tradizionalisti e nazionalisti sul resto. Negli ultimi anni, gli eredi del Peronismo sono stati i Kirchner, l’ex presidente Nestor Kirchner e sua moglie e successore Cristina Fernandez de Kirchner. I due hanno governato l’Argentina dal 2003 al 2015 e hanno spinto il peronismo verso sinistro.

Il presidente in carica Mauricio Macri guida la principale forza anti-peronista, “Insieme per il cambiamento”. Macri sperava di poter gradualmente riformare l’economia argentina, ma la crisi che ha colpito il paese l’anno scorso ha vanificato tutti i suoi sforzi. Macri e il suo partito sono andati male alle elezioni primarie di quest’anno, che in realtà sono una sorta di grande “sondaggio” o primo turno.

I peronisti sono rappresentati da Alberto Fernández del Partito Giustizialista, la cui vice è Cristina Fernandez de Kirchner (non sono parenti). Fernandez è stato il capo di gabinetto di Nestor Kirchner negli anni 2000. Ha promesso di riportare in vigore alcuni dei programmi popolari ma economicamente insostenibili di Kirchner.

La situazione è quella di un paese in costante recessione dal 2011 e una inflazione galloppante al 50% che l’attuale presidente aveva promesso di combattere quando nel 2015 era già al 35%, così come la mancata lotta alla povertà in crescita dal 30% al 35% nel periodo 2015-2019.

Nel complesso, Fernandez è il grande favorito, mentre Macri è orientato alla sconfitta. Dovrebbe riuscire a vincere già oggi.

Imparare l’italiano attraverso lo sport: concluso il progetto “L’Italiano in campo”

Si è svolta giovedì 17 ottobre la cerimonia conclusiva del progetto “L’italiano in campo” che il Consolato Generale d’Italia a Buenos Aires ha portato avanti durante il 2019, con il fine di avvicinare i giovani alla lingua italiana attraverso lo sport.

Nel salone messo a disposizione dal Club Italiano, il Console Generale Riccardo Smimmo, il Console Gianluca Guerriero e il Dirigente Scolastico del Consolato Giampiero Finocchiaro, hanno ricordato le caratteristiche e le peculiarità del progetto, ringraziato i numerosi partner, premiato con un attestato le presidi delle quattro scuole pubbliche paritarie che hanno aderito all’iniziativa ed infine consegnato ai bambini presenti le magliette gentilmente regalate dalla squadra U.C. Sampdoria.

“L’italiano in campo” è un progetto realizzato nella capitale argentina dal Consolato Generale d’Italia a Buenos Aires durante l’anno 2019 e che ha avuto come finalità quella di avvicinare alla lingua italiana, attraverso lo svolgimento di attività sportive, bambine e bambini di alcune scuole pubbliche elementari di Buenos Aires, dove già l’italiano viene insegnato come idioma straniero.

Oltre ad un evento di lancio a novembre 2018 e alla festa conclusiva di giovedì, il progetto vero e proprio si è sviluppato durante 16 incontri tra maggio ed ottobre 2019. Durante questo periodo sono state coinvolte quattro scuole diverse, ognuna ha effettuato quattro incontri con classi delle elementari composte da una media di 22 bambini, per un totale di oltre 100 bambini.

L’organizzazione dell’evento è stata affidata alla ONG La Victoria, che si occupa da anni di progetti sportivi e sociali. Oltre al Presidente della Ong Pablo Olmos, al progetto ha collaborato uno staff di 12 persone composto da: Andrea Pedemonte – responsabile generale del progetto, Monica Arreghini – professoressa di italiano della Dante Alighieri e referente per i rapporti con le scuole, Matias Luppani – istruttore di hockey ed ex nazionale sia italiano che argentino, Jacopo Bianchi – istruttore di calcio madrelingua, quattro ragazzi italiani che stanno svolgendo un anno di servizio civile internazionale in Argentina con l’Associazione Agisco e la FACA (Federazione delle Associazioni Calabresi in Argentina), nonché quattro studenti della scuola per docenti di italiano.

L’attività progettuale, che ha ottenuto il patrocinio del CONI Argentina, è stata resa possibile grazie alla cooperazione del Consolato Generale e del suo Ufficio scolastico con numerosi partner tra i quali si annoverano: la Federazione Italiana Hockey che ha inviato i bastoni e le palline per praticare questo sport, la squadra di calcio U.C.Sampdoria che ha donato le divise di gioco per i bambini, il Patronato INCA di Buenos Aires che ha donato il materiale per i giochi in italiano, il Club Italiano che ha ospitato gratuitamente le attività e l’Accademia Sportiva Italiana che ha messo a disposizione le sue competenze in ambito organizzativo.

“L’Italiano in campo” ha riscosso un notevole entusiasmo sia tra gli alunni partecipanti sia tra i loro docenti. Il successo di questo progetto consiste nell’aver reso più facile e divertente l’apprendimento dell’italiano attraverso giochi/esercizi sportivi, realizzando le lezioni non in aula, dove gli alunni ascoltano in modo passivo, ma in un campo sportivo dove i ragazzi vengono coinvolti in maniera attiva. Abbinando l’apprendimento di nuovi termini ad una prova pratica sportiva, non solo lo si rende più divertente e dunque coinvolgente ma si facilita anche la memorizzazione da parte dei ragazzi. Inoltre, anche dal punto di vista motorio, l’aver impostato l’attività in forma di sfida a squadre ed il fatto che ogni attività richieda contemporaneamente abilità fisiche ma anche di linguaggio, favorisce il coinvolgimento verso lo sport anche di bambini generalmente sedentari e non particolarmente amanti dell’attività fisica.

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Marco Petacco nuovo Console Generale in Buenos Aires

Marco Petacco e’ nato a Carrara (Massa Carrara) il 14 luglio 1975. Conseguita la maturita’ scientifica con 60/60, si laurea con lode in giurisprudenza presso l’Università di Pisa il 2 febbraio 1999, con tesi in diritto internazionale pubblico.

Entra in carriera diplomatica, a seguito di concorso, il 29 dicembre 2000. Svolge i primi incarichi al Ministero degli Affari Esteri presso il Cerimoniale Diplomatico della Repubblica e alla Dir. Gen. Paesi Asia, Oceania, Pacifico e Antartide. Confermato in ruolo dal 29 settembre 2001 presta servizio all’Ufficio III del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica collaborando a numerose visite di Stato effettuate dal Presidente della Repubblica Italiana, inclusa la prima Visita compiuta da un Capo di Stato Italiano in Sud Africa, nel marzo 2002.

All’estero, dal 2004 al 2008 è inviato quale Secondo e quindi Primo Segretario presso l’Ambasciata d’Italia a Caracas, con funzioni di capo della segreteria del Capo Missione con competenze anche sui 7 paesi di secondario accreditamento che dipendono dalla Sede. Dal 2008 al 2012 è Primo Segretario, poi Consigliere commerciale presso l’Ambasciata d’Italia a Budapest, dove svolge anche le funzioni di Vicario del Capo Missione.

Promosso Consigliere di legazione nel luglio 2011, fa rientro a Roma nel novembre 2011 alla Dir. Gen. Risorse e Innovazione, dove ottiene l’incarico di Vice Capo Unita’. Unità per le Relazioni sindacali, l’innovazione e la semplificazione,

Da novembre 2012 a maggio 2013 segue, presso l’Istituto Diplomatico della Dir. Gen. Risorse e Innovazione, il corso di aggiornamento professionale per Consiglieri di legazione. Nominato Console Generale a Johannesburg, vi ha assunto le funzioni il 26 ottobre 2015.

E’ stato insignito dell’Onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica, e di numerose altre onorificenze straniere. Parla correntemente inglese, spagnolo e francese, con nozioni di portoghese e arabo.

Dalla propria compagna Mirta ha avuto due figli Eleonora e Filippo

Entrata in lizza della Lega in Sudamerica e prime scaramucce con il Maie

La Lega da dicembre dell’anno scorso ha iniziato a organizzare una sua struttura in Sudamerica. Sono stati nominati coordinatori in Argentina, Brasile e Venezuela. Sono iniziate quindi le ostilità con il MAIE che da quelle parti regna sovrano.

Marcelo Bomrad, il coordinatore della Lega in Argentina, ha indetto per il 19 ottobre una manifestazione parallela a quella che si avrà a Roma nella stessa data di fronte all’ambasciata italiana di Buenos Aires. Si vuole protestare contro la volontà annunciata di recente dal nuovo governo di far approvare lo ius soli come forma di acquisizione della cittadinanza. Al riguardo sostiene il Bomrad “la manifestazione è in linea con la stessa che si terrà a Roma da Matteo Salvini: protestiamo contro un governo che non fa gli interessi degli italiani e che vorrebbe introdurre lo ius soli, un colpo basso contro tutti gli italiani, anche dei molti che vivono qui in Argentina”.

Il suo omologo del MAIE, Franco Tirelli, ha dichiarato che: “Il Signor Matteo Salvini convoca per il 19 ottobre una manifestazione in Italia affinché non modifichino il sistema elettorale maggioritario, ma nulla si dice nella sua convocazione dello ius sanguinis o dello ius soli”. Il Bomrad viene quindi accusato di disinformare la comunità italiana.

L’azione disinformante invece è tutta dalla parte del MAIE e questa è un’arma politica della quale questo movimento si avvale spesso e con successo .

Ora il MAIE è costretto ad arrampicarsi sugli specchi per giustificare l’appartenenza a un governo che non si cura affatto degli italiani all’estero e che dello ius soli fa una sua bandiera.
Al riguardo risponde il coordinatore federale di Lega nel Mondo, Paolo Borchia: “Non si può avere fiducia in chi votando il Conte bis, dopo aver sostenuto il governo gialloverde, ha anteposto gli interessi di Palazzo agli interessi della gente”.

Ricardo Merlo, presidente del MAIE, senatore e sottosegretario agli esteri, sostiene che: “I nostri italiani all’estero e i loro discendenti possono dormire sonni tranquilli perché mentre il MAIE farà parte del governo non ci saranno limiti alla trasmissione della cittadinanza italiana e non ci sarà nemmeno lo ius soli”.

Invece l’imposizione dello ius soli da parte di questo governo è già in programma come forse lo è del resto la restrizione della trasmissione della cittadinanza ius sanguinis alla seconda generazione. Il MAIE può solo minacciare il ritiro della fiducia al governo in caso di approvazione di queste modifiche alla legge di cittadinanza.

Ne consegue che il partito di Ricardo Merlo sostiene un esecutivo sulle cui decisioni non può incidere minimamente. Lo appoggia per cui ne è complice.

Potrebbe semmai ritirare la fiducia e il suo presidente rinunciare all’incarico di sottosegretario, ma questo è poco probabile e le scuse buone sarebbero tante, rimane comunque come ipotesi cattiva il mero attaccamento alla poltrona. (Aise)

Duecento anni d’infinito: poesia e pittura nel bicentenario dell’idillio leopardiano, in un libro di Intermedia Edizioni

Duecento anni fa il ventunenne Giacomo Leopardi completava “L’infinito”, quindici endecasillabi sciolti destinati a diventare tra i brani più celebri della letteratura italiana. A distanza di due secoli, quarantasette poeti e quattordici artisti contemporanei, da ogni parte d’Italia, ne hanno rielaborato, ciascuno a proprio modo, le suggestioni, rendendo omaggio al canto leopardiano sulla pagina e sulla tela, attraverso poesie e quadri.

È nato così “Duecento anni d’Infinito. 1819-2019”, antologia curata da Cinzia Baldazzi, critico letterario, e Maurizio Pochesci, curatore d’arte, e pubblicato da Intermedia Edizioni di Orvieto (pp. 150, € 12). Il volume, di circa 150 pagine, è aperto da un saggio di Cinzia Baldazzi, scrittrice e critico letterario, e da una cronologia essenziale curata da Claudio Camerini. Il corpo centrale è costituito dalle 94 poesie, due per ciascun autore, e da un inserto a colori con le riproduzioni di 14 quadri e disegni. In copertina la litografia “Il tempo infinito” di Maurizio Pochesci.

«Niente come un verso o un’immagine riescono a condurre oltre i confini dello spazio e del tempo», spiega Isabella Gambini di Intermedia Edizioni: «La potenza della parola è immensa, così come lo è il sentimento che essa è in grado di rappresentare e trascendere. Consapevole di questo, da editrice, ho sempre creduto e continuo a credere nella poesia, per far scoprire e riscoprire il gusto della scrittura e della lettura anche a coloro che se ne sono dimenticati o non l’hanno ancora coltivato».

La prima uscita ufficiale del libro è avvenuta a Torino, alla 32^ edizione del Salone Internazionale del Libro (9-13 maggio), nello stand espositivo della Regione Umbria. È stato poi presentato il 18 maggio a Lugnano in Teverina all’interno della manifestazione “Fili diVersi e Infiniti”, realizzata nell’ambito del Maggio dei Libri, curata della locale amministrazione comunale e dal Premio Letterario Città di Lugnano, in collaborazione con Intermedia Edizioni. Il libro è stato presente al Menotti Art Festival – Art in the City (Spoleto, 27-30 settembre) e alla manifestazione Umbria Libri (Perugia, 4-6 ottobre).

Il volume contiene i versi di vari poeti italiani.

Partiti nuovi e vecchi problemi

Le nostre democrazie liberali hanno bisogno di un’anima e di una mente che agiscano in permanente collegamento l’una con l’altra. Siamo di fronte ad una crisi di rappresentanza e i populismi e la demagogia, due facce della stessa medaglia, prosperano in questo vuoto. Non c’è bisogno di partiti personali, ma di partiti-società, vale a dire di soggetti politici che sappiano parlare alla società tutta intera e che non rinuncino ad una funzione pedagogica, alla quale tuttavia dovrebbero attendere associazioni culturali oltre a quelle tradizionali – la famiglia, la scuola, la Chiesa – che, facendo leva sulla stessa pubblica istruzione, da un lato contribuissero a formare la classe dirigente nei vari settori della società (economia, pubblica amministrazione, stampa ecc.), e dall’altro mettessero in piedi una sorta di camera di decompressione delle passioni.

A me non convincono i partiti a guida carismatica, cioè quelli che si identificano con un capo, il “grande semplificatore”, che si incarica di risolvere tutti i problemi per conto nostro. ‘Carisma’ vuol dire ‘dono ricevuto dall’alto’. Ebbene, non abbiamo bisogno di nessun uomo della provvidenza: ci è bastato averne fatto esperienza nel passato remoto e prossimo. Mi insospettisce anche chi dice di parlare al cuore. Bisogna parlare alla testa! Il cuore è troppo vicino alla pancia. I problemi delle nostre società sono complessi, e le soluzioni dipendono solo in parte dalla politica nazionale: dipendono sempre più, nel “villaggio globale”, dalla contingenza politica ed economica internazionale. Pertanto, credo che bisogna educare la gente a ragionare, e chi fa politica non deve accarezzare la pancia degli elettori, e nemmeno blandire il cuore più di tanto. Per questo ci sono gli artisti e i poeti.

E, soprattutto, occorre educare i giovani a crescere e a coltivare il rigore morale e il sapere critico. A tale scopo la scienza e la tecnica non bastano: si deve incoraggiare lo studio della storia, della filosofia, dell’arte, della religione. Non è sufficiente addestrare “pezzi di ricambio” per la macchina della produzione o “yes-men” che pigiano un tastino sul computer. La questione morale e la questione educativa sono le vere emergenze della nostra società.

Occorre far capire ai giovani che non bisogna inseguire i paradisi artificiali, né il sogno di una libertà senza limiti. Deve passare l’idea che l’impegno, nella vita, è tutto: il resto è solo scorciatoia, compresa la ricerca della raccomandazione. Ogni posto di lavoro o posizione ottenuti con il favoritismo e non con il solo merito è un furto sociale, che andrebbe perseguito penalmente, oltre che moralmente. Purtroppo le generazioni precedenti hanno offerto molto spesso un cattivo esempio. Nei decenni passati i partiti, nella pubblica amministrazione e nelle partecipazioni statali, sono stati uffici di collocamento. Altro che veicoli di idee!

In Italia scontiamo una patologica mancanza di senso dello Stato. Si sente ripetere in questi giorni la solita cantilena, anche da parte di rappresentanti di un partito nuovo che in poco tempo è diventato più vecchio degli altri, e cioè che bisogna “perseguire la grande evasione fiscale”. Nulla di più ipocrita. In Italia l’evasione fiscale è un fenomeno di massa: la somma della piccola e della media è molto più grande di quella “grande”. Ecco: questa, come tante altre, è una di quelle verità che non dice nessun leader di partito, né vecchio né nuovo. Non è poi vero che in Italia dobbiamo rinunciare ad avere una classe dirigente politica degna di questo nome. Bisogna avere il coraggio di scelte impopolari, ma questo coraggio può venire solo se non si tira a campare. Occorre coltivare un’idea di società, altrimenti l’impegno pubblico si riduce ad un insopportabile narcisismo, che si tira dietro solo invidia sociale.

E con tutto ciò, non bisogna indulgere al pessimismo antropologico descritto dall’espressione “Siamo italiani”. Abbiamo esempi nella nostra storia nazionale cui attingere per perseguire una svolta. I politici dell’Italia post-unitaria, quelli della cosiddetta “destra storica” dettero nel complesso buona prova, e seppero coniugare competenza ed onestà con senso dello Stato, così come uomini della sinistra liberale quali Giovanni Giolitti (1842-1928) e Giuseppe Zanardelli (1826-1903), agli inizi del secolo scorso, seppero resistere ai progetti di restaurazione autoritaria, e in quel torno di tempo favorirono uno sviluppo economico della società italiana accompagnandolo con importanti riforme sociali.

Non basta ridurre il numero dei rappresentanti politici per trasformare una vecchia casta in una nuova classe dirigente, né basta cambiare il nome delle cose per realizzare un nuovo ordine civile. Serve, nella dimensione pubblica, una rivoluzione culturale, vale a dire: una politica duttile ma non opportunistica che sia sorretta da un pensiero forte che ispiri una lettura dei processi che attraversano la società e ambisca a guidarli.

Giuseppe Lalli

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