Intervista al Console Antonio Puggioni: “Bisogna equilibrare sforzo con soddisfazioni”
Qual è il bilancio sul suo lavoro nel Consolato Generale di Buenos Aires e quali sono le sfide più grosse che ha dovuto affrontare?
È troppo presto perché possa fare un bilancio di fine mandato dato che le missioni di un Console all’estero durano quattro anni e sono qui da tre. Me ne manca ancora uno quindi posso fare una valutazione di medio termine, che è sicuramente positiva dal punto di vista dei riscontri della struttura, interni ed esterni. Rispondendo alla seconda parte della domanda, quella relativa alle sfide, sicuramente quella più ardua è stata costituita da come organizzare il Consolato per far fronte all’emergenza inedita e catastrofica, a livello mondiale, della pandemia. L’esperienza ci ha permesso di dimostrare che la struttura consolare è stata in grado di far fronte alla circostanza e di fornire assistenza di qualsiasi tipo, non solo per i voli di rimpatrio, per cui è stata necessaria una forte collaborazione con Roma, ma anche assistenza medica specifica, psicologica, economica per chi era rimasto bloccato.
Come avete fatto fronte alla pandemia?
Con l’ingegno e lo sforzo. Da marzo a luglio 2020, siamo arrivati a circa settantamila chiamate ai connazionali, su tutta la rete argentina, con un pool di persone che variava tra le sei e le dieci persone, che lavoravano alternandosi per limitare i contagi. La sfida è stata quella di adattarsi alla nuova situazione, cioè di convertire un Consolato che era dedito a attività ordinarie, visto che non siamo in una zona di guerra, in una struttura che doveva far fronte ad una situazione inedita, straordinaria, d’urgenza, in un paese in cui normalmente c’è un’assistenza che è essenzialmente sociale ai connazionali. Una volta innestato questo know-how siamo andati avanti. Sul fronte delle innovazioni, abbiamo lanciato anche il Progetto Fenix per la riqualificazione professionale di chi era in situazione di temporanea disoccupazione: si tratta di un programma tratto dalle esperienze pregresse sia del Console Generale sia mia in altri paesi. Uno strumento come Fenix è tipico di un programma di assistenza di cooperazione in altre realtà ma qui ha avuto un buon riscontro.
Sicuramente si è trattato di una sfida enorme, quando è passata come siete tornati alla normalità?
Gli Impiegati del Consolato Generale per molto tempo sono ruotati soprattutto per fornire l’assistenza ai connazionali bloccati a Buenos Aires. Finita l’emergenza sono dovuti ripartire con le attività classiche: passaporti, stato civile, cittadinanza, assistenza classica e non solo.
Abbiamo capitalizzato l’esperienza per migliorare la comunicazione con il pubblico in tutti i servizi che prestiamo. Non possiamo fare miracoli visto che si soffre sempre dell’eccesso di pratiche per ogni impiegato, per cui le risposte sono schematiche e rapide. Non è un segreto che i cittadini sono tanti e noi siamo sempre di meno, si figuri che quando il Console Generale ed io siamo arrivati a Buenos Aires eravamo, noi compresi, 52, mentre durante il mandato siamo rimasti tra 44 e 46. Tuttavia, il rendimento del Consolato Generale è migliorato poiché nel 2018 abbiamo rilasciato 18.000 passaporti e nel 2022 arriveremo a quota 36.000, nonostante quest’anno siamo stati assorbiti per quattro mesi dal lavoro elettorale. Il paragone si fa facilmente perché è tra due anni elettorali.
Finita la fase emergenziale piano piano abbiamo cercato di ricostruire tutte le attività del Consolato, aspirando a potenziarle e digitalizzando il più possibile senza dimenticare di dare un minimo di volto umano a una struttura che stiamo tentando di proiettare verso l’esterno dando delle risposte concrete che si traducono in un aumento degli appuntamenti e in una qualificazione delle attività a beneficio della collettività. Ci impegniamo costantemente a vedere come agire per offrire un migliore servizio: c’è il call-center, tramite WhatsApp; c’è l’assistente virtuale BotIta, il primo esperimento direi della pubblica amministrazione italiana con questo tipo di strumenti.
C’è anche in Italia o solo qui?
In Italia non esiste, è uno strumento molto più americano. Vista la nostra esperienza, hanno intenzione di introdurlo in Italia, per cui siamo in contatto con Roma proprio per studiarne l’applicazione. L’abbiamo introdotto noi per primi qui nel Consolato Generale di Buenos Aires.
Credo che funzioni molto meglio questo ufficio che qualsiasi ufficio dell’amministrazione pubblica in Italia.
Non solo in Italia ma in tutta Europa c’è stata una crisi sui servizi della pubblica amministrazione. Non è stato solo un problema italiano – in Italia l’estate scorsa ci volevano cinque o sei mesi per il rilascio di un passaporto. Qui se una persona ha la situazione in ordine nell’Anagrafe del Servizio Consolare in cinque settimane riesce a ottenere un passaporto.
Credo che la gente sia restia ad aggiornare la sua posizione all’AIRE.
C’è l’idea storica che la pubblica amministrazione non funzioni e che sia arbitraria. Noi ci impegniamo a fare in modo che funzioni e che sia di accesso paritario. Abbiamo attivato un’assistente virtuale e abbiamo messo a disposizione del pubblico un call-center, che dicono esattamente la stessa cosa e di cui bisogna fidarsi. Puntiamo sulla standardizzazione di tutti i procedimenti; se poi c’è bisogno di un aiuto speciale per risolvere esigenze puntuali lo facciamo, però l’idea è di dare a tutti la stessa strumentazione e parità di accesso per quanto possibile.
Mi parli del corso in cui Lei insegna, quello del “Centro Ítalo Argentino de Altos Estudios” (CIAAE)
È un vero e proprio master dell’Università di Buenos Aires, organizzato dal “Centro Ítalo Argentino de Altos Estudios” (CIAAE) diretto dal Senatore Claudio Zin, dalla “Universidad de Buenos Aires”, con gli auspici dell’Ambasciata d’Italia in Argentina e la partecipazione di tutti i Consolati italiani nella Repubblica Argentina. Insegno Diritto e Istituzioni Italiane. Il corso deriva da una prima esperienza del 2019, realizzata con l’Istituto Italo Latino Americano grazie a un finanziamento da Roma. L’iniziativa si è interrotta in parte nel 2020 per la pandemia e un po’ per questioni di finanziamenti. Nel 2021 il Console Generale Marco Petacco e il Sen. Zin hanno avuto l’intuizione di provare a riprenderla e di potenziarla con il contatto con la UBA. È diventato in poco tempo una “diplomatura” cioè un master, un percorso formativo con requisiti molto più elevati rispetto a un semplice corso. È destinato a chi vuole essere coinvolto nelle istituzioni e nelle associazioni italiane in Argentina ed ha meno di 35 anni. Questa è un’altra sfida, l’idea era quella di fornire gli strumenti ai ragazzi, strumenti storici, strumenti di contenuti politici, strumenti di contabilità, di comunicazione sociale, strumenti economici, per poter inserirsi in un’associazione come tesoriere, come segretario, come responsabile delle reti sociali, come presidente, diciamo in varie funzioni per tentare di dare un po’ di dinamismo a tutte le realtà associative locali, che sono tante e che hanno sofferto e che soffrivano del deficit di giovani e di strumenti di aggregazione per i giovani.
Dopo questa esperienza caratterizzata dall’incontro con la collettività in che ambito vorrebbe avere la prossima esperienza?
A me piacerebbe continuare sulle questioni di digitalizzazione per il miglioramento dei servizi consolari e della pubblica amministrazione in generale. Questo è il momento giusto in cui lavorare su questi temi e avendo già fatto sia politico sia economico mi farebbe piacere continuare su queste innovazioni. Anche perché tra gli aspetti rilevanti della diplomazia attuale vi sono l’innovazione e la tecnologia.
Scusi lei sembra molto entusiasta della Sua professione e che creda veramente di poter essere utile al pubblico. Pensa che riuscirà a mantenersi così?
Sono nove anni che sono in carriera. È una attività in cui la parte ludica, di gioco e di divertimento, è molto elevata: nonostante sia una professione impegnativa, ci si inventa e si orienta l’attività in maniera innovativa e utile per il pubblico. L’assistente virtuale, per esempio, si poteva non fare.
L’ha fatto Lei?
Diciamo che ho coordinato l’esercizio con l’appoggio insostituibile di una ragazza che si è impegnata lavorando sull’elaborazione primaria del contenuto: io rivedevo tutto e alla fine si rifacevano tutte le prove insieme. Nel nostro lavoro è importante trovare un equilibrio tra quello che si può offrire all’esterno e le soddisfazioni personali che se ne ricavano.
Mi rendo conto che il vostro lavoro vi dà una possibilità di crescita professionale ma vi offre anche la libertà della strada da scegliere per raggiungere un obiettivo, è così?
Chiaramente abbiamo delle istruzioni da Roma ma abbiamo un margine di interpretazione del ruolo, che deriva dalla propria personalità e che è foriero di proposte per un miglioramento. Una libertà che nei servizi diplomatici di altri paesi invece è più ridotta, anche per via del più alto grado di gerarchia derivante dal numero di impiegati – noi siamo meno dei colleghi francesi o tedeschi…si può dire che la creatività italiana si sviluppa anche in diplomazia.
Edda Cinarelli