Rivendicando il merito di Cristoforo Colombo – di Alberto Fioretti
“Cristoforo Colombo rimane, ancora dopo secoli, un personaggio molto enigmatico. Le sue origini, personalità e traiettoria sono seminati da opinioni divise, teorie contrastanti, calunnie, leggende e molte speculazioni. Paesi come l’Italia, la Spagna e il Portogallo, si sono contesi la sua cittadinanza. All’interno dell’Italia stessa, si discute ancora se il Navigatore fosse genovese, bensì provenisse da una località del Piemonte o se fosse nato addirittura in Sardegna.
La sua data di nascita è incerta, si dice che fosse tra i mesi di agosto e ottobre, fra il 1447 e il 1451. Anche le sue origini familiari sono tema di polemiche. Secondo alcune ricerche al quanto solide, il Navigatore non era affatto figlio di un umile artigiano tessile. C’è l’ipotesi che egli fosse in realtà un membro della nobile famiglia aristocratica “Colombo” di Cuccaro, del marchesato del monferrato in Piemonte”. A parlarne in questo giorno dove si celebra il giorno della cosiddetta “scoperta dell’America”, è Alberto Fioretti, su quest’articolo pubblicato su “Il Corriere di Panama”, quotidiano italiano online edito nel paese centroamericano.
“Riscoprendo Colombo.
Tutti concordano sul fatto che suo padre si chiamava Domenico Colombo. Molti testi sostengono che si trattava di un artigiano tessile genovese che sposò Susanna di Fontanarossa e che “Cristophoro” era uno dei suoi quattro figli.
Tuttavia, d’altra parte si sostiene che suo padre, era di nobile origine: Signore di Cuccaro, e sua madre, non era Susanna, ma, una certa Marietta, nobile signora dei marchesi di Ceva, Signori di Lesegno.
I sostenitori della nobile origine del famoso navigatore, sottolineano che il padre di Marietta, presunto nonno, si chiamava anche lui con l’insolito nome di Cristoforo. Si dice anche che l’ammiraglio mantenesse stretti legami di parentela con famiglie araldiche piemontesi come i Monferrato e i Savoia; con potenti famiglie genovesi come gli Spinola, i Fieschi e i Fregoso. Questo può spiegare come egli è stato in grado di accedere ed essere ben accolto delle Corti del Portogallo e della Castiglia. Ció chiarirebbe anche come è stato in grado di sposare in Portogallo l’aristocratica Felipa Muñiz Pierestelo, con la quale ha avuto un solo figlio, Diego, anche se sembra non fosse l’unico.
Gli storici Boccianti e Biagioli contribuiscono a complicare la faccenda, affermando con certezza che Cristoforo non era il figlio biologico di Domenico e Susanna, ma il risultato di un rapporto subdolo suscitato a Napoli tra i nobili Gianbattista Cibo e Anna Colonna. Suo padre diventó poi cardinale di Genova e in seguito salì al trono di San Pietro sotto il nome di Papa Innocenzo VIII. Sbalorditi vero? Proprio come si legge: Cristoforo Colombo potrebbe essere il figlio illegittimo di un Papa, dato in adozione a Domenico e Susanna a Genova.
Lo studioso Ruggero Marino, che afferma di essere l’autore della teoria auspicata da Boccianti e Biaggioli, aggiunge che nel Vaticano riposano prove sufficienti in quanto il viaggio di Colombo è stato in realtà un’iniziativa della Chiesa, proprio di Papa Innocenzo VIII. L’ammiraglio sarebbe stato un inviato del Papato, a cambio del quale i monarchi cattolici dovevano finanziare una nuova crociata in Terra Santa per liberare Gerusalemme e il Santo Sepolcro. Questa teoria sarà rispondevole? Chi lo sa, ma spesso le immagini contano più della cronaca e in questo caso attira l’attenzione, il fatto che in diverse illustrazioni, legate all’arrivo di Colon in America, una croce è chiaramente mostrata: una croce templare, simbolo delle crociate.
Un uomo nobile e colto.
Approfondendo sulla personalità dell’ammiraglio, Ruggero Marino ci illustra un carattere di statura morale e intellettuale decisamente superiore alla media dell’epoca e di ciò che ci è stato raccontato per più di cinquecento anni attraverso una falsa tradizione basata sulla calunnia. Cristoforo Colombo era uno scienziato, un rinomato navigatore, che senza dubbio aveva nozioni di alchimia e persino di cabala, come era consuetudine all’epoca.
La scrittura del Navigatore impressiona con la sua vivacità e il suo ritmo sorprendente. L’analisi grafologica rivela una mente acuta, dotata di intuizione e creatività, di un’intelligenza raffinata, incline alla curiosità e allo spirito di osservazione. Il pensiero, originale, è sempre aperto alla novità. Colombo scriveva con perfetta calligrafia. Le sue lettere rivelarono sempre grandi contenuti concettuali e un pensiero profondo. La sua cultura si estendeva ai testi cristiani, islamici ed ebraici. Un umile marinaio potrebbe avere avuto tale bagaglio culturale in un mondo come allora, dove dominava l’analfabetismo?
L’Almirante e l’Università.
Questa domanda ci porta a rivelare il rapporto di Cristoforo Colombo con l’Università della città di Pavia, dato che c’è una fondata ipotesi che l’ammiraglio abbia imparato le prime nozioni nautiche proprio lì.
Va notato che molti studiosi genovesi non hanno mai accettato il fatto che Colombo possa aver studiato a Pavia.
Tuttavia a sostegno della relazione fra il navigante e l’Università c’è Fernando Colombo, nel suo libro “Historie” pubblicato nel 1521. Oltre a lui Bartolomé de Las Casas, amico personale dell’ammiraglio. Per rafforzare queste affermazioni, dobbiamo notare che, nel 1800 è stata istituita una commissione presieduta dall’allora rettore dell’Università di Genova, che ha concluso senza dubbio che Cristoforo Colombo aveva studiato a Pavia. Tuttavia, nel secolo successivo questa dichiarazione è stata rimessa in discussione.
La circostanza di Pavia ci riporta alle origini familiari di Colombo, sostenendo la teoria che Domenico, suo padre, non poteva essere un umile artigiano tessile. Come avrebbe potuto darsi il lusso di mandare suo figlio a studiare allo “Studium Ticinense”, come allora si chiamava l’Università di Pavia?
Non si deve perciò escludere che la famiglia dell’ammiraglio sia effettivamente venuta da Cuccaro, in Piemonte, dove era nobile e feudale sotto il marchesato del Monferrato e da dove era stata cacciata dall’invasione dei Visconti di Milano. Domenico, il padre di Colombo, sarebbe stato quindi un nobile decadente che, tuttavia in fuga verso Genova, rimase legato a potenti famiglie in quella città.
Un italiano con un progetto.
Il fatto è che il contesto storico, con l’occupazione di Costantinopoli da parte dei turchi, ci presenta un declino del commercio con l’Asia, a causa della difficoltà di transitare la tradizionale via di terra stabilita da un altro grande personaggio come Marco Polo. Questo costringe l’Europa a cercare alternative alle rotte commerciali. Si sollevarono varie teorie. Nel XV secolo, il portoghese Enrico il Navigatore propose una rotta di mare lungo le coste africane, per raggiungere l’Asia.
Un’altra tesi fu quella del saggio fiorentino Paolo Pozo Toscanelli, che sosteneva che salpando dalla Gomera, una delle Isole Canarie, 3.540 miglia nautiche, sempre in direzione ovest attraverso l’Atlantico, si sarebbe raggiunto Cipango (nome con cui il Giappone era conosciuto).
Così il futuro “scopritore” comincia a coltivare l’idea di trovare, attraverso la navigazione, un percorso che porti l’Europa a contatto con l’Oriente. Concepisce un progetto basato sulla tesi di Toscanelli. Nel 1484 e più tardi nel 1488, l’ammiraglio chiese al re del Portogallo, Giovanni II, finanziamenti per effettuare la spedizione, ma in entrambe le occasioni ottenne una risposta negativa perché il Sovrano considerava corretta la tesi di Enrico il Navigatore.
In considerazione di questa situazione Colombo cerca un’altra forma di finanziamento e attraverso il duca di Medinacelli, si recò per la prima volta ai Monarchi Cattolici, ad Alcalà de Henares, nel gennaio 1486, ricevendo anche qui il rifiuto al progetto.
Nel 1491 Cristoforo Colombo, dopo il secondo rifiuto del re di Portogallo, ha avuto una nuova opportunità, grazie al suo fedele amico, Frate Juan Pérez, uno dei confessori titolari della regina Isabella di Castiglia, per presentare e difendere il progetto davanti a Sua Maestà. In quell’occasione ebbe il sostegno di Luis de Santangel, di origine ebraica, che offrì 140.000 Maravedies che coprirono gran parte del viaggio. Così sorgono le Capitolazioni di Santa Fe o Trattato Colombino tra la Corona spagnola e il famoso Ammiraglio.
Quattro viaggi per svelare l’America.
Così Colombo ottenne finanziamenti per svolgere quelli che poi saranno quattro viaggi dai porti spagnoli di Cadice e Palos de Moguer, al nuovo continente che fu battezzato l’America. Colombo salpò da Puerto Palos per la prima volta il 3 agosto 1492, con tre navi: Santa Maria, Niña e Pinta. Arrivò a San Salvador, oggi Bahamas, dove il leggendario grido “Terra, terra, terra…” fu prodotto il 12 ottobre 1492, pronunciato, tra sorpresa e incredulità, da Rodrigo de Triana, soldato e disertore, più che marinaio, dalla caravella Pinta.
Il secondo viaggio in partenza da Cadice iniziò il 25 settembre 1493. Poi un terzo viaggio il 30 maggio 1498.
Cristoforo Colombo ormai era convinto di non essere arrivato in Asia e non giaceva di fronte al proposito di trovare un passaggio fra le nuove terre per continuare la rotta verso l’Oriente. Ciò lo indusse a trascurare e delegare il governo locale mentre programmava ed eseguiva y susseguenti viaggi.
Il tallone d’Achille di Colombo.
A questo punto della storia è quando il record ineccepibile dell’Ammiraglio viene macchiato da una gestione chiaramente negligente nelle competenze terrenali, affidate in gran parte ai suoi fratelli Bartolomeo e Diego a la Hispaniola (oggi Santo Domingo), che era diventata la sede del potere locale.
Il confronto tra tribù e coloni non fu adeguatamente gestito dall’Ammiraglio che non aveva come sovrano pari doni a quelli di navigatore. Sorsero atti di vendetta, tortura e oppressione, che Cristoforo Colombo non fermò o punì correttamente o in modo tempestivo.
La situazione sembrava fuori controllo e la Corona decise di intervenire. Il marinaio colto e incomparabile, sognatore di spedizioni impensabili e impossibili, fu poi arrestato da Francisco Bobadilla, investito con i poteri dalla Corona. Contro alcune versioni, l’Ammiraglio non solo non resistette, ma invitò i suoi fratelli ad arrendersi. La sua fedeltà ai Re era indiscutibile. Cristoforo Colombo era allora un uomo stanco, che aveva visto la vanità e gli onori svanire, in uno scenario più che ingiusto. In un viaggio drammatico, uno degli uomini indicato dalla storia, per occupare un posto unico e irraggiungibile per i comuni mortali, fu riportato in Spagna per inginocchiarsi di fronte a Sua Maestà.
Forse il più palese torto dell’Ammiraglio, causa di un grosso malinteso con la Regina, fu quello di iniziare a imbarcare e inviare verso la Spagna, a scopo di lucro, schiavi cannibali.
Le sue divergenze con la Corona furono presto acqua passata, attenuate dalle giustificazioni dell’Ammiraglio e dagli atti di contrizione. La Regina non considerò di più in là che tagliare alcuni dei suoi poteri. Riabilitato agli occhi della Corona, Cristoforo Colombo, intraprese il suo quarto e ultimo viaggio, salpando sempre da Cadice, il 3 aprile 1502.
Il tramonto dell’ammiraglio.
Colombo rientra definitivamente in Spagna nel novembre del 1504, dopo dodici anni di viaggi tra la Spagna e il Nuovo Continente. Era in condizioni fisiche deplorevoli, privato di tutta la sua arguzia, abilità politica, diplomazia e sorriso caratteristico. Pochi giorni dopo, la sua protettrice, la regina Isabella, morì.
Colombo visse per alcuni mesi a Siviglia, poi si trasferì a Valladolid, dove morì il 20 maggio 1506, dopo aver ricevuto i sacramenti. Le sue ultime parole furono: “Nelle tue mani, Signore, affido il mio spirito”.
Re Ferdinando spostò i suoi resti al monastero di Cartujos a Siviglia nel 1509 e fu inciso sulla sua tomba, il seguente epitaffio:
“Da Castiglia e da Leon, il Nuevo Mundo ha scoperto Colombo.”
Colombo muore ancora una volta in questa vita, gettato tra le braccia della calunnia e condannato dai suoi errori, piuttosto che elevato allo status di mito a causa della sua incredibile impresa.
Il destino non ha permesso nemmeno che il nome del nuovo continente fosse ispirato al suo. Solo la Colombia è stato il paese a volerlo ricordare.
Incertezza sui suoi resti.
L’ignoto ha perseguito l’illustre Navigatore oltre la sua morte. La discussione degli esperti si concentra anche sul tentativo di chiarire dove Colombo è effettivamente sepolto.
E la verità è che il dubbio sembra ragionevole, considerando che i suoi resti mortali hanno viaggiato quasi quanto il Lui in vita.
Si dice che nel 1523 i resti di Cristoforo Colombo furono trasferiti insieme a quelli di suo figlio Diego, sull’isola di Hispaniola. Lì, nella Cattedrale di Santo Domingo, il suo corpo ha riposato fino a quando nel 1795 la Spagna cedette alla Francia l’intera isola a seguito del Trattato di Basilea. I loro corpi furono nuovamente riesumati e trasferiti nella Cattedrale dell’Avana, fino a quando Cuba ottenne l’indipendenza dalla Spagna nel 1898 e i resti di Colombo tornarono a Siviglia per essere sepolti nella sua cattedrale.
Tuttavia, sia la Spagna che la Repubblica Dominicana continuano a garantire fino ad oggi che i resti mortali di Colombo rimangano nel suo territorio. La Spagna basa la sua affermazione sui test del DNA condotti sulle ossa. Repubblica Dominicana dalla sua parte sostiene che i resti dell’Ammiraglio non hanno mai lasciato l’isola, dato che il 10 settembre 1877, mentre alcuni lavori erano in corso nella Chiesa metropolitana della capitale caraibica, alcuni muratori hanno trovato una scatola di metallo che portava la scritta “Cristoforo Colombo” e conteneva resti di ossa.
La verità è che di fronte a questa constatazione, alla presenza di monsignor Rocco Cocchia, delegato apostolico alle Repubbliche di Santo Domingo, Haiti e Venezuela, sono state confezionate tre ampolle di vetro contenenti, ognuna, una piccola quantità di ceneri, presumibilmente di Cristoforo Colombo. Queste vesciche erano destinate rispettivamente al Pontefice, alla città di Genova e all’Università di Pavia. Le ampolle lasciarono Santo Domingo solo tre anni dopo, il 25 marzo 1880, con un atto firmato dallo stesso monsignor Cocchia, con i sigilli del notaio Joaquin Maria Perez e del console italiano a Santo Domingo, Luigi Cambiasso.
L’eredità di Colombo.
Contro ogni opinione, contaminata dall’ideologia, l’impresa del noto Navigatore genera, con la sua colossale “rivelazione”, l’impulso decisivo per un’espansione economica senza precedenti della civiltà europea. È il punto di partenza per la conquista e la colonizzazione, da parte di varie potenze occidentali, del continente americano, con la terribile inerzia delle guerre e dei conflitti sorti tra di loro, per capitalizzare i benefici di quel nuovo mercato.
Tuttavia, Cristoforo Colombo non può essere giudicato, figuriamoci incolpato, per alcuni tristi capitoli della storia che sono venuti dopo la scoperta.
Dobbiamo imparare a contestualizzare i fatti del passato. Il pensiero moderno è molto diverso da quello di cinquecento anni fa. Le azioni passate devono essere osservate e valutate nella loro complessità e non giudicate in retrospettiva.
Al momento della scoperta del nuovo continente e nei secoli a venire, l’occupazione, il dominio e l’evangelizzazione erano pratiche comuni e ammesse in tutto il mondo. Tuttavia Colombo venne in America sotto l’egida dei Monarchi Cattolici che coltivarono un progetto che era originariamente molto diverso da quello della fredda dominazione.
Con tutti i suoi limiti, peccati e deviazioni, Cristoforo Colombo è stato l’architetto di un progetto culturale grandioso e rischioso che ha favorito, tra le altre cose, l’evangelizzazione delle popolazioni indigene, molte delle quali immerse nel paganesimo e nella pratica di riti crudeli, selvaggi e barbarici.
L’attacco alla memoria storica.
Tanto meno favoriscono il panorama i recenti deplorevoli atti di vandalismo e irrazionalità, che sono stati diretti contro l’immagine dell’illustre Navigatore, mascherati sotto la bandiera “dell’antirazzismo”.
Imbarazzante, ad esempio, quello che si è verificato di recente nella capitale dello Stato dell’Ohio, dove la statua dedicata a Cristoforo Colombo è stata rimossa. Il sindaco democratico Andrew Ginther aveva dichiarato che la statua “rappresentava il patriarcato, l’oppressione e la divisione”. È abbastanza strano se consideriamo che la città si chiama Columbus in onore del noto Ammiraglio.
Rimuovere il passato, demolire le statue dei suoi protagonisti, cancellare i loro nomi dalle strade, impedire che si parli nelle scuole e nelle università, sono pretese ideologiche. Storicamente sono sorti molti movimenti violenti, come quello dei “Black Lives Matter”, che ora ha nel mirino l’ammiraglio italiano. Sono sempre nati in nome della giustizia e poi portano alla rivoluzione, con l’unico obiettivo di scalare al potere. Dove si è visto che coloro che agiscono in nome della giustizia mettono intere città a ferro e fuoco, distruggono simboli e rimuovono statue?
Le accuse dei cosiddetti “movimenti per i diritti civili” contro lo scopritore d’America hanno portato alcuni Stati americani a pensare all’abolizione del Columbus Day, una festa ormai tradizionale a cui partecipa la comunità italo-americana, pretendendo trasformare quel giorno in “Indigenous Day”.
É opportuno ricordare il precedente in Venezuela. Nel 2002, l’allora presidente Hugo Chavez firmò un decreto con il quale il tradizionale “Giorno della Razza” fu ribattezzato “Giorno della Resistenza Indigena”. Due anni dopo, il 12 ottobre 2004, diversi gruppi violenti legati alla sua rivoluzione abbattevano la statua di Colombo, che si trovava nella centrale Piazza Venezuela della capitale.
Cristoforo Colombo “non si tocca”.
In difesa di uno dei simboli italiani nel mondo, scende in piazza il presidente degli USA Donald Trump affermando come l’impresa coraggiosa di Colombo abbia ispirato tanti altri a perseguire i propri sogni e convinzioni anche di fronte a grandi incertezze e ostacoli. Ha inoltre sottolineato gli stretti legami tra gli Stati Uniti e il paese di origine del Navigatore, l’Italia, sottolineando che Cristoforo Colombo “rappresenta la ricca storia dell’importante contributo italo-americano alla crescita e allo sviluppo della nostra nazione”.
Nel frattempo, un gran numero di cittadini di New York, si é rivolta al sindaco Bill Di Blasio, avvertendolo di non cedere alle richieste di rimuovere la statua dell’Ammiraglio che è stata eretta dal 1892 a Columbus Circle”. (aise)
Fonte https://www.aise.it/rassegna-stampa/rivendicando-il-merito-di-cristoforo-colombo-di-alberto-fioretti/151347/157