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Inizia a luglio il giro del mondo dell’Amerigo Vespucci

31 tappe in 28 paesi: partirà il 1° luglio da Genova il secondo giro del mondo dell’Amerigo Vespucci, la nave scuola della Marina Militare che per la prima volta nella sua storia passerà attraverso lo Stretto di Magellano.

Previsto nel 2020, poi rinviato a causa della pandemia, il prossimo giro del mondo sarà il secondo nella storia della “nave più bella del mondo”, dopo quello che la vide impegnata nel 2002/2003.

Si parte da Genova, dunque, il 1° luglio. La prima tappa sarà il vicino Principato di Monaco (2luglio), quindi Marsiglia (4-7 luglio), Las Palmas (19-22 luglio), Dakar (29 luglio – 1 agosto) e Praia (4-6 agosto).

Dal 6 al 28 agosto la nave sarà impegnata nella traversata dell’Oceano Atlantico: l’attracco al di là dell’Oceano sarà a Santo Domingo (28 agosto – 2 settembre).

Le prime tappe in Sud America saranno Cartagena (7-10 settembre), Fortaleza (2-6 ottobre), Rio de Janeiro (18-22 ottobre) e Montevideo (31 ottobre – 3 novembre).

Dal 4 novembre la nave farà sosta tecnica a Buenos Aires dove rimarrà fino all’aprile del 2024: a metà mese ripartirà alla volta di Ushuaia per poi lasciare l’Argentina alla volta del Cile: tappe a Punta Arenas (13-16 aprile) e Valparaiso (28 aprile – 2 maggio).
Seguiranno le tappe a Callao (12-15 maggio), Guayaquil (21-24 maggio), Balboa (31 maggio – 2 giugno), Acapulco (16-19 giugno), Los Angeles (1-6 luglio) e Honolulu (24-26 luglio).

In questo secondo viaggio intorno al mondo, l’Amerigo Vespucci raggiungerà l’Asia e l’Australia per la prima volta doppiando Capo Horn: l’arrivo a Tokyo è previsto il 25 agosto. A settembre la nave toccherà i porti di Manila (14-18 settembre), Darwin (4-7 ottobre), Jakarta (20-24 ottobre), Singapore (30 ottobre – 3 novembre), Mumbai (24-28 novembre) e Karachi (3-6 dicembre).
L’ultimo mese del 2024 vedrà la nave in Medio Oriente per poi tornare “a casa”, nel 2025, attraverso il canale di Suez. Le tappe sono Doha (13-16 dicembre), Abu Dhabi (18-21 dicembre) Muscat (24-27 dicembre), Safaga (15-18 gennaio) e Larnaca (29-31 gennaio).

Nave Vespucci è attesa a La Spezia l’11 febbraio 2025. (aise) 

Fonte: Aise.it – Agenzia Internazionale Stampa Estero

L’Italia risale nella classifica per la libertà di stampa. Nel mondo calo scioccante: 31 Paesi in condizioni “molto gravi”

Italia sale al 41esimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa di Reporter sans frontières (Rsf). Secondo il rapporto annuale, il nostro Paese ha recuperato 17 posizioni e superato gli Stati Uniti che sono invece scesi di tre posizioni. Secondo l’ultima analisi del World Press Freedom Index, la libertà dei media è in pessime condizioni in un numero record di Paesi: la disinformazione, la propaganda e l’intelligenza artificiale rappresentano minacce crescenti per il giornalismo, come riporta il Guardian. In generale, viene evidenziato uno scioccante calo nella libertà dei media, con 31 paesi ritenuti in una “situazione molto grave”, il punteggio più basso del rapporto, senza precedenti, rispetto ai 21 di appena due anni fa. L’aumento dell’aggressività da parte dei governi autocratici – e di alcuni che sono considerati democratici – unita a “massicce campagne di disinformazione o propaganda” ha fatto peggiorare la situazione. L’indice con cui viene valutata la libertà di stampa si compone di cinque indicatori: politico, economico, legislativo, sociale e sicurezza dei giornalisti.

Per quanto riguarda l’Italia, il report della ong francese evidenzia i soliti problemi per la libertà di stampa che continua a essere minacciata dalla criminalità organizzata, specialmente nel Sud del Paese, e da gruppi estremisti violenti. “Per la maggior parte”, si legge nell’analisi degli esperti, “i giornalisti italiani godono di un clima di libertà. Tuttavia, a volte cedono alla tentazione di autocensurarsi, sia per conformarsi alla linea editoriale della propria organizzazione di notizie, sia per evitare una denuncia per diffamazione o altre forme di azione legale, o per timore di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata”. A proposito del sistema legislativo, il report di Rsf dice: “Un certo grado di paralisi legislativa sta ostacolando l’adozione di vari disegni di legge proposti per preservare e migliorare la libertà giornalistica. Questo spiega in parte le limitazioni che alcuni reporter incontrano nel loro lavoro. La diffamazione deve ancora essere depenalizzata e la pandemia ha reso più complesso e oneroso per i media nazionali ottenere l’accesso ai dati detenuti dallo stato”. Infine, Rsf mette in evidenza la precarietà del sistema: “A causa della crisi economica, i media nel loro complesso sono sempre più dipendenti dalle entrate pubblicitarie e dai sussidi statali, mentre la stampa sta anche affrontando un graduale declino delle vendite. Il risultato è una crescente precarietà che minaccia pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia”.

In Europa, il Paese peggiore è la Grecia che si trova al 107° posto su 180, preceduto da Malta (84° posto) e Ungheria (72° posto). “La libertà di stampa in Grecia ha subito gravi battute d’arresto tra il 2021 e il 2023” si legge nel documento pubblicato dall’organizzazione, in cui si cita “lo scandalo delle intercettazioni che ha rivelato come il Servizio nazionale di intelligence greco spiasse diversi giornalisti”. Nel rapporto si afferma inoltre che le querele a scopo intimidatorio (le cosiddette Slapp) “sono all’ordine del giorno e, cosa ancora più preoccupante, l’omicidio del veterano reporter di cronaca nera Giorgos Karaivaz nel 2021 non è mai stato risolto”, si legge. Venerdì scorso due uomini sospettati di avere partecipato all’organizzazione dell’omicidio del giornalista sono stati arrestati in Grecia: un evento “salutato con favore” nello stesso giorno da Rsf, come scritto sull’account Twitter dell’osservatorio, che ha ribadito: “Tutti i responsabili del crimine, compresa la mente, devono essere arrestati”. Ha recuperato posizioni anche l’Ucraina, passando dalla 106/a alla 79/a posizione. Kiev migliora la sua posizione nell’anno di guerra, nonostante diversi giornalisti siano stati uccisi mentre coprivano l’invasione russa dell’Ucraina. L’ultimo episodio riguarda il fixer ucraino Bogdan Bitik, ucciso probabilmente dai russi nella regione di Kherson mentre accompagnava il giornalista italiano di Repubblica Corrado Zunino, rimasto ferito. Le forze russe hanno ripetutamente preso di mira giornalisti ucraini e stranieri dall’inizio dell’invasione.

A livello mondiale, da segnalare l’India che mostra un inquietante arretramento: il paese è scivolato al 161mo posto su 180, mentre nel 2022 si trovava al 150esimo.
Nell’introduzione al capitolo sull’India Rsf afferma: “La violenza contro i giornalisti, l’evidente partigianeria politica dei media e la concentrazione della proprietà dei gruppi editoriali nelle mani di pochissimi indicano che la libertà di stampa è in crisi nella più grande democrazia del mondo governata dal 2014 dal premier Narendra Modi, leader del Bharatiya Janata Party, Bjp, il partito che incarna la destra nazionalista Hindu”. La caduta più significativa per l’India è stata registrata nella categoria della sicurezza, che vede il paese al 172mo posto: questo significa che ci sono solo altri otto paesi al mondo in cui la sicurezza dei giornalisti è peggiore. Al contrario, sempre secondo il rapporto, tra i paesi confinanti il Pakistan è migliorato, passando dal 157mo al 150mo posto, mentre lo Sri Lanka è salito al 135mo gradino dal 146mo del 2022.

Tra i Paesi che hanno perso più posizioni c’è anche la Tunisia che passa dal 94/o al 121/o posto su 180 Paesi, perdendo 27 posizioni. Rsf giudica la Tunisia presieduta da Kais Saied “sempre più autoritaria e intollerante alle critiche della stampa”. “Dalla rivoluzione del 2011 che ha cacciato il presidente Ben Ali fuori dal paese, la Tunisia ha vissuto una transizione democratica con molti colpi di scena. Il colpo di stato del presidente Kaïs Saïed nel luglio 2021 ha sollevato timori di un declino della libertà di stampa”, scrive Rsf, sottolineando come “la crisi economica ha indebolito l’indipendenza di molte redazioni, dominate da interessi politici o economici, e ha minato il nascente pluralismo mediatico”. I media locali dipendono da inserzionisti privati, alcuni dei quali detengono quote del loro capitale e possono essere vicini all’ambiente politico, un contesto che minaccia l’indipendenza editoriale della redazione. I loro introiti pubblicitari dipendono anche dal loro pubblico, e il calcolo è scarsamente regolamentato e molto contestato”, scrive ancora Rsf che denuncia infine come “l’intimidazione dei giornalisti sta diventando un luogo comune e i reporter devono spesso affrontare la violenza dei manifestanti tunisini. Un nuovo limite è stato raggiunto il 14 gennaio 2022, quando un corrispondente di diversi media internazionali è stato picchiato e una decina di altri giornalisti sono stati brutalizzati mentre seguivano una manifestazione, e nel febbraio 2023, con l’arresto del giornalista e direttore della radio Mosaïque, Noureddine Boutar“.

Come sta la lingua italiana? Ecco cosa dice la Crusca

“La lettura su Internet è oggi diventata predominante. E il nuovo mezzo ha avuto conseguenze anche per la nostra lingua: l’ha semplificata nelle strutture sintattiche (il che potrebbe anche essere un fatto positivo), ma l’ha anche un po’ impoverita, perché la fretta della composizione e l’assenza di rilettura porta spesso a usare frasi fatte, ad adoperare parole con un significato approssimativo, a non dominare appieno l’impianto testuale e informativo”. Lo afferma il professore Paolo D’Achille, nuovo presidente dell’Accademia della Crusca, in un’intervista al settimanale ‘Toscana Oggi’.

Lo stato di salute della lingua italiana oggi è tuttavia “abbastanza buono”, osserva D’Achille: “L’italiano è ormai madrelingua per la maggior parte della popolazione (che in passato, invece, nasceva dialettofona), compresi i figli di immigrati ormai stabilizzati nel nostro Paese (i cosiddetti ‘nuovi italiani’). Abbastanza soddisfacente (anche in rapporto alle limitate risorse) lo studio dell’italiano all’estero. Però i dislivelli di competenze linguistiche presso i giovani aumentano, in rapporto alle diverse classi sociali e la scuola sta un po’ perdendo il suo ruolo di ‘ascensore sociale’, forse anche perché lo studio della lingua e della letteratura italiana non è più considerato centrale”.

L’illustre storico della lingua avverte inoltre riguardo a un altro pericolo: “Si sta poi allargando la forbice tra la lingua di oggi e la lingua del passato, della tradizione letteraria che fa capo a Dante; è necessario un maggior dialogo intergenerazionale e bisogna che l’insegnamento/apprendimento della lingua (anche nelle sue strutture grammaticali) e della letteratura italiana, adeguatamente rinnovato, sia più gratificante per docenti e discenti”.

Quanto all’eccesso di anglismi nella lingua italiana, il presidente dell’Accademia della Crusca osserva: “Le parole straniere entrano in un’altra lingua in rapporto al prestigio della lingua da cui provengono (si parla, impropriamente, di ‘prestiti’). Se l’inglese (o meglio l’angloamericano) è oggi dominante in tutto il mondo, ciò deriva dal fatto che i Paesi anglofoni sono all’avanguardia in certi settori (e certo la globalizzazione aiuta a diffondere tanto l’inglese in generale quanto gli anglismi), è normale che il numero degli anglismi cresca anche nella lingua comune”.

D’Achille ritiene però “inaccettabile” che “ricorra spesso all’inglese anche la comunicazione degli enti pubblici (nazionali o regionali), che si rivolgono all’intera cittadinanza (composta di molte persone che non conoscono l’inglese). E poi ricorrere all’inglese quando abbiamo già le parole per esprimere gli stessi concetti mi pare inutile”.

Infine sui neologismi sempre più frequenti, il presidente dell’Accademia della Crusca spiega: “Le neoformazioni costituiscono la maggior parte del lessico di ogni lingua e che si ricorra a neologismi per esprimere nuovi concetti e indicare nuovi oggetti è normale. Ci sono però parole ben formate (e quindi trasparenti anche a chi non le ha mai sentite prima) e parole mal formate (destinate per lo più a esaurirsi). Si parla ancora del caso di ‘petaloso’, risalente a vari anni fa: se quella parola non ha attecchito è perché, pur essendo ben formata, era inutile in quanto tutti i fiori, per definizione, hanno i petali, e li hanno solo loro”.

Fonte: Come sta la lingua italiana? Ecco cosa dice la Crusca (adnkronos.com)

Dieci anni dalla morte di Don Gallo

Sono passati dieci anni ma nessuno l’ha dimenticato: don Andrea Gallo, il prete anarchico, con la sciarpa rossa al collo e il toscano in bocca, amico dei tossicodipendenti, dei transessuali, dei senza tetto, dei migranti, di Fabrizio De André e Vasco Rossi ma soprattutto di tanti giovani che lo incontravano in ogni parte d’Italia, oggi sarà ricordato nella sua Genova con una messa che sarà celebrata nella chiesa della comunità di San Benedetto al Porto da don Gianni Grondona, da don Claudio Ghiglioni e da don Armando Zappolini.

Per “fare memoria” di quell’uomo che aveva dedicato la vita a chi era considerato un “ultimo” dalla società era pronta una festa che si sarebbe snodata tra la piazza a lui intitolata, via del Campo e i giardini Luzzati con la partecipazione di Dori Ghezzi, di Moni Ovadia e tanti altri ma “per senso civico e umano nei confronti di chi si trova a vivere una condizione tristemente nota anche alla nostra città”, è stato tutto rinviato alle prossime settimane.

La tragedia che ha colpito la Romagna non ha lasciato indifferente la comunità di San Benedetto che nella serata di ieri ha diramato una note dove spiega: “Questa decisione è prima di tutto un gesto di rispetto e condivisione del dolore per l’Emilia Romagna, gravemente colpita dalle inondazioni, con nove vittime e oltre diecimila sfollati. A Genova, conosciamo bene questo dolore e questa paura che hanno accompagnato la nostra città per quasi mezzo secolo. I nostri cuori sono con loro”. Ma non solo solidarietà. Come avrebbe fatto il “Gallo”, anche i suoi amici puntano il dito, alzano la voce: “Questo evento, però, mette sempre più in evidenza la necessità di richiedere azioni concrete per un futuro climatico equo per tutti. Crediamo che quanto sta accadendo in questi giorni in Emilia Romagna, infatti, sia la diretta conseguenza di decenni di disinteresse da parte delle istituzioni e, purtroppo, anche da parte di molti, nei confronti della crescente fragilità del nostro territorio e di uno sviluppo che ha trascurato le questioni ambientali”.

Una scelta condivisa da tutti quelli che oggi hanno ancora in mente le parole, il volto, gli occhi da bambino sempre capaci di stupirsi del prete che aveva scelto di stare da una sola parte: quella dei poveri. Era lui stesso a dire: “Comunista? Eh, la Madonna! Socialista? Ultimo dei no global? Mi sono state attribuite tante etichette ma io non ho scelto un’ideologia, a vent’anni ho scelto Gesù: ci siamo scambiati i biglietti da visita e sul suo c’era scritto “sono venuto per servire e non per essere servito”. Nel 2013, nella cattedrale di Genova, chi c’era ricorda una chiesa colma di persone arrivate da tutt’Italia e una piazza ancora più piena di gente che accompagnava don Andrea sotto una pioggia battente.

In questi dieci anni in tanti l’hanno ricordato. Nel 2017 anche “PaperFirtst” ha pubblicato il libro “La profezia del don”. Nel 2015, invece, il cantautore Luca Bassanese gli ha dedicato la canzone “Ho conosciuto un uomo”. Stasera, oltre alla messa a Genova il festival “Funamboli” a Mondovì aprirà con una serata dedicata al “Gallo” con la partecipazione di Vauro Senesi.

Alex Corlazzoli (pubblicato da Il Fatto Quotidiano il 22/05/2023)

Fonte: Dieci anni dalla morte di Don Gallo: Genova lo ricorda con una messa, ma niente festa per rispetto della tragedia in Romagna – Il Fatto Quotidiano

Chiusa La Gente d’Italia 

L’improvvisa notizia che il quotidiano La Gente d’Italia, edito a Montevideo, Uruguay, non si pubblica più ha sorpreso negativamente tutte le persone che s’interessano di migrazione italiana e di attualità e cronaca italiane.

Il giornale usciva da più di 24 anni, era dinamico e facile da leggere, molto più agile dei giornali editi in Italia. Offriva un’informazione di andata e di ritorno ed aveva anche una rubrica di notizie dall’Argentina. Sembra che il proprietario ed editore Mimmo Porpiglia sia stato obbligato al drastico passo perché non gli sono arrivati i contributi che il governo italiano stanzia per i giornali editi all’estero.

La domanda spontanea è: perché? Sembra che il governo possa prendere una decisione simile in caso di irregolarità, per esempio se si riscontrasse una differenza tra le copie di giornale che il proprietario dichiara di distribuire e quelle che veramente distribuisce, ma questo caso è da scartare perché La Gente d’Italia usciva con il quotidiano El Pais e la distribuzione era completamente sotto controllo.

Non sarà che la linea editoriale del giornale, che aveva assunto il ruolo di sentinella nella collettività italiana- uruguayana semplicemente dava fastidio a qualcuno? Forse è così. Si sa che il quotidiano ha lottato molto perché si facesse chiaro nel caso dei brogli elettorali delle penultime e nelle ultime elezioni italiane.

La chiusura di un giornale provoca tristezza perché si perde uno strumento per la promozione della lingua e della cultura italiane all’estero, di questo passo gli italo uruguayani sentiranno sempre più distante la patria di origine, si sentiranno sempre più orfani. Per non pensare poi alle persone che lavoravano nel giornale, che avevano famiglia e che ora non hanno più uno stipendio su cui contare.

E pensare che il presidente Mattarella in occasione della sua visita a Montevideo aveva espresso gratitudine alla testata per il suo ruolo di collegamento con l’Italia e perché stava svolgendo un’opera di grande importanza per due ragioni, primo perché la stampa è un elemento fondamentale della libertà, della democrazia e chi collabora a un giornale conferisce a tutta la collettività un grande contributo che rassicura, che garantisce la circolazione delle idee, garantisce la conoscenza degli avvenimenti, consente che si svolga un giudizio e quindi garantisce il sostegno la libertà e la democrazia, e in secondo luogo perché questo lavoro viene svolto per tenere il collegamento intensamente alto con l’Italia. “Di questo – ha concluso- ringrazio molto il direttore Mimmo Porpiglia e tutto il corpo redazionale che vi lavora. Grazie molto per quello che fate”

Edda Cinarelli

Maratana, la prima gara dedicata all’italianità a Buenos Aires

Si 14 maggio si è svolta domenica, con notevole successo e patrocinio del CONI e del Comites locale, la prima edizione della Maratana, la corsa organizzata dallo scrivente Consolato Generale tra i Comuni di Buenos Aires e Vicente Lopez, nata come occasione di aggregazione della collettività italo-argentina e al tempo stesso di promozione integrata. La partecipazione è stata sorprendente e al di sopra delle aspettative, con più di 4.000 persone che hanno corso le tre diverse distanze (21 km, 10 km e 3 km) e circa 10.000 persone presenti agli stand promozionali degli sponsor istituzionali e culinari.

Nonostante un contesto cittadino decisamente inflazionato in termini di gare sportive – all’incirca una ogni due settimane – la sinergia costruita con i Comuni di Buenos Aires e Vicente Lopez dopo mesi di negoziati con le due Amministrazioni ha permesso, lo scorso febbraio, di far venir meno le reticenze iniziali, lanciare e posizionare la “Maratana” (nome derivante dal gioco di parole tra la maratona e i “tanos”, come a Buenos Aires vengono definiti i discendenti degli italiani) tra le corse professionistiche promosse in città, nonché’ come appuntamento speciale per la collettività italiana.

Il risultato è frutto di un intenso lavoro di contatti con le Autorità e di una ricerca pubblica di sponsor ai fini della concreta caratterizzazione dell’evento in chiave italiana, a partire dal logo e dal dominio internet (da noi appositamente registrati), fino alla scelta del percorso (che passava dall’emblematica statua di Cristoforo Colombo, di fronte all’aeroporto cittadino), al kit per i corridori e all’organizzazione post-gara. Tutti i partecipanti che hanno raggiunto il traguardo hanno infatti ricevuto una maglietta con il logo e una medaglia che raffigurava il monumento simbolo e hanno potuto usufruire di un insieme di attività e di stand proposti dagli sponsor con sottofondo di musica italiana contemporanea.

Oltre agli sponsor che hanno riscontrato positivamente l’avviso pubblico del Consolato (PanAmerican Energy, Enel, Camuzzi, CMC, Banco Patagonia e SportClub – una delle due catene di palestre di Buenos Aires), all’arrivo della corsa era infatti previsto uno spazio promozionale per Alfa Romeo (con esposizione di due modelli di auto), Generali (con uno stand di “photo-opportunity” dedicato), Ferrero (con una cd. “attivazione” sportiva a margine dell’evento) e ITA Airways (che ha offerto tre biglietti messi in palio tra i partecipanti), così come un settore dedicato ai food truck di cucina italiana (“Nuvola”, nostro partner per l’evento “Mondo Pizza” e l’edizione argentina del campionato pizzaioli in ottobre; Fresca La Pasta, Scrocchiarella e Ike Milano, consolidate realtà culinarie bonaerensi gestite da italiani; Vespress, per l’offerta di caffè e dolci italiani).

A completare l’offerta “integrata” di promozione sono stati poi diffusi attraverso due maxi-schermi i materiali condivisi per la campagna dell’ENIT “Open to Meraviglia”, allo scopo di sensibilizzare i partecipanti sulla variegata proposta turistica dell’Italia.

I vincitori della corsa (per le categorie generale; in sedia a rotelle; ipovedenti; altre disabilità) sono stati premiati dall’Ambasciatore Lucentini, dal Ministro di Governo della Città di Buenos Aires Jorge Macri, dall’Assessore allo Sport di Vicente Lopez Fabian Turnes e dallo scrivente.

Parte del ricavato dell’iniziativa – 7 milioni di pesos, pari a circa 28.000 Euro – è stato devoluto alla Comunità di Sant’Egidio per realizzare progetti di sviluppo sociale presso la Casa de la Amistad, un centro comunitario polivalente sito nel quartiere della Boca.

Tra le ragioni del successo, ai fini della replicabilità dell’iniziativa, giova segnalare: il pieno coinvolgimento della collettività – organizzata e non – da noi interessata fin dall’avvio dei preparativi attraverso il Comites per la più ampia diffusione, in un’ottica di partecipazione della componente giovanile e per la creazione di un senso di ownership dell’iniziativa; la partnership con il Club de Corredores di Buenos Aires, controparte tecnica indispensabile per l’ottenimento dei permessi relativi al percorso di gara e per la partecipazione del settore professionistico; la contrattualizzazione di un servizio con una figura esterna dotata di professionalità nel settore della comunicazione e marketing, che in strettissimo raccordo con il Consolato rendesse possibile la miglior realizzazione dell’evento sia dal punto di vista organizzativo, sia da quello della comunicazione, stanti le note problematiche di organico della Sede.

Si può concludere che la “Maratana” ha costituito un’occasione qualificata per ribadire ad un folto pubblico il messaggio di promozione di un concetto di cittadinanza attiva e di inquadramento dell’italianità in Argentina attraverso nuovi prismi – in questo caso lo sport – con il corredo promozionale della gastronomia e del turismo, allo scopo di mobilitare le nuove generazioni alla partecipazione e all’organizzazione di iniziative che possano coinvolgere anche persone situate al di fuori del tradizionale e declinante circolo di associazioni.

Festeggiati con orgoglio e amore i 150 anni del Circolo Italiano di Buenos Aires

In un’atmosfera tra l’emozione e la gioia, giovedì 18 maggio il Circolo Italiano di Buenos Aires ha celebrato il suo 150esimo compleanno, un traguardo eccezionale per qualsiasi istituzione e in speciale per le associazioni italiane di Buenos Aires, anche se a dir il vero il Circolo è in buona compagnia. Proprio in questa città, condividono il rispettabile traguardo “la Sociedad Italiana de Beneficencia en Buenos Aires (Ospedale Italiano) fondata nel 1853, addirittura all’epoca del Regno di Sardegna; l’Unione e Benevolenza fondata nel 1858, di stampo repubblicano, considerata la nonna delle associazioni italiane all’estero, anch’essa nata prima del Regno d’Italia; la Nazionale Italiana di Buenos Aires, di stampo monarchico fondata nel 1861, la Camera Italiana di Commercio  del 1884 e poche altre.

Il Circolo Italiano è stato istituito il 16 maggio 1873 ad opera di un gruppo d’ imprenditori italiani spinti dal desiderio di costruire ponti tra la Repubblica Argentina e il Regno d’Italia ed offrire servizi ai propri soci. Nel 1874 è stata fondata un’altra mitica associazione italiana, l’Unione Operai, costituita da affermati artigiani, con una sede splendida, ma sparita con il tempo, forse perché accettava nella sua sede anarchici e socialisti.

Probabilmente una delle ragioni della longevità del Circolo Italiano è proprio la sua apoliticità, come vuole lo Statuto di fondazione, e sicuramente anche l’onestà delle commissioni direttive susseguitesi nel tempo. Nel 2000 Roberto Rocca, presidente di Techint, aveva consegnato molte migliaia di dollari all’allora presidente del Circolo Italiano, Ernesto Tagliani, con il fine di restaurare l’edificio e ancora ci risuona all’orecchio la sua affermazione: “Tagliani non si è tenuto un dollaro”. La politica fuori di casa e l’onestà sono due dei segreti della longevità del Circolo.

La sera della celebrazione il presidente del Circolo Federico Maximo Kralj e tutti gli integranti della Commissione Direttiva hanno dato il benvenuto a soci, amici e rappresentanti di altre associazioni, molti accademici e esponenti del mondo culturale italo-argentino, e anche una delegazione della Federazione delle Associazioni Calabresi dell’Argentina (FACA) con Irma Rizzuti, l’artista plastico Eugenio Cuttica tutti felici di poter festeggiare un traguardo tanto importante. Tra i presenti l’ambasciatore d’Italia Fabrizio Lucentini, il console generale d’Italia Marco Petacco e il console Antonio Puggioni. Tra gli ospiti più significativi, veri monumenti viventi: l’ing. Franco Livini, nato a Pegli (Genova) ex presidente di Pirelli Neumaticos Argentina, tuttora presidente dell’Associazione Culturale Cristoforo Colombo e de La Sociedad de Beneficiencia Hospital Italiano; Ernesto Tagliani, riconosciuto imprenditore italiano, venuto in Argentina con la Spedizione Borsari; Giorgio Alliata di Montereale, presidente della Camera Italiana di Commercio; l’ing. Raffaele Arizio,  Sebastian Impelluso ex presidente del Circolo Italiano e molte altre persone di spicco della collettività italiana e della società argentina.

Il presidente Kralj ha ripercorso la storia del Circolo, che ha avuto varie sedi tra cui una in via Florida, inaugurata nel 1922 con una cena di gala, cui aveva partecipato l’erede della Corona d’Italia, il principe Umberto II e il presidente argentino Marcelo T. de Alvear. Ha spiegato che dopo alterne vicende, nel 1944, l’Associazione si è trasferita definitivamente nel Palazzo Leloir, in via Libertad, costruito su un progetto dell’architetto Alejandro Cristophersen.

Tra i soci lungo il tempo ci sono state persone che hanno fatto storia come i fratelli Devoto e tra i tanti presidenti l’ing. Agostino Rocca, fondatore di Techint. In una serata di compleanno non poteva mancare la musica infatti il tenore Julian Zambo, il baritono Pol Gonzalez, accompagnati al piano da Matias Chapiro hanno interpretato arie e brani di celebri musicisti italiani e sulla terrazza un gruppetto di persone hanno cantato famose canzonette napoletane, tra loro Eugenio Scavo, per quasi cinque decadi Capo di Stampa e di Relazioni Pubbliche del Teatro Colon. La serata si è conclusa con il tradizionale brindisi per l’obiettivo raggiunto e tanti altri anni di vita.

Edda Cinarelli

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L’Argentina secondo gli occhi di Giampaolo Scarton: un poeta delle immagini

Giampaolo Scarton è un imprenditore italiano, emigrato in Argentina, è anche un fotografo amatoriale che viaggia per tutto questo paese alla ricerca di persone con una storia umana da raccontare. Le incontra, gli parla a lungo per capirle, per immedesimarsi con loro e poi le fotografa. Si definisce un cacciatore di storie, un “narratore” di esperienze di vita che trasmette con la luce. Ogni sua foto quindi ritrae un momento specifico da cui si risale alla vita della persona o delle persone ritratte cioè ogni foto ritrae un momento specifico ma trasmette la storia intera di una persona o di un gruppo. 

È inevitabile parlandogli ricordare Syria Poletti, Antonio Dal Massetto, Giuseppe Tomasi, scalabriniano brillante giornalista, Manrico Zago, e gli altri incredibili narratori di storie che l’immigrazione italiana ha espresso in Argentina.

Si considera uno scrittore?

No, sono uno scrittore della Luce perché racconto storie con la luce.

Viaggia molto, La seguo nei suoi viaggi. Mi pare che sia stato nella maggior parte delle province argentine.

Direi che lavoro per poter viaggiare, detto in un altro modo quello che guadagno lo spendo in viaggi.

Come è nata questa passione?

In famiglia. Mio padre ha avuto la bella idea di farmi crescere con lui. Gli piaceva giocare a carte e mi diceva:” Vuoi venire a vedere come si gioca a carte?”. Lo accompagnavo, guardavo e lui mi trasmetteva tutti i suoi stati d’animo. Alcuni li condividevo, altri no, però le carte per me sono state una passione perché vedevo mio padre fare partite con gli altri e notavo le sensazioni umane: la rabbia, l’astuzia, la voglia di vincere e l’eventuale arrabbiatura verso il compagno di gioco. Era un mare di emozioni, un’esperienza coinvolgente. Così quando avevo diciassette, diciotto, venti anni, ho iniziato ad andare con un amico a giocare a carte nei paesetti d’Italia. Andavamo paese per paese a giocarci una bottiglia di vino, la minestra. Ho vissuto quindi con le persone grandi, le persone che hanno fatto la Resistenza, quelle che hanno combattuto nella Seconda Guerra Mondiale. Il fatto che si giocava a carte, si vinceva o si perdeva non era importante, lo era vivere le vite degli altri, conoscere il passato e farlo proprio come fosse stato un’esperienza personale. Con il passare del tempo, queste persone sono scomparse per un fatto biologico ed è finito questo mondo. In Italia è morto non c’è più. Non ci sono più le bettole, dove gli anziani andavano a giocare a carte e permettevano agli estranei di unirsi al gioco. Ora si continua a giocare a carte ma le persone sono gelose del loro tavolo da gioco e non permettono agli estranei di partecipare. Diffidano, sospettano che possano essere dei truffatori, quindi è un mondo che, secondo me, è scomparso ed ho ritrovato in Argentina.

Dove?

Nei paesi, tu vai in qualunque paese e trovi gente che ha voglia di parlarti, di aprirsi. Ho detto quindi a degli amici di andare insieme a documentare questo mondo che probabilmente sparirà anche qua, come è scomparso in Italia. Così abbiamo cominciato a viaggiare alla ricerca di personaggi e di storie. In questo ultimo viaggio, che abbiamo fatto nel Sud di Salta, a Catamarca e a Tucumán, avevamo bisogno di qualcuno che ci potesse presentare persone rappresentative di quella cultura. Abbiamo cominciato a fare delle telefonate. Poi abbiamo trovato un posto splendido che si chiama Finca Albarossa, di proprietà di un italiano che vive a Santa Maria, un comune di Catamarca al confine tra le questa Provincia, Salta e Tucuman, anche lui con una storia impressionante. Gli ho telefonato, non lo conoscevo, e gli ho detto: “Senti, sono io ed un altro fotografo, ci vorremmo ospitare da te però alla condizione che ci faccia conoscere persone con delle esperienze di vita da raccontare”. Abbiamo cominciato a parlare, lui si è appassionato ed ha risposto: Sì, mi piace l’idea. La persona che lavora con me conosce tanta gente, voi venite e noi vi facciamo scoprire storie di vita.

Chi vi ha fatto conoscere?

Per incominciare Candelaria, la donna più anziana della Provincie di Catamarca, Salta, e Tucuman. Ha 110 anni, è nata nel 1913. Siamo andati a intervistarla ed è stata un’esperienza straordinaria.

È lucida? Si ricorda del suo passato?

Di tutto. C’è stato un momento in cui ha fatto una riflessione da pelle d’oca. Stava raccontando di quando lei aveva sette anni e viaggiava con il padre, per tre giorni a cavallo, per andare a Tucuman a pelare la canna da zucchero. Lavoravano praticamente due giorni, quasi senza dormire, pelando questa canna. Lei ha riflettuto: “Io a quell’epoca guadagnavo un peso però valeva, oggi neanche un milione di pesos ha lo stesso valore di quel peso di prima”.

Ma allora i lavoratori a giornata i “giornalieri” non stavano tanto male?

No, nel senso che quello che Candelaria guadagnava le ha permesso di avere una vita, di sposarsi ed avere sette figli e crescerli. Durante l’intervista accanto a lei c’erano due dei suoi figli. Questa signora, l’anno scorso ha avuto un grave problema di salute e la sua famiglia ha fatto una colletta per farla operare.

Aveva 109 anni?

Sì, e si è potuta operare grazie all’aiuto dei figli. Raccontava che tutti i lavoratori ospedalieri, medici, infermieri, maestranze le stavano intorno perché erano sorpresi dal fatto che era uscita dall’operazione in maniera perfetta.

Ma perché il sistema sanitario ha operato una donna di 109 anni?

Perché i figli le vogliono un bene enorme, l’hanno protetta in una forma che si può capire solo stando lì con lei e i suoi figli. Il sorriso che avevano! È stato anche divertente perché prima di farle la foto, mentre le parlavo, le ho mostrato il simbolo L.O.L e gliene ho spiegato il significato. Le è piaciuto e ha voluto che la fotografassi mentre lo faceva lei, Sono riuscito a farle fare il simbolo di L.O.L. Non c’è un’altra donna di quell’età che faccia L.O.L., che spirito!

Un’altra persona?

Da lì siamo andati nella bottega artigianale di una signora che ancora oggi fila la lana a mano. Le abbiamo chiesto di mostrarci come faceva, che significa per lei oggi continuare a fare questo mestiere e se c’è mercato, se vende le matasse. Ha risposto che fa questo lavoro da quando era piccola, che le donne della sua famiglia se lo erano tramandato di generazione in generazione. Ci ha parlato del suo rapporto con gli animali, che sono il suo contatto con la vita. Ci ha meravigliati il fatto che avesse un capretto come mascotte, il capretto ci seguiva ovunque come avrebbe fatto un cagnolino. Saliva sul tavolo. È stata un’esperienza bellissima, lei ci ha parlato della transumanza che ancora oggi fa nello stesso modo in cui la facevano i suoi nonni.

Dove si possono trovare gli artigiani?

C’è la Ruta de los artesanos, che è vicino a Cachi, dove ci sono ancora gli artigiani che fanno tutto a mano, sono rimasti in pochi e lei è una di questi. Questi mestieri scompariranno, muore lei che ha già 82 anni, e non ci sarà più nessuno a filare la lana. Abbiamo chiesto ad alcuni artigiani se i loro figli continuassero il loro mestiere e hanno risposto: assolutamente no.

 Perché?

Perché non fanno più parte della cultura. Stiamo attraversando un momento di transizione dove si stanno perdendo molti aspetti della cultura tradizionale però non abbiamo ancora acquisito quelli della cultura attuale o immediatamente futura. Siamo in un limbo, solo le persone altamente specializzate sono entrate in quella tecnologica.

Un altro artigiano?

Siamo andati a casa dell’ultimo artigiano dei coltelli a mano, coltellinaio, usa tutti i pezzi di ferro che trova, ma dice che il ferro migliore è quello della lama dell’aratro antico, che ora è introvabile.

Ad un certo punto gli ho chiesto: Lei non ha dei figli interessati al suo mestiere? Lui mi ha guardato con uno sguardo tristissimo e mi ha detto “È da un anno che non faccio più un coltello perché mio figlio è morto”.

Per il momento abbiamo riposto le macchine fotografiche perché quando entriamo in un’intimità non ci sentiamo in diritto di filmare.

Ti sono sembrate molto interessanti queste storie?

Mi sono sembrate interessanti le persone che ho incontrato e mi è piaciuto il paesaggio di quella zona. I popoli andini venerano la Pachamama, la madre terra, da cui dipende tutto. Hanno un’altra visione del mondo che li circonda e un’esperienza in quei luoghi si carica di esperienze paranormali. Nella Garganta del Diablo, dove c’è un insediamento antico, c’è un’atmosfera surreale che contagia così ho avuto l’impressione di vivere un’esperienza extrasensoriale. C’era una bambina che sembrava un grillo, saltava di roccia in roccia. Secondo una leggenda in questa Garganta appare il diavolo in forme diverse. È stato divertente, perché mi chiedevo se lei non fosse una manifestazione del diavolo e nelle foto volevo trasmettere questa presenza sovrannaturale.

E ’quello che si noto nelle foto, trasmetti messaggi spirituali sovrannaturali. 

Esatto, la Garganta del diablo mi ricorda un mondo sotterraneo, l’oltretomba, è complicatissimo scendere per conoscerla, sono riuscito a vederla con un drone. Sempre con un drone ho ripreso un saluto alla Pachamama e al dio Sole. Mi sono reso conto che stava succedendo e che non avrei fatto in tempo ad avvicinarmi allora l’ho ripreso con un drone.

Non sapevo che in Argentina si facessero ancora i saluti alla Pachamama.

Quella zona è incredibile, il paesaggio è surreale e si ha l’impressione di vivere esperienze paranormali.

A Santa Maria siamo andati a trovare l’artista Enrique Salvatierra, fa di tutto, quadri, sculture, è un musicista nato. È impressionante la sua versatilità artistica. Alcuni anni fa ha rappresentato l’Argentina alla Biennale di Venezia.

Anche lui dopo ore di dialogo si apre e racconta episodi di questo tipo, del vento che soffia forte e racconta agli alberi quello che succede, soprattutto quando sono fatti eccezionali. Gli alberi sentono la storia e iniziano a oscillare, Il cielo si oscura, il clima cambia completamente, arriva la tempesta, piogge, tuoni e allora le donne con i loro mantelli lottano contro la tormenta per cacciarla. È un mondo sconvolgente, la gente crede in questa realtà e si finisce per condividere queste credenze. Lui, dopo aver vissuto un’esperienza simile, l’ha tradotta in una musica che suona spesso. È di un’intensità enorme e trasmette il movimento degli alberi, il vento che soffia, il rumore dei tuoni e la forza dei fulmini. Si riesce a sentire le forze della natura in agitazione.

Sta parlando di un mondo sensoriale ma anche spirituale?

È un mondo altamente spirituale ma per trasmetterlo le persone hanno bisogno di fidarsi dell’ l’interlocutore

La spiritualità, che tutti ci portiamo appresso, è come una bottiglia con un tappo, quando si stappa le emozioni escono da sole è però difficile incontrare le persone che ci ispirano fiducia.

Se desiderate vedere le foto di questo incredibile scrittore della luce, cercate su Faceboook Giampaolo Scarton Giampaolo Scarton | Facebook

Edda Cinarelli

Lajatico batte Portofino e Basiglio: è “casa Bocelli” il Comune più ricco d’Italia

La geografia della ricchezza in Italia offre molte sorprese inaspettate. I Paperoni in passato spesso erano separati da più di mille chilometri, poiché il primo stava al Nord e l’ultimo nel Mezzogiorno. Oggi la situazione non si è capovolta, ma rispetto ad un tempo è comunque cambiata. La distanza, ad esempio, si è accorciata e, attualmente, è inferiore ai 500 chilometri, poiché il comune più ricco d’Italia, Lajatico (provincia di Pisa), si trova nel Centro Italia, mentre quello più povero, Cavargna (provincia di Como), è situato ai confini con la Svizzera. Questa situazione è riconducibile al fatto che i 985 contribuenti residenti a Lajatico nel 2021 hanno dichiarato un reddito complessivo Irpef medio pari a 54.708 euro, i 94 presenti nel borgo di Cavargna, invece, solo 6.314 euro. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha analizzato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze riferiti alle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef del 2021.

L’impoverimento al Nord

Un Paese, il nostro, che essendo lungo e stretto presenta, anche dalla lettura delle dichiarazioni dei redditi dei propri contribuenti, differenze molto marcate con segnali di “impoverimento” che purtroppo interessano anche il Nord: tra i 50 comuni più “poveri” del Paese, ad esempio, ben 11 sono del settentrione. Nella stragrande maggioranza dei casi stiamo parlando di piccolissime realtà di montagna che hanno vissuto negli ultimi 30-40 anni lo spopolamento e un progressivo invecchiamento della popolazione rimasta. Milano comunque rimane il comune capoluogo di provincia più ricco d’Italia con 37.189 euro; praticamente il doppio dei 18.706 euro dichiarati a Ragusa.

Visti i limiti del centralismo che hanno sicuramente contribuito a “dividere” il Paese, non è da escludere che con una decisa accelerazione verso l’autonomia differenziata, in tempi ragionevolmente brevi si potranno accorciare le distanze economiche/sociali tra il Nord e il Sud, ma anche tra i territori ricchi e quelli poveri presenti in una stessa regione.

Dalla CGIA ricordano che va comunque sottolineato che questi dati non includono i redditi dei soggetti a imposta sostitutiva o esenti da tassazione diretta (come gli interessi sui redditi di capitale e i redditi realizzati applicando il regime fiscale forfettario) e da eventuali integrazioni (reddito di cittadinanza, assegno unico, pensioni di invalidità, etc.). Ovviamente, in questa statistica non sono compresi nemmeno gli effetti del lavoro sommerso e dell’evasione fiscale che nelle aree più disagiate del Paese spesso costituiscono un vero e proprio “espediente” per sostenere economicamente in particolar modo le fasce sociali più deboli.

I Comuni più ricchi sono nel Centronord

Dopo Lajatico, che tra i suoi abitanti annovera il tenore Andrea Bocelli, al secondo posto tra i comuni più ricchi troviamo Basiglio (MI) con un reddito complessivo Irpef di 49.325 euro, Portofino (GE) con 45.617 euro, Bogogno (NO) con 42.366 euro e Varenna (LC) con 42.254 euro. Il primo comune capoluogo di provincia che scorgiamo nella classifica nazionale è Milano che si colloca al 12° posto con 37.189 euro. Seguono Monza al 33° con 32.237 euro, Bergamo al 39° con 31.883 euro e Pavia al 57° con 30.606 euro. Tra i comuni capoluogo di regione del Centronord, infine, scorgiamo Bologna al 92° posto con 29.480 euro, Roma al 120° con 28.646 euro, Bolzano al 133° con 28.473 euro, Firenze al 186° con 27.636 euro, Trento al 255° con 27.059 euro, Torino al 290° con 26.840 euro, Genova al 665° con 25.011 euro, Trieste al 680° con 24.962 euro, Aosta al 771° con 24.683 euro e Venezia al 1.034° con 24.058 euro. In linea generale, comunque, possiamo affermare con una elevata dose di certezza che i contribuenti più abbienti abitano nelle medie/grandi città o nei comuni dell’hinterland sempre di questi ultimi.

Sandra Ricco (pubblicato da Il Secolo XIX il 13/05/2023)

Fonte: Lajatico batte Portofino e Basiglio: è “casa Bocelli” il Comune più ricco d’Italia – Il Secolo XIX

A Buenos Aires il presidente del PD Bonaccini incontra i responsabili dei circoli dell’Argentina

Accompagnato da Fabio Porta, deputato eletto in Sudamerica, il Presidente del Partito Democratico Stefano Bonaccini ha incontrato a Buenos Aires i circoli del Partito Democratico.

L’incontro, introdotto dalla Segretaria del Circolo di Buenos Aires Ana Claps e dal Segretario della federazione argentina Daniel Antenucci, si è svolto presso la sede del PSOE, il partito socialista argentino.

Fabio Porta ha voluto ringraziare i circoli del partito in Argentina e i candidati alle ultime elezioni per il grandissimo lavoro e l’importante risultato ottenuto in condizioni difficili a causa di una campagna elettorale anticipata e della forte concorrenza delle altre formazioni politiche locali e nazionali.

Stefano Bonaccini, in Argentina per una visita istituzionale come Presidente della Regione Emilia Romagna, ha voluto rimarcare come fosse per lui importante incontrare i dirigenti del partito nel Paese dove risiede il più alto numero di cittadini italiani al mondo; un elemento, ha aggiunto, da tenere in considerazione anche in vista dello sviluppo di una specifica iniziativa a medio e lungo termine di rafforzamento del PD in Sudamerica.

ON. FABIO PORTA
CAMERA DEI DEPUTATI

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